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Quali sono i test di screening prenatale da fare durante la gravidanza?

Quali sono i test di screening prenatale da fare durante la gravidanza?

A cura di: Ufficio Stampa Sorgente Genetica

Per garantire il proprio benessere e quello del nascituro, è essenziale che durante la gravidanza la gestante si sottoponga a controlli e faccia un test del dna fetale.

Vi sono vari tipi di test prenatale atti a calcolare le possibilità di anomalie nel bambino. Dalla 10ª alla 14ª settimana di gestazione è possibile sottoporsi al Bi Test e alla translucenza nucale, esami spesso svolti contemporaneamente. Si preleva un campione di sangue per controllare che i valori della Free Beta-HCG e della PAPP-A (due proteine) siano nella norma; poi si esegue un’ecografia (translucenza nucale), per effettuare delle misurazioni sul feto. In caso queste misurazioni diano risultati alterati saranno fatti altri controlli diagnostici invasivi. Affidabile all’85%, il Bi Test fornisce non una diagnosi, bensì le probabilità di eventuali anomalie nel feto (es. Sindrome di Down).

Dalla 10ª settimana ci si può sottoporre al test del DNA fetale. Si preleva dalla futura mamma un campione di sangue per analizzare i frammenti del DNA del feto che vi sono presenti. Questo test prenatale non invasivo ha una percentuale di affidabilità del 99% per la rilevazione delle Trisomie 21, 18 e 13 (le principali anomalie dei cromosomi).

Tra la 15ª e la 18ª settimana si può scegliere il Tri Test. Si esegue sulla gestante prima un prelievo ematico e per controllare i valori dell’AFP (alfafetoproteina), dell’estriolo non coniugato e della gonadotropina corionica. Poi si esegue un’ecografia per controllare più nel dettaglio questi valori. Il Tri Test rileva anomalie quali la Sindrome di Down e la spina bifida. Il Quadri Test (variante del Tri test), controlla anche l’ormone inibina A nel campione ematico. Questi due test, non diagnostici ma probabilistici, sono affidabili al 70% circa.

Sottoporsi a esami di screening prenatale è raccomandato a tutte le gestanti, in particolare a quelle con fattori di rischio quali: età superiore ai 35 anni, casi in famiglia di anomalie genetiche. Se i test prenatali rilevano anomalie, le gestanti devono sottoporsi a test invasivi per confermarne o no il risultato.

Le gestanti possono rivolgersi al proprio ginecologo per avere indicazioni sul test di screening prenatale più adatto cui sottoporsi.

Per maggiori informazioni: www.testprenataleaurora.it

 

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Salute in gravidanza: farmaci e prevenzione per la mamma e il bambino

Salute in gravidanza: farmaci e prevenzione per la mamma e il bambino

Sottoporsi sempre agli esami di controllo, eseguire i test prenatali e occuparsi della conservazione cellule staminali: una donna in attesa di un figlio è sempre attenta alla propria salute e a quella del piccolo che sta per nascere, per garantire al massimo la prevenzione.

Con il presentarsi di alcuni piccoli disturbi legati alla gravidanza, sono tante le donne che hanno dubbi in merito all’assunzione dei farmaci, temendo che questi si rivelino dannosi per la salute del bambino.Dobbiamo sfatare questo falso mito. Per farlo e per promuovere una tutela migliore della salute delle donne in gestazione, l’Agenzia Italiana del Farmaco ha realizzato un portale web interamente dedicato alla corretta informazione sui farmaci.

Iniziamo col distinguere farmaci e farmaci; non tutti infatti possono dirsi dannosi per il bambino. Prescritti dal proprio medico determinati farmaci possono dunque essere utilizzati senza alcun problema. Adì esempio ci sono donne che soffrono di malattie croniche che per tutta la vita (anche prima della gravidanza) sono sotto terapia farmacologica. Per loro sarà il medico specialista a dover valutare come proseguire. Non è consigliato infatti sospendere improvvisamente la terapia, ma modularla in considerazione della gravidanza in corso: il medico potrà ad esempio modificare i dosaggi o sostituire il farmaco abitualmente preso con altri alternativi.

Generalmente le future mamme tendono a ridurre l’uso di farmaci durante i loro nove mesi, per la paura di complicazioni. Dopo la nascita è consentito mantenere la stessa cautela non più solo verso se stesse ma anche verso il neonato.

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Come ricordato dall’Aifa in alcune recenti campagne di comunicazione1, è convinzione diffusa nei neo genitori che ai bambini si possano somministrare gli stessi farmaci degli adulti intervenendo solo sul dosaggio (inferiore rispetto a quello degli adulti).

Dobbiamo invece eliminare questo falso mito.

L’utilizzo di farmaci nei bambini è possibile solo dopo aver ottenuto precise indicazione dal medico, che saprà individuare il corretto trattamento terapeutico.

Ci sono poi alcuni disturbi che non possono essere trattati con i farmaci, per i quali è possibile ricorrere ad altri trattamenti. E’ il caso del trapianto di cellule staminali del cordone ombelicale, pratica dichiarata valida dal Ministero della Salute per combattere oltre 80 malattie (decreto ministeriale 18 Novembre 2009)2.

Ogni tipo di terapia per la prevenzione e la cura della salute deve essere prescritta dal proprio medico o da uno specialista, figure indicate per individuare il trattamento migliore per il proprio disturbo: terapie farmacologiche o quelle di altro tipo (proprio come l’utilizzo delle cellule staminali).

Ulteriori informazioni su www.sorgente.com 

1 Campagna di comunicazione AIFA “Farmaci e pediatria” (anno 2014)
2 Decreto ministeriale 18 novembre 2009 “Disposizioni in materia di conservazione di cellule staminali da sangue del cordone ombelicale per uso autologo-dedicato

 

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A cura di: Ufficio Stampa Sorgente

 

La psicologia perinatale

La psicologia perinatale

La definizione perinatale abbraccia tutto ciò che ruota attorno al concepimento, alla gravidanza, al parto, all’allattamento ed alla puericultura dei primi mesi di vita del bambino.

La psicologia perinatale ha come obiettivo la promozione e la tutela della salute fisica e psichica di mamme e bambini, durante i delicati periodi di gravidanza, parto, puerperio, ma anche la promozione del benessere della coppia e della famiglia.

L’obiettivo dello psicologo perinatale è promuovere e potenziare le risorse individuali della donna e della coppia, attuando prevenzione ed informazione, accompagnando verso scelte consapevoli ed autonome a favore dell’acquisizione del ruolo genitoriale, sempre nell’ottica di favorire il benessere caso specifico di ogni particolare situazione.

Le ricerche sul benessere percepito dalle donne in gravidanza e nel posto parto evidenziano quanto il benessere fisico e psicologico siano correlati indissolubilmente.

La donna che può usufruire di uno spazio di consulenza in cui confrontarsi con altre mamme e con esperti di psicologia perinatale ha a disposizione la più potente delle risorse per affrontare al meglio, con consapevolezza, con supporto, il cammino dell’attesa e del post parto.

In gravidanza e nel post parto le problematiche fisiche ed emotive sono intrecciate come non mai. Le emozioni collegate al concepimento, alla gravidanza ed all’attesa del giorno del parto sono amplificate rispetto ad altri momenti della vita, è normale vivere emozioni contrastanti, come è normale vivere in modo amplificato queste sensazioni.

Obiettivo della consulenza perinatale è far emergere e dare voce alle emozioni più controverse: le paure, il senso d’inadeguatezza, la fatica fisica e psichica, le aspettative, la solitudine, la rabbia… al di là degli stereotipi e dei condizionamenti culturali.

Per una donna in attesa prima e una neo mamma poi trovare uno spazio di condivisione con altre donne, confronto, accoglienza, in un clima di sospensione dei giudizi, significa trovare un contenitore per tutte le angosce non dette e non riconosciute, tutto quello di cui ci si potrebbe vergognare, che quasi si fa fatica a pensare, e che pare impossibile da dire ed esternare ad alta voce.

Questo processo non può essere indolore, ma abbiamo una risorsa fondamentale: le altre donne che vivono assieme a noi questo meraviglioso viaggio chiamato gravidanza e gli esperti pronti ad ascoltare ed accogliere ogni dubbio.

Maria Giovanna Massensini

Mariagiovanna.massensini@ordinepsicologiveneto.it

338 8607755

collabora con Centro La Ninfea 

Consigli per una gravidanza in salute

Consigli per una gravidanza in salute.

La salute della donna in gravidanza è fondamentale per la buona salute del nascituro. Molti sono i dubbi e le domande che assalgono ogni donna che sta affrontando o che si appresta ad affrontare questo bellissimo ma al contempo impegnativo periodo della propria vita.

Per venire incontro alle future mamme, la Fondazione Università Niccolò Cusano per la ricerca medico-scientifica lancia “I consigli per una gravidanza in salute”, l’infografica che pone l’accento sull’importanza di affrontare i nove mesi in maniera corretta per la salute di mamma e bambino.

Il consiglio da seguire quotidianamente è quello di adottare un’alimentazione sana, varia ed equilibrata e fare attenzione a determinati cibi (tutti elencati in infografica) che potrebbero causare problemi alla salute del feto. Importante è bere almeno 2 litri di acqua al giorno e assumere la giusta quantità di acido folico.

Per evitare problematiche come il diabete gestazionale o la macrosomia, in gravidanza bisogna prendere il giusto peso: per una donna normo peso, infatti, è consigliabile prendere dai 9 ai 16 chili durante tutta la gravidanza.

Ovviamente lo stile di vita deve essere salutare: evitare alcol, fumo e stress e fare la giusta quantità di attività fisica, come yoga, nuoto e passeggiate all’aria aperta.

Insieme al papà bisogna per tempo decidere quali test di diagnosi prenatale effettuare.

Nell’infografica si trovano tutti gli esami consigliati.

Purtroppo ad oggi non tutte le patologie sono diagnosticabili prima della nascita del bambino, come ad esempio la sindrome del QT Lungo, possibile causa della SIDS, ovvero la sindrome della morte improvvisa del bambino, ma la fondazione Fondazione Università Niccolò Cusano ne sta finanziando la ricerca insieme all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma affinché in un prossimo futuro lo screening prenatale di questa sindrome sia possibile e permetta di salvare vite umane.

Per tutti i consigli utili per una gravidanza in salute vi invitiamo a consultare l’infografica studiata e predisposta da Fondazione Università Niccolò Cusano.

Mamme: come tornare sui “libri di scuola”

Mamme: come tornare sui “libri di scuola”

Studiare e conseguire una laurea è un passo fondamentale per entrare nel mondo del lavoro, e per poter ottenere la propria indipendenza economica: è un percorso che impone sacrifici, tanto studio e la capacità di imporsi degli obiettivi e di raggiungerli per tempo. Non sempre, però, le difficoltà relative al conseguimento della laurea si limitano a queste. Può infatti capitare che una studentessa rimanga incinta durante il percorso di studi, e si trovi dunque ad affrontare una scelta: mettere in pausa l’università per dedicarsi al 100% alla gravidanza e successivamente al bambino, oppure sfiancarsi per gestire entrambe le cose? Lo stesso problema riguarda le mamme, costrette a scontrarsi contro istituzioni davvero poco attente alle loro necessità, a parte rari casi.

L’importanza dell’università telematica

In questo senso, le università telematiche rappresentano una grandissima ancora di salvezza per le ragazze che aspettano un bimbo o per le donne che già lo hanno, ma che non vogliono rinunciare ad un aspetto così importante come la laurea. Si tratta di una rivoluzione sbarcata in Italia da poco tempo, ma che all’estero rappresenta già un’istituzione: la possibilità di studiare su Internet, attraverso le piattaforme web messe a disposizione da università telematiche online come la Unicusano, per consentire alle donne in gravidanza o alle mamme di conseguire senza ulteriori patemi la laurea triennale o magistrale. Una doverosa precisazione riguarda i numeri: le ragazze madri under 25 non sono particolarmente numerose in Italia, e si limitano ad una percentuale dell’8,7%. Una percentuale distribuita soprattutto al Sud e nelle isole. Questo, però, vuol dire davvero poco: tante ricerche di questo genere non tengono in considerazione le mamme più grandi, che desiderano tornare a studiare e che si trovano a dover combattere contro un sistema che non le agevola per nulla.

Mamme: come tornare a studiare all’università

Gli impegni derivanti dall’avere un bambino non possono essere messi in secondo piano, anche se si tratta di sacrificare il percorso di studi: una verità assoluta, almeno fino ad un paio di anni fa. Oggi, infatti, sono presenti numerose università online in grado di garantire una formazione di livello, cucita su misura delle mamme che intendono riprendere quel percorso di studi abbandonato a causa della gravidanza. Da questo punto di vista, l’Italia sta colmando il gap con gli altri paesi europei, da sempre all’avanguardia nel settore delle lauree online. Uno dei problemi principali è sempre stata l’accesa diffidenza degli italiani verso un sistema di studi sconosciuto e non pubblicizzato a dovere: una scelta animata da dubbi riguardanti il valore legale del titolo, la qualità dell’insegnamento e del servizio, ed il numero dei percorsi disponibili. Indecisioni spazzate via dai pionieri dello studio online, ovvero quegli studenti che per primi hanno deciso di provare l’avventura, fino a rimanerne del tutto soddisfatti.

Una mamma, oggi, può andare sul sicuro: le università telematiche funzionano, presentano dei costi meno proibitivi, mettono a disposizione tantissimi percorsi di studi e, soprattutto, non entrano in competizione con le necessità del bambino ed il tempo che ogni mamma deve dedicargli. La possibilità di conseguire una laurea che abbia lo stesso valore di quelle tradizionali, e che sia progettata per andare incontro alle esigenze delle mamme, è una realtà. Niente più presenze fisiche obbligatorie, stress o altri effetti collaterali che male si combinano con il lavoro più bello e faticoso del mondo: essere una mamma.

La gravidanza secondo natura

La Gravidanza secondo natura

La gravidanza è uno dei periodi più significativi nella Vita di una Donna e in quel miscuglio fatto di cambiamento, gioia ed apprensione sono molte le donne che trovano in questo  un occasione per dedicare più tempo a se stesse e riscoprire il proprio corpo. C’è chi sceglie lo yoga, chi i corsi pre-parto, chi tecniche di respirazione e rilassamento, chi si avvicina alle tecniche corporee e trattamenti, ecc

Nell’ambito delle tecniche corporee alcuni dei trattamenti più efficaci sono: shiatsu, riflessologia plantare, craniosacrale,  massaggio ayurvedico, ovviamente ri-adattati in termini di zone -pressioni e manualità a questa particolare situazione

Questi trattamenti, svolti con  operatori professionisti e all’interno di una gravidanza fisiologica,  possono essere un ottimo strumento di Percorso per la donna “in attesa” e di conseguenza per il nascituro; infatti attraverso l’ascolto ed il tocco si sviluppa consapevolezza ed un  maggior contatto con se stesse e con il bambino.

I benefici di un trattamento ben fatto possono essere molteplici: rilassamento psico-fisico, allentamento di tensioni muscolari,  sostegno nel cambiamento del corpo, stimolazione fisiologica di risorse interne, sollievo da eventuali disturbi come mal di schiena, stitichezza, gonfiori, sbalzi di umore, ecc.

I trattamenti generalmente cominciano dopo il primo trimestre e all’interno di una gravidanza fisiologica,  possono proseguire  anche dopo il parto per favorire  il recupero psico-fisico e l’allattamento.

 

Roberta Frassine 

Naturopata

collabora con Albero Rosa

Ma come ti vesti?

Stai per diventare una neo-mamma? Come risparmiare sull’abbigliamento!

La gravidanza è un momento bellissimo e davvero speciale per ogni donna. La felicità è di casa nella pancia e il corpo si prepara a diventare una tana spaziosa e accogliente. Cambia quindi l’abbigliamento, che si deve adattare alle nuove forme e alle nuove taglie. Ma spesso non basta aumentare la grandezza degli abiti che si portano. Spesso servono indumenti appositi, che non rendano ancora più faticosi i movimenti, o che non interferiscano in nessun modo con la gravidanza. Si tratta però di indumenti che verranno indossati davvero poche volte nella vita di una donna e sui quali, quindi, non si vogliono spendere troppi soldi, anche in previsione delle tante spese che si prospettano dopo la nascita. Ma non cʼè da temere: ci sono molte valide soluzioni per aiutare le future mamme a risparmiare sullʼabbigliamento.

Prima tra tutti, sulla grande rete si possono trovare tantissime offerte per lʼabbigliamento per donne in attesa, utilizzando anche i tanti e convenienti codici sconto che si trovano su internet, per abbattere ancora di più i costi, senza dover rinunciare alla qualità, per una gravidanza comoda, conveniente e alla moda.

Mentre fate shopping, ricordatevi di eliminare i cookies dal vostro computer, così da trovare veramente lʼofferta più conveniente, per approfittare così al meglio anche dei saldi. Anche il trucco del carrello è da tenere bene a mente: tenere un acquisto nel carrello per qualche giorno può essere un buon modo per ottenere ulteriori sconti sul capo scelto, così da invogliare ancora di più al suo acquisto.

Ci sono poi anche moltissimi forum e blog dove mamme di tutto il mondo si scambiano pareri, consigli e vestiti. Si tratta infatti di capi dʼabbigliamento che, passato il grande momento, non vengono più utilizzati e si finirebbe per buttarli o per abbandonarli in qualche angolo buio dellʼarmadio. Lʼeconomia del riciclo e del riuso fa quindi proprio al caso vostro. Potrete acquistare abbigliamento usato, ma in ottime condizioni, a prezzi davvero convenienti, dando anche una mano allʼambiente, per una gravidanza consapevole e sostenibile.

Non dimenticatevi, inoltre, che la gravidanza vi permette di avere moltissimo tempo a disposizione per prendervi cura di voi stesse e della vostra pancia. Potete quindi pensare di cucire o modificare qualche abito fai da te. Basta magari aggiungere una fascia elastica a un paio di pantaloni, o allungare un maglione, oppure cucire una bella salopette per ottenere un capo dʼabbigliamento perfetto per le vostre esigenze e che si possa adattare ad ogni momento della gravidanza, spaziando dai primissimi mesi, quando la pancia è quasi invisibile, ai mesi più avanzati, quando il pesante e ingombrante pancione necessiterà di capi appositamente pensati per lui.

Susanna

Test di Maternità

Test di maternità: Che cos’è questo test e come si usa?

Mettere in discussione la paternità di un bambino potrebbe non far alzare troppo le sopracciglia, o almeno non sembra uno scenario troppo sconosciuto. Sentiamo di molti casi di test di paternità per celebrità quotidianamente. Ma perché qualcuno dovrebbe aver bisogno di un test di maternità? Perché una donna avrebbe bisogno di stabilire se lei è la madre biologica di un bambino? Perché qualcuno dovrebbe parlare di presunta madre?

Maternità e Paternità secondo la Legge Romana

Il diritto romano, su cui si basa il sistema giudiziario di molti paesi occidentali, afferma: “Mater sempre certa est” ovvero “la madre è sempre certa”. E così è – i dubbi sulla maternità non sorgono e nessun test puo’ essere usato contro questo principio, o almeno non fino a poco tempo fa. Naturalmente, i romani hanno poi aggiunto “pater sempre incertus est” ovvero che la paternita’ e’ sempre incerta. Tutto questo ha creato un po’ di agitazione sociale. I romani hanno quindi deciso che “pater est, quem nuptiae demonstrant”, che tradotto in una legge che è ancora molto presente oggi: il padre è colui che è nominato ad esserlo attraverso il matrimonio.

Con l’adozione e la fecondazione in vitro i tempi sono cambiati. Infatti, con la fecondazione in vitro, un bambino ha tecnicamente due madri – una madre genetica e una madre naturale.

Con casi di adozione, i bambini possono avere una madre biologica e una madre adottiva.

Un test del DNA può essere utile se dubbi sorgono e un bambino adottato vuole verificare se una determinata donna è la propria madre biologica. Naturalmente, ci sono molte leggi e atti in diversi paesi che rendono difficile se non impossibile per i figli adottivi di avere accesso a un registro relativo ai loro genitori naturali. La misura entro cui l’anonimato dei genitori biologici dovrebbe essere rispettata è oggetto di molte discussioni. Tuttavia, ci sono stati casi di test del DNA di maternità utilizzati per unire i bambini con le loro madri biologiche.

Il test del DNA Immigrazione per maternità 

I test di maternità e di paternità sono spesso utilizzati per l’immigrazione. Questo perche’ le autorità di immigrazione richiedono un test del DNA per dimostrare che la persona che dichiara di essere la madre o il padre di un bambino è proprio il loro genitore di nascita. Il test del DNA ai fini dell’Immigrazione fa da supporto ai documenti di immigrazione, sostenendoli con la prova scientifica delle relazioni e contribuendo a ridurre i casi di frode. In Italia, tutti i casi di immigrazione sono gestiti dall’OIM, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni.

Per esempio, una madre con cittadinanza africana che non è mai stata negli Stati Uniti può decidere di unirsi a sua figlia che è stato naturalizzata e che si e’ sposata con un cittadino degli Stati Uniti per diventare anche lei un cittadino americano. Ma come possono madre e figlia dimostrare il loro rapporto con le autorità? Si potrebbe subito pensare a certificati di nascita come prova del rapporto. Ma ripensandoci: non tutte le persone di tutti i paesi hanno accesso ai loro certificati di nascita. Infatti, in alcuni villaggi remoti, tribù o anche in città non ci sono registri di nascita o di morte. Questo significa che non c’è modo di provare la relazione biologica padre-figlio e madre-figlio. Inoltre, anche in casi in cui ci sono atti di nascita disponibili, questi potrebbero essere così scadenti e antiquati che le autorità potessero confutarne l’autenticità.

E’ cosi’ che il test di maternità entra in gioco. Questo test si pone come prova scientifica utile a dimostrare che una madre è veramente la madre biologica del suo bambino. Se è la madre biologica del bambino, il risultato mostrerà una probabilità di maternità del 99,99%.

Se non è la madre biologica, allora la probabilità di maternità sarà pari allo 0%.

Maggiori info: https://www.ibdna.it/test-dna-maternita

Farmaci in gravidanza: sì o no?

Farmaci in gravidanza: sì o no?

A cura di: Ufficio Stampa Sorgente

Curare la propria salute durante i mesi di gravidanza è indubbiamente un elemento prioritario per ogni donna. Oltre agli abituali esami di controllo per garantire la prevenzione e la salute della mamma e del bambino, può essere utile effettuare anche test prenatali ed interessarsi al tema della donazione cordone ombelicale.

Per molte future mamme all’insorgere di piccoli disturbi durante la gravidanza insorgono anche i dubbi: potrò assumere farmaci o saranno dannosi per la salute del bambino?

Per rispondere a queste domande, promuovendo una migliore tutela della salute delle donne in gravidanza e per sfatare falsi miti, l’Agenzia Italiana del Farmaco ha ideato e realizzato un portale web dedicato alla corretta informazione sull’assunzione di farmaci in gravidanza.

Preliminarmente, è bene considerare che non tutti i farmaci sono dannosi per il bambino, e, se prescritti dal medico che segue la gravidanza, possono essere utilizzati senza dubbi. Ci sono infatti future mamme che soffrono di malattie croniche, sottoposte a terapia farmacologica già prima della gravidanza; in questo caso sospendere improvvisamente la terapia sarebbe un errore.

La situazione va dunque valutata insieme al medico speconservazione_cordone_ombelicale_cellule_staminali_sorgentecialista, considerando i giusti dosaggi durante i nove mesi o l’eventuale sostituzione con un farmaco alternativo.

In generale le future mamme tendono a ridurre l’uso di farmaci in gravidanza per paura di complicazioni. Ma è altrettanto utile mantenere una certa cautela sulla somministrazione di farmaci al neonato dopo la nascita.

Recenti campagne di comunicazione1 firmate Aifa hanno dimostrato come sia diffusa nei neo genitori la convinzione secondo cui ai bambini sia possibile somministrare gli stessi farmaci usati per gli adulti, diminuendone solo il dosaggio. Un comportamento in realtà scorretto, in quanto l’utilizzo dei farmaci nei bambini deve sempre seguire le indicazioni terapeutiche di un medico. Sarà proprio uno specialista ad evidenziare il caso in cui ci si trovi di fronte ad un disturbo, del bambino o dell’adulto, non trattabile con i farmaci; in questo caso consiglierà altri trattamenti. Tra questi ad esempio, va ricordato che il Ministero della Salute ha riconosciuto il trapianto di cellule staminali del cordone ombelicale come un valido trattamento per oltre 80 malattie (decreto ministeriale 18 Novembre 2009)2

 

In conclusione, per la prevenzione e la cura della salute è importante affidarsi sempre al proprio medico o ad uno specialista, una figura in grado di indicare la terapia (farmacologica o di altro tipo, come l’utilizzo delle cellule staminali) più adeguata per il proprio disturbo.

Ulteriori informazioni su www.sorgente.com

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1Campagna di comunicazione AIFA “Farmaci e pediatria” (anno 2014)

2 Decreto ministeriale 18 novembre 2009 “Disposizioni in materia di conservazione di cellule staminali da sangue del cordone ombelicale per uso autologo-dedicato”

 

Nuovi test non invasivi.

Test di paternita’ durante la gravidanza e test per la determinazione del sesso del nascituro

Ci sono una serie di test prenatali disponibili che possono determinare il genere del bambino o stabilire la paternità del nascituro – questa potrebbe non essere una novità per voi. Ma sapete che la scienza offre ora la possibilità di effettuare test prenatali totalmente affidabili e non invasivi?

Che dire degli esami del sangue per la determinazione del sesso del nascituro?

E’ possibile stabilire il sesso del nascituro con un semplice prelievo di sangue. Questo test del DNA e’ molto preciso fornendo risultati che sono accurati al 95%. Il test e’ effettuato mediante una lancetta (uno strumento aghiforme). Le gocce di sangue sono raccolte su carta da filtro e poi inviate per l’analisi.

Questo è tra i test del DNA più accurati fino ad oggi. Il campione viene raccolto dalla futura mamma, a circa 9 settimane e poi inviato per le analisi di laboratorio. Gli scienziati analizzano il DNA del bambino trovato nel campione di sangue materno fornito.

Ma come puo’ il DNA del bambino trovarsi nel sangue materno? Beh, essenzialmente, la placenta è un punto di costante scambio di nutrienti tra la madre e il bambino. Le cellule del DNA fetale, proprio come tutte le altre cellule, muoiono e vengono sostituite con nuove cellule. Le cellule morte entrano nel flusso sanguigno della madre, passano ai reni e vengono espulse dal corpo con l’urina materno. Questo test di determinazione del sesso del bambino con sangue materno è accurato al 95% ed è stato convalidato da una serie di studi.

 

Test di paternita’ prenatale senza rischi

Ogni madre in attesa ha a cuore il benessere del bambino. I metodi tradizionali di campionamento prenatale come l’amniocentesi ed il prelievo dei villi coriali comportano dei rischi, il peggiore dei quali e’ l’aborto spontaneo. Inoltre, questi test vengono effettuati in anestesia locale, richiedono assistenza di un ostetrico ed hanno effetti collaterali. Molte madri incinte sono molto riluttanti a sottoporsi ad amniocentesi o CVS semplicemente a causa di tutti questi problemi.

Ma cosa succede se un test di paternità prenatale può essere fatto solo con un campione di sangue materno?

Una rapida ricerca online produrrà molti risultati di studi di laboratori avanzati e delle migliori università. L’analisi del DNA fetale nei campioni di sangue materno viene correttamente utilizzata per determinare la salute genetica fetale e la paternità ed e’ esente al 100% da rischi. Le donne incinte possono stare tranquille.

Nel caso di test di paternità, alla madre in attesa viene inviato un kit di provette per la raccolta del sangue. I campioni di sangue devono essere raccolti da una persona qualificata. Una volta che sono stati raccolti possono essere inviati per l’analisi. Il risultato di questo test è accurato al 99,9%. E’ utile dare una lettura di questo innovativo test nel caso lo si volesse eseguire.

www.easydna.it/test-sesso-bebe.html

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Portare i bambini: le regole per farlo in sicurezza

Grazie alla positiva collaborazione con la pagina Fb Genitori nidi materne Brescia vi riporto questo articolo su una “moda” ormai molto diffusa tra le mamme, ovvero di portare i bambini in fascia. Tuttavia è importantissimo sapere come fare!

PORTARE I BAMBINI: LE REGOLE PER FARLO IN SICUREZZA.

Se ne vedono sempre di più, delicate testine e piccoli piedini che spuntano avvolti in coloratissime fasce dalla pancia della mamma o dalle spalle di papà. Tutti sereni e a loro agio i bimbi portati scoprono il mondo da li e sembra proprio che sia per loro il posto perfetto dal quale farlo, e in effetti lo è! Sono ormai molteplici gli studi che lo dimostrano e i genitori che lo sperimentano ne sanno qualcosa.

Ma quali sono le cose da sapere per farlo in sicurezza? Esistono possibili pericoli?

Quando 7 anni fa iniziai a portare il mio primo bimbo con la fascia lunga non pensavo ve ne fossero ma poco dopo quando decisi di intraprendere il percorso per diventare Istruttrice Portare i Piccoli, scoprii che non era sufficiente legarsi il “pupo addosso” e che, se non si rispettano alcune fondamentali regole alcuni pericoli esistono davvero.

La prima regola del portare in sicurezza è RESPIRO SICURO. Sono 5 i punti che ci permettono di assicurare al bimbo una buona respirazione:
1 – il corpo del bimbo è ben adeso a quello del genitore, non si incurva, non dondola e non si allontana
2 – il bimbo è posizionato alto in modo che si possa baciare
3 – il suo mento è sempre ben lontano dal suo stesso sterno per evitare il grave rischio di compressione delle vie aeree (rischio che sovviene frequentemente nella posizione a culla)
4 – la schiena del bimbo è sempre ben sostenuta dal supporto
5 – il quinto punto, il più impegnativo ma anche il più arricchente è mettersi IN ASCOLTO DEL PROPRIO BAMBINO.Inizialmente il genitore potrà aver bisogno di concentrarsi chiudendo gli occhi per riuscire a sentire che il proprio bambino sta respirando ed é rilassato. Successivamente, attraverso il contatto consapevole con il bambino portato e l’esperienza, avrà la possibilità di riscoprire i messaggi che provengono dagli altri sensi. Imparerà così a riconoscere attraverso il contatto quando il bambino è sveglio, quando si sta addormentando. Ascoltando i segnali che arrivano dal corpo, sentirà i muscoli del piccolo rilassarsi, riconoscendo quando sta respirando profondamente perché addormentato. Solo così si potrà finalmente arrivare ad affidare l’ascolto del bambino agli altri sensi, senza ricorrere al controllo visivo.

La seconda regola è POSTURA SICURA ovvero qualsiasi supporto scelgo deve essere ergonomico e rispettare la fisiologica postura di neonati e bambini. Secondo Esther Weber autrice del libro Portare i Piccoli “la posizione corretta del bambino sul corpo dell’adulto è quella verticale, dalla nascita. Questa è fisiologica quando il tronco del bambino e’ appoggiato al corpo del genitore e sostenuto in modo tale che non ci sia il vuoto tra i due corpi, quando le gambe del bambino sono aperte a ranocchio in modo che le sue ginocchia stiano piu’ in alto del sedere, quando la testa del bambino puo’ essere sostenuta e quando il sedere del bambino e’ a livello dell’ombelico di chi porta, mai piu’ basso”.

La posizione a culla, cioè quella classica in cui si tiene il bambino quando si allatta e che è ancora oggi promossa da alcuni produttori di supporti mal informati, è invece fortemente sconsigliata sia per i rischi posturali legati alla chiusura delle gambe del bambino che potrebbe favorire la displasia delle anche, ma soprattutto perché se non eseguita correttamente ed adeguatamente monitorata potrebbe causare la compressione delle vie aeree del neonato.

Anche la posizione pancia al mondo dove il bimbo è appoggiato con la schiena al tronco del genitore ed è rivolto con il viso all’esterno è assolutamente da evitare sia per motivi posturali, la schiena è inarcata, la testa dondolante e il peso del bimbo è tutto scaricato sui suoi genitali, sia perché il bambino viene esposto agli stimoli esterni senza possibilità di proteggersi e rifugiarsi contro il corpo del genitore.

La terza regola è SUPPORTO SICURO, che garantisca cioè un sostegno ottimale della colonna e della testa e la posizione divaricata seduta del bambino, che sia regolabile e adattabile al peso, che permetta di portare il bimbo alto e ben adeso a sé. Un buon supporto deve essere comodo sia per il bambino sia per il portatore, non deve avere cinghie e cuciture che potrebbero premere contro i corpi o sottili bretelle che solcano le spalle. Deve anche essere sicuro dal punto di vista delle sostanze utilizzate per farlo, non deve rilasciare sostanze nocive ed essere prodotto nel rispetto di uomo e ambiente. È inoltre auspicabile che si adegui al bambino che cresce, che permetta le tre posizioni davanti sul fianco e dietro e che permetta una completa libertà di movimento al genitore.

La quarta regola del portare in sicurezza è MI INFORMO E IMPARO SICURO. Vi potrebbe sembrare strano ma non è raro trovare scaltri produttori disposti a rifilarvi (magari a prezzi esagerati) un prodotto di pessima qualità pur di vendere, o incappare sul web in improbabili tutorial di improvvisate consulenti che elargiscono informazioni errate che possono rendere il vostro portare pericoloso. Fate attenzione! Per scegliere il vostro supporto o per imparare ad usarlo affidatevi a personale specificatamente formato libero da interessi commerciali. Un esempio su tutti è l’Associazione Culturale Portare i Piccoli il cui scopo è diffondere un Portare sicuro e di qualità libero da qualsiasi logica di commercio.

L’ultima regola che vi lascio mi è stata ispirata da anni di consulenze a coppie che volevano imparare ad usare la fascia lunga e che trovandola eccezionale desideravano utilizzarla in qualsiasi situazione ed è questa: mentre portate i vostri bimbi fate un’ ATTIVITA’ SICURA. Vietato andare in auto, in bicicletta o simili, in caso di incidente il vostro bimbo fungerebbe per voi da airbag! E allo stesso modo evitate di dormire con il bimbo legato addosso.

Infine, vi lascio alcune indicazioni specifiche per i supporti più utilizzati:
Fascia elastica solo davanti con triplo sostegno: fino a max 5 kg se single jersey, max 7 kg se double jersey.
Fascia ad anelli e fascia tubolare solo sul fianco in posizione verticale.
Mei Tai dai 3 mesi in poi NON prima.
Marsupi ergonomici (dai 3-4 mesi) NON prima nemmeno con riduttore.
Fascia lunga (non elastica) adatta dalla nascita ai tre anni per tutte le posizioni (verticali) davanti, sul fianco e dietro!

E se vi rimangono ancora dubbi non esitate a contattarmi, sarò felice di aiutarvi a sentirvi sereni e sicuri coi vostri bimbi portati.

Non mi resta che augurarvi un Buon Portare felice e sicuro!

Arianna Mari
Istruttrice Portare i Piccoli a Brescia

ostetrica.ariannamari@yahoo.it

Alla scoperta di una doula

Doula è una figura di cui si sente spesso parlare. Per approfondire Bresciabimbi ha chiesto ad una doula di raccontarsi e spiegare il mondo doula per capire e conoscere meglio.

“Sono una doula”…ma cos’è???

Ciao a tutti! Mi presento…anche se è sempre un po’ difficile riassumere in poche righe quello che portiamo dentro, ma ci provo!

Mi chiamo Sara e sono una “doula”…”dou…che???” direte voi. Si scrive “doula”, ma si legge “dula”. In diversi paesi nel mondo questa figura opera da diversi anni, mentre in Italia inizia a diffondersi solo ora. Il termine “doula” viene dal greco antico ed indicava la donna che stava al servizio delle donne di una casa. Ecco, anche oggi la doula vuole seguire questa scia…stare accanto alla donna in un momento particolare di passaggio: quello del diventare madri. Ma ora cerco di spiegarmi meglio.

Qualche anno fa la Vita con le sue sorprese mi ha portato a riscoprire in modo nuovo e bello la mia femminilità, il mio essere donna, cosa che precedentemente avevo sempre sottovalutato e dato per scontato. In questo percorso fatto di piccoli passi mi sono capitati tra le mani alcuni libri interessanti e tra le varie letture sono venuta a conoscenza della figura della doula. Da subito mi ha affascinato e ho iniziato la mia ricerca, scoprendone piacevolmente la presenza anche in Italia che mai avrei pensato. Così ho deciso di frequentare la scuola delle doule organizzata dall’Associazione “Eco- Mondo Doula” (www.mondo-doula.it) ed ora…eccomi qui! Ho lasciato il mio lavoro di insegnante nella scuola primaria e ho iniziato a lavorare come doula.

Sto accanto alla donna in gravidanza, nel parto, nel puerperio e fino a quando c’è bisogno, a seconda della sua richiesta. Nella società odierna infatti, per vari motivi, la donna spesso si ritrova sola durante l’esperienza della maternità. Da doula cerco di starle a fianco come una sorella, supplendo alla mancanza di quelle attenzioni, ascolto, cure quotidiane, aiuto pratico e consigli che in passato venivano donati abbondantemente dalle figure femminili del proprio contesto famigliare (mamme, nonne, sorelle, vicine di casa…).

Offro – a domicilio – un sostegno emotivo continuativo, empatico, non medicalizzato né sanitario.

NON sostituisco in alcun modo la guida dell’ostetrica e dei professionisti del settore (psicologhe, osteopata, danzaterapeuta…), ma opero collaborando strettamente con essi.

Quindi che differenza c’è?

Ecco, nel concreto, cerco di star vicino alla donna – entrando nella sua casa con rispetto e delicatezza – in tutti o in uno solo di questi momenti, a seconda della sua richiesta:

1) IN GRAVIDANZA:

– la doula si prende cura della mamma e del suo benessere ascoltandola

– la accompagna a visite mediche, in passeggiate o commissioni varie…

– fornisce informazioni perché la madre possa operare le proprie scelte consapevolmente

– offre semplici momenti di rilassamento, visualizzazioni, sostiene nella paura, ecc.

2) DURANTE IL TRAVAGLIO E IL PARTO:

– può sostenere la coppia emotivamente e fisicamente, sia in ospedale che a domicilio con la

– aiuta poi a elaborare e ricostruire la storia del parto.

3) DOPO IL PARTO (PUERPERIO):

– è di grande aiuto nei primi giorni a casa dopo il parto

– sostiene la mamma nelle prime cure del neonato

– aiuta la famiglia a riorganizzarsi (cucina, fa la spesa, tiene i fratelli più grandi, ecc) e, se richiesto,

– offre alla mamma ascolto e compagnia.

Questo per dare un’idea molto generale di quello che può offrire la presenza di una doula, poi ogni madre è speciale perciò il modo di stargli accanto si chiarisce pian piano in base a ciò che sente e chiede, ascoltando se stessa. A volte il permettersela sembra un lusso immeritato e riecheggia nella mente l’idea che “le donne da sempre diventano madri, ce la posso fare da sola”. Ma avere una doula al proprio fianco è ‘fare da sola’, senza sentirsi sola: è trovare i propri spazi, modi, idee, scelte, desideri accompagnata da occhi discreti che incoraggiano, da braccia aperte per ogni volta che se ne ha bisogno, da un cuore che si ascolta per poter poi ascoltare con limpidezza…

Altro aspetto molto bello e prezioso del mio essere doula è nato dalla collaborazione con altre donne (una psicologa, una danzaterapeuta, un’antropologa): insieme creiamo percorsi rivolti a gruppi di donne più in generale e a gruppi di madri, su varie tematiche del femminile.

La mia formazione continua attraverso corsi scelti in base a ciò che sento più vicino al mio modo di essere. Ogni doula “personalizza” quello che offre e le modalità della sua presenza ascoltando la propria verità. Più vado avanti, più mi rendo conto di quanto sia importante il sapere, il conoscere… ma ancor più il lavorare su di sé quando si sta accanto ad una persona.

Ogni volta l’incontro con una donna e madre mi sorprende perché mi mostra le mie luci e ombre che porto dentro e di cui cerco di divenire sempre più consapevole. Sono convinta che solo così posso stare accanto alla madre sulla SUA strada e non trascinandola sulla mia. Cerco di ascoltarmi per poter accogliere, ascoltare, sentire nel cuore e comprendere.

Concludo con l’immagine del cerchio…di un ‘cerchio rosso’. Mi ha sempre richiamato l’immagine del cerchio di donne (mamme, nonne, sorelle, vicine di casa…) che un tempo davano ascolto, cura, aiuto pratico, compagnia, sostegno alla donna e alla madre, che si ritrovavano, si raccontavano.

Oggi spesso, per vari motivi, la donna si ritrova sola durante l’esperienza della maternità. Mi sento privilegiata: essere una doula è avere l’opportunità di stare accanto ad una donna in un momento così importante e delicato, così come farebbe una mamma e una sorella.

A Brescia e provincia siamo poche doule. Ma se vi può interessare, anche solo per una richiesta di informazioni o una chiacchierata senza impegno, contattateci senza problemi.

Alla scoperta di una doulaSara 347.0127180 oppure sara.gabri80@gmail.com

Il concetto di “normalità” nell’ambito dell’allattamento al seno

Il concetto di “normalità” nell’ambito dell’allattamento al seno

Il mio allattamento al seno è adeguato? Mio figlio assume una quantità sufficiente di latte? Con quale frequenza devo nutrire il mio bambino? Come mai le poppate del figlio dei miei amici sono meno frequenti? Queste sono le classiche domande che assillano puntualmente le madri a un certo punto dell’allattamento al seno. Oggi, grazie ai nuovi studi1,2 di Jacqueline Kent, nota ricercatrice nel campo dell’allattamento, il concetto di “normalità” in quest’ambito è stato ridefinito, offrendo finalmente la risposta alle domande più frequenti.

Le ultime ricerche condotte dalla dottoressa Kent, presentate per la prima volta al 9° Convegno internazionale sulla lattazione e sull’allattamento al seno organizzato da Medela, sfatano l’esistenza di norme o modelli specifici di allattamento al seno da adottare con i neonati e tanto meno di regole stabilite per la definizione di un allattamento appropriato. Secondo questa nuova ricerca, ogni relazione madre-figlio instaurata tramite l’allattamento al seno è unica nel suo genere e si modifica nel tempo per adattarsi alle esigenze. Le differenze potrebbero sembrare abissali, ma sono frutto di un percorso naturale e non necessariamente indice di una produzione insufficiente di latte o di altre problematiche.

Le conclusioni a cui è giunta la dottoressa Kent sono destinate a modificare significativamente il modo in cui gli operatori sanitari assistono le madri, offrendo alle famiglie una nuova accezione di allattamento al seno. In particolare i risultati dimostrano che:

  • ·         i neonati allattati al seno riescono a gestire l’assunzione di latte in base al proprio appetito e tasso di crescita; assumono esattamente ciò di cui hanno bisogno;
  • ·         dall’osservazione dei neonati allattati esclusivamente al seno emergono svariati modelli di lattazione.

Sebbene tra il primo e il sesto mese le poppate dei neonati allattati al seno siano più distanziate, più rapide e più lunghe, l’assunzione totale di latte al giorno resta costante. Le scoperte della dottoressa Kent hanno evidenziato che le dinamiche dell’allattamento al seno cambiano frequentemente durante il percorso individuale di un bambino, talvolta anche da un mese all’altro, e sono quindi specifiche per ogni neonato. Non esiste una media standard e i modelli di allattamento al seno sono molto vari. L’assunzione di latte di un neonato sano e allattato esclusivamente al seno varia notevolmente in termini di frequenza e di volume tra il primo e il sesto mese, come segue:

  • ·         4-13 corrisponde al numero di sessioni quotidiane di allattamento al seno;
  • ·         12-67 corrisponde alla durata in minuti di una sessione di allattamento al seno;
  • ·         54-234 ml corrisponde al volume di latte consumato in una sessione di allattamento al seno;
  • ·         478-1356 ml corrisponde al volume di latte consumato in un periodo di 24 ore.

Secondo le curve di crescita determinate dall’OMS, tutti i neonati monitorati nell’ambito di questa ricerca hanno mostrato valori di crescita nella norma. Il numero di sessioni giornaliere di allattamento al seno varia notevolmente in corrispondenza di ogni età specifica, ma in media diminuisce tra il primo e il sesto mese per poi stabilizzarsi. Gli stessi fenomeni si riscontrano nella durata delle sessioni di allattamento al seno alle diverse età, ma in media anche la durata diminuisce tra il primo e il sesto mese.

La mancanza di latte viene spesso citata come uno dei motivi per i quali le madri rinunciano ad allattare al seno; l’idea che il figlio non assuma latte rappresenta ovviamente una preoccupazione. Alcune madri potrebbero attribuire una maggiore frequenza o durata delle poppate a un’assunzione insufficiente di latte da parte del bambino, ma la dottoressa Kent ha dimostrato che ciò non è necessariamente vero.

Queste informazioni forniranno le prove indispensabili per consolidare la fiducia degli operatori sanitari in diverse situazioni di alimentazione e quella delle madri nel proprio ruolo. La comunità di persone che optano per l’allattamento al seno trarrà da questo studio la consapevolezza che, a fronte di differenze tra lattanti, le fluttuazioni di comportamento in questo ambito sono assolutamente normali. Non sono cioè sintomo di una produzione inadeguata di latte. La mancanza di latte viene spesso citata come uno dei motivi per i quali le madri rinunciano ad allattare al seno; l’idea che il figlio non assuma latte rappresenta ovviamente una preoccupazione. Alcune madri potrebbero attribuire una maggiore frequenza o durata delle poppate a un’assunzione insufficiente di latte da parte del bambino, ma la dottoressa Kent ha dimostrato che ciò non è necessariamente vero.

Utilizzare il nuovo lavoro di Jacqueline Kent per formare le madri e gli operatori sanitari sul percorso di allattamento al seno e sulle dinamiche previste al suo interno può contribuire a sfatare diversi miti, rendendo questa ricerca letteralmente rivoluzionaria nel campo.

 

Riferimenti:

1.     Kent,J.C. et al. Volume and frequency of breastfeeds and fat content of breastmilk throughout the day. Pediatrics 117, e387-e395 (2006).

2.     Kent,J.C. et al. Longitudinal changes in breastfeeding patterns from 1 to 6 months of lactation. Breastfeeding Medicine 8, 401-407 (2013).

 

 

 

I benefici del latte materno per i neonati con peso molto basso alla nascita (VLBW)

I benefici del latte materno per i neonati con peso molto basso alla nascita (VLBW)

Nei bambini con un peso molto basso alla nascita (VLBW), l’assunzione tempestiva di latte materno durante la permanenza in un’unità di terapia intensiva neonatale (UTIN) riduce il rischio di sepsi tardiva fino al 19%1. Analogamente, il rischio di NEC (enterocolite necrotizzante) è tre volte più basso in bambini VLBW alimentati esclusivamente con latte materno nei primi 14 giorni di vita.

Al 9° Convegno sulla lattazione e sull’allattamento al seno organizzato da Medela a Madrid, dal 4 al 5 aprile 2014, Paula Meier e Jae Kim presentano un quadro approfondito sul valore della somministrazione precoce di latte materno nelle UTIN in termini sia economici sia di salute, indicando una serie di procedure avanzate per rafforzare la catena di passaggio del latte materno da madre a figlio.

La salute dei bambini nati prematuri è minacciata da molteplici fattori. Secondo la ricerca e diverse prove concrete, l’allattamento dei neonati VLBW con latte materno è concettualmente assimilabile a un piano di prevenzione primaria contro numerose complicanze. Si tratta di una vera e propria strategia ed è sicura, efficace, ampiamente disponibile e non costosa. Una serie di ricerche condotte negli ultimi mesi ha evidenziato in modo più approfondito gli effetti clinici e, nello specifico, i notevoli risparmi economici derivanti dalla somministrazione sistematica, ben strutturata e precoce di latte materno ai bambini prematuri nelle UTIN. Tuttavia, questa strategia può essere implementata con successo solo a patto che tutto lo staff medico ospedaliero cooperi nell’ottimizzazione della catena di passaggio del latte materno dalla madre al bambino2.

Riduzione significativa del rischio di sepsi

Nei primi mesi del 2013, Paula Meier è riuscita a dimostrare che ogni 10 ml in più di latte materno somministrati ai neonati VLBW nei primi 28 giorni di vita corrispondono a una riduzione della sepsi tardiva del 19%2. La ricerca è stata svolta nell’ambito di uno studio di coorte sovvenzionato dal NIH (National Institutes of Health) e condotto nell’arco di 5 anni su 430 coppie di madri-neonati VLBW presso il Rush University Medical Center di Chicago. L’aumento della dose media giornaliera di latte materno da una quantità inferiore ai 25 ml a una superiore ai 50 ml nei primi 28 giorni di vita ha comportato una riduzione dei costi per l’UTIN di 31.514 dollari a neonato1. I costi incrementali della sepsi dipendono da vari fattori: i neonati con sepsi permangono più a lungo (in media 28 giorni in più) nelle UTIN rispetto a quelli non affetti da questa patologia; il trattamento della sepsi è molto dispendioso in termini di risorse e sussiste un rischio maggiore di problemi di salute e di sviluppo neurologico a lungo termine. La ricerca ha dimostrato che i costi sostenuti nelle UTIN per il trattamento di questa patologia sono minimi nei neonati VLBW allattati per i primi 28 giorni di vita con la dose media più alta di latte materno. Questi risparmi compenserebbero le spese sostenute dalle madri e dalle istituzioni per la somministrazione e l’alimentazione a base di latte materno, come quelle per il noleggio dei tiralatte, per l’assistenza nell’allattamento nonché per la conservazione del latte.

La somministrazione di latte nei primi giorni di vita dei neonati VLBW presenta notevoli vantaggi economici

Un altro recente studio3 ha esaminato proprio questo aspetto, analizzando il valore economico della somministrazione sollecita di latte materno ai neonati VLBW. Le complicanze cui sono soggetti i bambini prematuri, come l’enterocolite necrotizzante, le malattie polmonari croniche, la crescita insufficiente, il ritardo dello sviluppo neurocognitivo e la riospedalizzazione dopo la dimissione dalle UTIN, sono onerose per le famiglie, per le istituzioni di assistenza sanitaria, per i sistemi educativi e per la società in senso lato4. Sebbene la raccolta di latte materno implichi dei costi, come quelli per il noleggio ospedaliero dei tiralatte nonché per l’acquisto dei kit di raccolta mediante tiralatte e dei contenitori monouso per alimenti, la ricerca ha evidenziato che il supporto alle madri biologiche nell’estrazione di latte materno è più economico rispetto all’acquisto della stessa quantità di latte materno da donatrici o di latte artificiale in commercio. Le madri non devono far altro che estrarre un volume minimo giornaliero che superi in media i 100 ml per un lasso di tempo sufficiente (dai 4 ai 19 giorni). Lo studio ha concluso che da un punto di vista economico “le istituzioni dovrebbero provvedere quanto prima a identificare le madri che producono meno di 100 ml di latte (al giorno) per i loro neonati VLBW, intervenendo in modo tempestivo. Rendere prioritaria l’assistenza all’allattamento per queste madri non solo consente di somministrare dosi più alte di latte materno ai neonati ma si traduce automaticamente in un risparmio per le istituzioni“. Da studi condotti precedentemente emerge che la maggior parte delle madri di neonati VLBW riesce a disporre di un volume sufficiente di latte, se supportata da servizi di assistenza e da prodotti per l’allattamento basati sull’evidenza, come ad esempio tiralatte efficaci5.

Iniziative per la standardizzazione della somministrazione di latte materno negli ospedali

Durante il convegno, Jae Kim illustra le sue esperienze con una serie di nuove iniziative volte a standardizzare la somministrazione di latte materno nelle UTIN. Come esempio specifico, il programma SPIN condotto presso l’Università della California di San Diego. Il programma mira a definire un’alimentazione completamente basata su latte materno ottimizzando la produzione, la qualità e la sicurezza del latte materno e, contestualmente, promuovendo la cura mediante il contatto pelle contro pelle e l’allattamento al seno. Per rispondere a esigenze specifiche dell’ambiente che si occupa di bambini prematuri, il programma supporta l’utilizzo di latte proveniente da donatrici2.

Partorire naturalmente, ma senza dolore!

Partorire naturalmente, ma senza dolore!

a cura della dr.ssa Giovanna Suss

Molte donne riescono, se ben preparate, a controllare l’ansia e la paura legate al parto ed a controllare la percezione del dolore durante il travaglio. Per altre donne invece il dolore può rappresentare una difficoltà in più e un motivo di ridotta serenità al momento del parto stesso. Per queste donne è possibile usufruire dell’analgesia epidurale, che permette loro di controllare efficacemente il dolore partorendo in modo naturale e spontaneo.

L’ANALGESIA EPIDURALE

L’analgesia epidurale è la tecnica più sicura ed efficace per controllare il dolore del travaglio e del parto. Essa determina in pochi minuti la scomparsa del dolore, lasciando inalterate tutte le altre sensibilità compresa quelle delle contrazioni uterine che continuano ad essere percepite in modo non doloroso. La partoriente é libera di muoversi e, a seconda della tecnica impiegata, anche di camminare. La forza muscolare non viene diminuita, per cui la partoriente mantiene in pieno la capacità di eseguire gli sforzi espulsivi, ed il parto avviene con la piena partecipazione della futura mamma.

CHE COS’È L’EPIDURALE?

L’analgesia epidurale viene eseguita da un medico anestesista esperto in questa tecnica. Consiste nella introduzione attraverso un ago, a livello della regione lombare, di un sottilissimo tubicino di plastica (cateterino) che viene posizionato a circa 4-5 cm sottocute, a livello dello spazio epidurale. Questo spazio é formato dal tessuto grasso adiacente alle fibre nervose che trasmettono il dolore del travaglio. Attraverso il cateterino si somministra la soluzione analgesica. La procedura richiede pochi minuti e non è dolorosa, perché eseguita in anestesia locale. Il cateterino, fissato con un cerotto dietro la schiena, permette alla partoriente qualsiasi movimento, e si può rifornire in qualsiasi momento, in modo tale da controllare il dolore per tutta la durata del travaglio e del parto senza dover ricorrere ad altre punture.

QUANDO VIENE PRATICATA?

L’analgesia epidurale viene richiesta di solito dalla partoriente durante o all’inizio del travaglio, ma può essere eseguita solo dopo una valutazione delle condizioni ostetriche da parte del ginecologo. L’analgesia epidurale può essere anche richiesta dal ginecologo stesso nel caso di alcune malattie quali il diabete, l’ipertensione, la grave miopia con precedente distacco di retina, in quanto permette una riduzione dei rischi che, in questo casi possono essere connessi al parto. Vi sono condizioni ostetriche che si possono verificare durante il travaglio che possono indurre un ritardo nell’esecuzione dell’epidurale.

POSSO RICEVERE UN’EPIDURALE?

L’analgesia epidurale può essere ricevuta dalla grande maggioranza delle partorienti. Vi sono però alcune condizioni in cui non è possibile eseguirla, come nel caso di gravi malattie emorragiche o in partorienti sottoposte a terapie anticoagulanti. Una visita specialistica con l’anestesista servirà a controllare lo stato di salute della partoriente, ad evidenziare gli eventuali problemi personali e a controllare le analisi eseguite in gravidanza. Sebbene la decisione di ricevere un’epidurale la si prenda durante il travaglio, la richiesta ed il consenso a questa procedura vanno confermati in anticipo, in occasione della visita anestesiologica stessa.

GLI EFFETTI COLLATERALI E LE COMPLICANZE

Se correttamente eseguita l’analgesia epidurale è una tecnica sicura e non ha effetti collaterali spiacevoli. A seconda dei farmaci impiegati si può avere un modesto prurito, di breve durata. In casi rarissimi, se si è avuto qualche problema tecnico accidentale al momento dell’esecuzione dell’analgesia epidurale, può insorgere, dopo il parto, un mal di testa che può durare qualche giorno. Il problema viene subito individuato al momento dell’esecuzione dell’epidurale e comunicato alla partoriente. Questo tipo di mal di testa è usualmente benigno, transitorio e reversibile, ma può essere tale da interferire con la normale vita della puerpera nei primi giorni del parto. L’anestesista suggerirà per ogni caso il trattamento più efficace, rapido ed opportuno.

Dr.ssa Giovanna Suss Nata a Brescia il 30-5-1979

Laureata in Medicina e Chirurgia presso l’ Università degli Studi di Brescia nel 2005; Specializzazione in Ostetricia e Ginecologia presso l’ Università degli Studi di Brescia nel 2009; attuale Dirigente Medico di I Livello presso Ospedale S.Orsola-Poliambulanza.

Frequentazione di 3 anni durante la Scuola di Specializzazione del Centro di Procreazione Medicalmente Assistita Dell Ospedale di Montichiari (sede staccata Dell Ospedale Civile Di Brescia);

Frequentazione di mesi 4 del Servizio di Ecografia Ginecologica Oncologica e del Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia Dell Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma;

Frequentazione di 4 mesi del Servizio di Ecografia bi e tridimensionale nel campo Dell infertilità e nella patologia ginecologica benigna Dell Ospedale Fatebenefratelli Isola Tiberina di Roma;

Partecipazione a numerosi convegni nazionali ed internazionali nel campo Dell Ostetricia e della Ginecologia

Accreditamento della Fetal Medicine Foundation per l esecuzione della NT ( Translucenza Nucale) nel 2011.

L’acqua in gravidanza


L’acqua in gravidanza

Disegni rupestri e graffiti ci mostrano l’intima confidenza che già nella preistoria l’uomo e la donna avevano con l’acqua. L’acqua rappresentava il rimedio naturale che la natura offriva per la cura di ferite e malattie ed è inoltre l’elemento nella quale noi iniziamo ad esistere.

L’idroterapia, nel corso del XX secolo, ha suscitato sempre più interesse e la ricerca scientifica ha dimostrato che utilizzandola con prudenza questo tipo di terapia è un metodo innocuo e semplice per stimolare le risorse naturali del corpo, mantenendolo in forma o facendoli riacquistare la piena salute.

Visti i benefici che l’acqua porta sia a persone con patologie che sane, alcuni ginecologi hanno considerato l’utilizzo dell’acqua da parte di donne in gravidanza.

Durante la gravidanza l’immersione e l’attività in acqua, se praticata con costanza, può prevenire o dare sollievo a molti disturbi che possono comparire.

L’immersione in acqua calda (non > di 37°gradi) trasforma la sensazione del peso corporeo permettendo a tutta la muscolatura del corpo di distendersi assecondando la mobilità delle articolazioni, in particolare della colonna, consentendo di riacquistare energie e di conciliare il sonno.

Il massaggio fisiologico prodotto dal movimento dell’acqua, ristabilisce la circolazione riducendo gli edemi dovuti alla posizione declive e allo schiacciamento dei grossi vasi a termine di gravidanza. Ha quindi un effetto diuretico (prevenzione della proteinuria) ed il suo uso è suggerito anche alle donne gravide con problematiche di pressione arteriosa e tachicardia poiché ne riduce la frequenza e favorisce l’aumento del liquido amniotico.

Entrare nell’acqua è addentrarsi nella relazione con la vita intrauterina, il bambino ed il suo liquido, la madre abbandona la sua parte razionale a beneficio dell’istinto, rasserena la mente e comprende come ascoltare ed ascoltarsi accrescendo la fiducia in sé stessa.

I BENEFICI DELL’ACQUA SULL’ORGANISMO DELLA DONNA GRAVIDA

L’azione terapeutica dell’acqua si esplica attraverso la stimolazione di alcune parti del corpo attivando 2 meccanismi fisiologici: vascolare e nervoso.

L’idroterapia può agire attraverso:

  • Stimoli termici
  • Stimoli meccanici
  • Reazione
  • Riflesso
  • Pressione dall’esterno

Ha quindi effetti:

  1. Sul cuore: pompa una maggiore quantità di sangue diminuendo la sua frequenza e compiendo uno sforzo minore. Il volume intravascolare si espande comportando una cascata di eventi biochimici che determinano una diminuzione degli edemi e della pressione sanguigna e un aumento della diuresi.
  2. Sull’apparato respiratorio: migliora la compliance dei polmoni (cioè la loro distensibilità) in quanto avviene una ridistribuzione del sangue dalla regione toracica ai distretti corporei dove i muscoli sono in attività.
  3. Sulla colonna vertebrale e l’assetto del bacino: in acqua le alterazioni anatomiche conseguenti allo stato gravidico vengono meno in quanto la spinta idrostatica neutralizza quasi del tutto la forza di gravità. I legamenti e i muscoli, che per il corpo in stazione eretta sul terreno si oppongono alla forza di gravità, in acqua assumono, in posizione orizzontale, la funzione di mantenere in asse e in equilibrio il tronco.
  4. Sull’apparato muscolare: l’esecuzione degli esercizi di bonificazione e allungamento risultano più semplici, meno faticosi e si possono ripetere più volte in modo armonioso e flessibile senza sovraccaricare le articolazioni. In acqua risulta più semplice prendere coscienza del proprio corpo, rilassarsi e distendersi.
  5. Studi clinici hanno rilevato che, durante l’immersione in acqua della gestante vi è un aumento di dopamina e una diminuzione di prolattina che, per un meccanismo ancora non chiaro, induce un effetto tocolitico (cioè riduce l’attività contrattile uterina) ed inoltre vi è un rilascio di endorfine e oppioidi endogeni che danno un senso di benessere.
  6. Psicologici: l’acqua permette alla donna di percepire il proprio corpo nella sua totalit, di immaginarne i confini e cogliere le emozioni che si generano al suo interno, attivando anche tutti i sistemi percettivi. L’acqua può anche essere un mezzo per immedesimarsi nella creatura all’interno del grembo e per entrare in contatto più profondo con lei (è normale percepire maggiormente i movimenti fetali), di regredire e riconciliarsi con se stessa aumentando la fiducia in sé stessa e nelle capacità di dare alla luce una nuova vita con le proprie forze.

Ripeto quindi nuovamente che è un bene svolgere attività fisica moderata, specifica per la gravidanza, in acqua o a secco (come vi avevo illustrato nell’articolo sul movimento in gravidanza) qualora non vi siano ovviamente controindicazioni di tipo medico per la presenza di una condizione a rischio.

Sono presenti alcuni centri e piscine (anche a Brescia) che organizzano corsi di preparazione alla nascita in acqua.

L’acqua è utile ed è fonte di beneficio anche durante il travaglio e il parto sia per la mamma che per il bambino …

A cura dell’Ostetrica Dott.ssa Tenni Maura

Bibliografia: Professione Ostetrica di Antonella Marchi 2007; L’acqua e la nascita di Roberto Fraioli e Albin Thoeni

Movimento e rilassamento in gravidanza

Non si parla quasi mai dell’importanza del movimento e rilassamento in gravidanza:
Al fine di mantenere un maggiore benessere psicofisico in gravidanza, le donne dovrebbero sapere, che sembrerebbe essere d’aiuto svolgere una moderata attività fisica accompagnata dal rilassamento.

Gli studi condotti sull’argomento dicono che le donne gravide che non presentano problemi o complicazioni di carattere medico dovrebbero venire incoraggiate a fare regolarmente e precocemente esercizi tanto che secondo l’ EBM (evidence based medicine) il movimento in gravidanza ha una classificazione di tipo A, cioè da incoraggiare attivamente.

Il movimento in gravidanza dovrebbe essere libero, spontaneo, facile e lento arrivando fino a dove il nostro
corpo riesce ad arrivare senza sentire che sta compiendo un sforzo eccessivo evitando l’attivazione di un meccanismo di difesa che si chiama riflesso di retrazione. Ci deve essere facilità per non affaticarsi eccessivamente, lentezza per sentire ciò che accade nel nostro corpo aumentando così la nostra consapevolezza corporea e rilassamento cioè una giusta scansione degli esercizi utilizzando anche la respirazione.

Il movimento in gravidanza consiste quindi in esercizi di streaching, postura (alcuni derivanti dallo yoga e dal pilates), divertimento a ritmo di musica e rilassamento sollecitando le varie parti del corpo e risvegliando anche il sistema nervoso, quindi:

  • Aumenta la consapevolezza corporea
  • Aumenta la flessibilità e tonicità del corpo
  • Aumenta l’energia
  • Migliora la circolazione
  • Migliora il sonno
  • Aiuta ad assumere le posizioni in travaglio riducendone i tempi e migliorandone la gestione
  • Migliora lo stato psicologico della donna per il rilascio di endorfine
  • Riduce gli sbalzi di umore materni
  • Riduce i dolori osteo-articolari che caratterizzano molte gravidanze
  • Riduce il rischio di diabete gestazionale e di macrosomia fetale (neonato di peso > a 4000 )

Il rilassamento si può proporre attraverso la visualizzazione: tecnica di rilassamento flessibile che ci mette a contatto con la nostra panoramica interna, il nostro immaginario. Quando ci si rilassa si mette ordine dentro di noi creando uno spazio personale, lasciandosi trasportare senza controllo, si torna indietro nel tempo (regressione) e ci si riappropria del proprio corpo facendo prevalere i pensieri positivi su quelli negativi. Mettendosi così in ascolto si ottiene un maggiore benessere psicofisico, una riduzione dell’ansia e quindi un senso di rappacificazione.

I benefici di questo metodo sono:

  • Cercare di ascoltarsi, capire le nostre esigenze
  • Stimolare l’immaginazione e la capacità di rilassamento profondo
  • Autocontrollo
  • Accettare, elaborare e trasformare paure
  • Ricavare forza
  • Facilita la relazione con il feto , mette la mamma in contatto con il proprio bambino
  • Aiuta ad aumentare la fiducia in sé e nelle proprie capacità
  • Aiuta a mantenere un ritmo (ad es. nella respirazione)
  • Aumenta la capacità di apertura, di movimento e resistenza
  • Nel gruppo, induce ad una condivisione e discussione sull’esperienza
  • Migliora la circolazione sanguigna e l’attività gastrointestinale
  • La frequenza cardiaca rallenta e il respiro diventa regolare
  • La muscolatura si rilassa, il sistema nervoso si distende e il sistema immunitario si attiva
  • Aumenta la produzione di endorfine e diminuisce quella di catecolamine

(Bibliografia: Contunuti tratti dal corso di formazione movimento e visualizzazioni del Centro Studi Mipa 2010 ).

Quindi ad una donna in gravidanza bisognerebbe, qualora non vi siano complicazioni o patologie legate alla gestazione, suggerirle la frequenza di corsi di preparazione pratica alla nascita con movimento, visualizzazioni, streaching e respirazioni a secco e/o in acqua o yoga e pilates. Questo genere di corsi sono organizzati da alcune strutture (anche a Brescia) e si può accedere da 12 settimane fino a termine.

Altra zona del corpo molto importante da tenere allenata e preparare durante la gravidanza è la zona perineale dove ci sono i muscoli del pavimento pelvico…ma di questo ne parleremo nel prossimo articolo.

 

A cura dell’Ostetrica Dr.ssa Tenni Maura