A ciascuno il proprio gusto
Lo sapevate che il gusto come il colore degli occhi, dei capelli e della pelle varia in relazione con il corredo genetico?
Uno studio condotto da Paolo Gasperini presso l’Università di Trieste sulla popolazione italiana ha messo in luce una singolare relazione fra il corredo genetico che identifica i super taster e l’indice di massa corporea.
I cosiddetti super taster (25% delle popolazioni Europee) hanno un’elevata sensibilità al gusto amaro. Questa caratteristica, legata alla presenza e all’efficienza di uno specifico recettore e a una maggiore densità di alcune papille gustative, comporta anche una sensibilità più elevata al dolce e ad altri sapori.
Chi possiede questo particolare profilo tende ad avere una minore propensione all’accumulo di adipe, quindi al sovrappeso, obesità; perché la tendenza sarebbe di scegliere sapori moderati, quindi una dieta più equilibrata e calibrata rispetto ai non taster che per l’appunto sono meno sensibili ai sapori e quindi portati a condire maggiormente.
Il 45% delle persone ha una sensibilità media (medium taster), mentre il restante 30% è poco sensibile ai sapori detti non taster.
Secondo gli antropologi, i supergustatori sarebbero stati privilegiati nel corso dell’evoluzione perché in grado di selezionare con maggiore facilità i cibi migliori per la salute.
E’ ancora così?
Alcuni studi mettono in relazione l’ipersensibilità ai sapori con una più elevata longevità. Sta di fatto che i bambini supergustatori possono avere reazioni di avversione più evidenti nei confronti dei cibi più amari. I bambini ipersensibili al gusto potrebbero avere una più elevata sensibilità emotiva, forse per il ruolo centrale di stimolazione che i sensi e il gusto hanno sulle emozioni nella primissima fase della vita. Questo aiuta a comprendere, almeno in parte, il motivo per cui, fratelli cresciuti con gli stessi stimoli e lo stesso cibo possano mostrare preferenze molto differenti.
Il rifiuto verso il sapore amaro si manifesta in modo più o meno evidente anche in fasi successive dell’accrescimento, dallo svezzamento in poi. Questo può rappresentare un problema perché l’amaro è legato non solo alla presenza di sostanze velenose, ma anche a principi attivi importanti per la salute, come i polifenoli presenti in molti ortaggi.
Non bisogna però darsi per vinti!
da “Il gusto di mangiare insieme” editore Slow Food
dott.ssa Paola Cavagnoli
Dietista
paola.cavagnoli@gmail.com
⇒ Scopri di più sul mondo dello Spazio La Libellula
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Uno studio condotto da Paolo Gasperini presso l’Università di Trieste sulla popolazione italiana ha messo in luce una singolare relazione fra il corredo genetico che identifica i super taster e l’indice di massa corporea.
I cosiddetti super taster (25% delle popolazioni Europee) hanno un’elevata sensibilità al gusto amaro. Questa caratteristica, legata alla presenza e all’efficienza di uno specifico recettore e a una maggiore densità di alcune papille gustative, comporta anche una sensibilità più elevata al dolce e ad altri sapori.
Chi possiede questo particolare profilo tende ad avere una minore propensione all’accumulo di adipe, quindi al sovrappeso, obesità; perché la tendenza sarebbe di scegliere sapori moderati, quindi una dieta più equilibrata e calibrata rispetto ai non taster che per l’appunto sono meno sensibili ai sapori e quindi portati a condire maggiormente.
Il 45% delle persone ha una sensibilità media (medium taster), mentre il restante 30% è poco sensibile ai sapori detti non taster.
Secondo gli antropologi, i supergustatori sarebbero stati privilegiati nel corso dell’evoluzione perché in grado di selezionare con maggiore facilità i cibi migliori per la salute.
E’ ancora così?
Alcuni studi mettono in relazione l’ipersensibilità ai sapori con una più elevata longevità. Sta di fatto che i bambini supergustatori possono avere reazioni di avversione più evidenti nei confronti dei cibi più amari. I bambini ipersensibili al gusto potrebbero avere una più elevata sensibilità emotiva, forse per il ruolo centrale di stimolazione che i sensi e il gusto hanno sulle emozioni nella primissima fase della vita. Questo aiuta a comprendere, almeno in parte, il motivo per cui, fratelli cresciuti con gli stessi stimoli e lo stesso cibo possano mostrare preferenze molto differenti.
Il rifiuto verso il sapore amaro si manifesta in modo più o meno evidente anche in fasi successive dell’accrescimento, dallo svezzamento in poi. Questo può rappresentare un problema perché l’amaro è legato non solo alla presenza di sostanze velenose, ma anche a principi attivi importanti per la salute, come i polifenoli presenti in molti ortaggi.
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