Skip to main content

Cosa fare se mio figlio non ha più la motivazione?

E SE MIO FIGLIO NON HA PIU MOTIVAZIONE?

Mi scrive Luisa mamma di Mattia, un ragazzo di 14 anni, portiere in una locale squadra di calcio. Si sfoga Luisa dicendo che il ragazzo non ha più la motivazione per continuare a giocare, è apatico verso gli amici e l’allenatore e fa spesso errori banali, fatali per la squadra e per il suo futuro da giocatore.
Nella sua lettera mi racconta l’infanzia del piccolo, che, dall’età di 5 anni, spronato dal padre e dagli allenatori segue costantemente gli allenamenti con voglia di fare e tanta passione. Sono pochi i goal subiti nelle tante partite disputate: Mattia è un piccolo Buffon, futuro talento del calcio italiano. Un ragazzo di cui andare fieri, che anche a scuola è sempre stato diligente e motivato.

Il ragazzo ha un talento innato che con dure ore di allenamento lo ha portato avanti, molto avanti nello sport tenendo sempre alta la sua motivazione. Ma da qualche tempo non è più cosi.

Presso gli antichi popoli del Mediterraneo il talento era un’unità di misura di peso (circa 35 chili) e di denaro, metallo prezioso pesato.  Un talento d’oro o d’argento rappresentava una ricchezza importante che gravava di responsabilità chi la possedeva. Nella parabola del Vangelo viene premiato chi ha utilizzato i talenti di denaro ricevuti in custodia, facendoli fruttare. Viene criticato chi  li ha sotterrati, per non correre rischi.

Il talento sportivo (come qualunque altro talento) è una dote innata. 

Importante distinguere, qua tra talento e potenzialità. Il talento infatti si manifesta quando una potenzialità, altrimenti detta anche punto di forza, viene riconosciuta dall’esterno. Quando insomma più di una persona vengono da te a dirti “lo sai che sei veramente un fuoriclasse in questo” e tu non ti rendi conto, non ne hai spesso la percezione. Proprio perchè innato il talento viene spesso dato per scontato.  Se ne è provvisti in modo naturale, se non c’è non si può imparare. Allo stesso modo se non coltivato il talento può essere perso. E’ un valore che non dovrebbe essere disperso ma fatto gemmare e fruttare.E’ meraviglioso poter individuare già nell’infanzia la capacità, il talento che contraddistingue i propri figli. Per un ragazzo, però, arriva un momento in cui il talento può essere una responsabilità gravosa perché non ha gli strumenti per gestire questa dote, per incanalarla lungo la strada che tracci il suo destino di persona adulta.

Mattia si spaventa, sente un peso che non sa gestire. Forse anche non accetta più questo talento.

Mattia sarà un eccellente giocatore amatoriale o un campione? Il calcio sarà la sua professione, la sua realizzazione?

Il ruolo degli adulti nei confronti dei giovani talentuosi è fondamentale, delicato e molto complesso.

Mattia ha la stoffa del campione. Ma ora è in crisi.

Chiamo Luisa e la incontro per una sessione, solo lei ed io . Mi dice che Mattia inventa scuse di ogni genere, commette errori banali e salta spesso gli allenamenti.

E’ de-motivato. Né il successo, né la prospettiva di fama (e guadagni) sportivi, né la gioia di giocare con gli amici di sempre sembrano smuoverlo verso il campo da calcio. Verso quegli impegni e fatiche che ha sempre affrontato, con gioia, per tanti anni. Come sportiva amatoriale e coach so bene che i momenti di crisi come quelli di Mattia hanno una loro storia, possono avere significati diversi ed esiti opposti. Possono essere l’occasione per ritrovare, dentro di noi, radici forti, per proseguire con maggiore determinazione, affrontando le fatiche e le difficoltà richieste dall’impegno sportivo; a volte, al contrario, sono opportunità per riconoscere di aver cambiato strada maturato una nuova identità ed appartenere ad altro.Potrebbe essere giunto il momento per ri-definirsi e orientarsi verso una propria direzione più autentica, in quel momento. Per un ragazzo di 14 anni ancora molto volubile e nel pieno dell’età adolescenziale questi sono momenti di vita difficili da affrontare nella solitudine del proprio disorientamento, spesso emozionalmente ambivalente (desiderio e rifiuto, amore e odio). Richiedono un affiancamento, un accompagnamento da parte dei genitori certamente e anche da un professionista esterno.
Lo spiego a Luisa. Le dico che è importante che Mattia senta la vicinanza dei genitori e dell’allenatore ma che questa sia una vicinanza misurata senza trasformarmi in oppressione.

Sarebbe davvero triste che Mattia proseguisse, a tutti i costi, “per fare contenti i genitori” o gli allenatori; sarebbe, d’altronde, un vero peccato che abbandonasse un’attività appassionante per una crisi che potrebbe avere “solo” bisogno di ascolto, sostegno e incoraggiamento per essere superata.  Questa guida, questo ascolto potrebbe venire da lei Luisa, le dico oppure dal padre oppure ancora da una persona esterna.

Ritengo sia indispensabile ora restare su Mattia e porre a lui due semplici domande:

Cosa ti rende felice, in questo momento?

Cosa ti farebbe alzare, senza sforzo, alle 5 del mattino?

E prepararsi ad accogliere la risposta, qualsiasi essa sia.

Questo aiuterà lui e voi a comprendere le sue priorità, in questo passaggio di vita. Le sue passioni, i suoi stimoli attuali, la sua motivazione più profonda.

Mattia potrebbe parlare dello sport, dello studio, degli amici, di una ragazza, o forse potrebbe restare muto, senza dire nulla o addirittura dare una risposta non attesa. Potremmo scoprire che Mattia ha ancora entusiasmo in quello che fa ma ha (solo) bisogno di allentare i ritmi, di dare spazio ad altre dimensioni di sé. Potrebbe scoprire che il passaggio alle superiori ha posto nuove sfide che lui vuole fronteggiare, distribuendo energie tra impegni diversi e importanti.

E’ meglio spingere, assecondare, imporsi o lasciar fare? Una risposta buona per tutte le situazioni non c’è.  Potrebbe domandarsi, in tutta onestà: chi vuole che Mattia diventi un campione? Di chi è questo obiettivo? e orientare le sue scelte in base alla risposta. Accettando la responsabilità, le opportunità ed i rischi di ogni possibile scelta.

E’ naturale e giusto che siano i genitori a definire i sogni, gli obiettivi e i percorsi dei propri figli, quando sono piccoli. E’ altrettanto naturale e giusto trasferire nelle loro mani la capacità, la libertà e la responsabilità di definire e perseguire i propri sogni e progetti di vita adulta. E’ un processo lento e progressivo. E’ un processo che richiede consapevolezza e impegno, tanto nel genitore quanto nel ragazzo. E’ un processo che può unire genitori e figli nel momento presente gettando le basi per un futuro più maturo, più consapevole e perchè no, anche più motivato.

 

Lucilla Rizzini

Coaching & training
lucilla@lucillarizzini.com
www.lucillarizzini.com

Bullismo: conoscerlo per affrontarlo

Bullismo: conoscerlo per affrontarlo.

Come molte delle parole che oggi sono entrate a far parte del nostro vocabolario quotidiano, la parola “bullo” è un’italianizzazione del termine inglese “bully”, che viene utilizzato per indicare qualcuno che opprime o perseguita una persona, solitamente più debole.

Questo fenomeno, benché sia di forte attualità, è in realtà di lunga data e non è raro trovare nelle storie adolescenziali o infantili di ognuno di noi un “bullo” o ricordarci di quelle volte in cui magari siamo stati noi stessi bulli con i nostri compagni. Si pensi anche a quante storie si possono ritrovare a livello di letteratura o cinematografia che affrontano questo “antico” fenomeno, come Rosso Malpelo di Verga o Gran Torino di Clint Eastwood. Solo in epoca recente però la nostra attenzione è stata particolarmente attirata da questo problema sociale, sia per i numerosi fatti di cronaca ma soprattutto grazie a degli studi che hanno dimostrato quali possono essere le conseguenze psicologiche per le persone che hanno subìto tali prevaricazioni. Tra questi, uno studio pubblicato dall’American Journal of Psichiatry è stato il primo che ha approfondito le conseguenze del bullismo oltre la prima età adulta. E’ stato evidenziato che tra le possibili ripercussioni sperimentate da persone precedentemente vittime di bullismo vi sono peggiori condizioni di salute fisica e psicologica, un aumentato rischio di depressione, disturbi d’ansia e pensieri suicidi. Oltre a ciò, questi tipi di traumi possono influenzare negativamente le relazioni interpersonali e la qualità generale della vita anche a molti anni di distanza.

Per quanto riguarda la situazione italiana, i dati Istat, pubblicati a dicembre 2015 che si riferiscono all’intero 2014, sottolineano che poco più del 50% degli ragazzi compresi tra gli 11 e i 17 anni ha subìto qualche episodio offensivo, non rispettoso e/o violento da parte di altri ragazzi o ragazze. Il 19,8% è vittima assidua di una delle “tipiche” azioni di bullismo, cioè le subisce più volte al mese.

Per il 9,1% gli atti di prepotenza si ripetono con cadenza settimanale. Le prepotenze più comuni che sono state rilevate consistono in offese con brutti soprannomi, parolacce o insulti (12,1%), derisione per l’aspetto fisico e/o il modo di parlare (6,3%), diffamazione (5,1%), esclusione per le proprie opinioni (4,7%), aggressioni con spintoni, botte, calci e pugni (3,8%). Il 16,9% degli intervistati è rimasto vittima di atti di bullismo diretto, cioè caratterizzato da una relazione vis a vis tra la vittima e bullo e il 10,8% di azioni indirette, prive di contatti fisici. Tra le ragazze è minima la differenza tra prepotenze di tipo diretto e indiretto (rispettivamente 16,7% e 14%). Al contrario, tra i maschi le forme dirette (17%) sono più del doppio di quelle indirette (7,7%).

Ma che cos’è veramente il bullismo? Come facciamo a distinguerlo dallo scherzo che solitamente caratterizza le relazioni soprattutto tra adolescenti?

Olweus (1986;1991)) ha scritto: “Uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o più compagni”. Un’azione si può definire offensiva, come per quanto riguarda le condotte più aggressive, quando una persona arreca intenzionalmente danno o un disagio ad un’altra. L’offesa può avvenire sia attraverso atti fisici più o meno violenti (botte, spintoni, calci) sia verbali come ingiurie, rimproveri, prese in giro. Stante questa definizione, è vero che ogni singolo atto di questo genere potrebbe essere chiamato “bullismo”, ma è altrettanto vero che nella pratica comune si tendono ad escludere fatti meno gravi ed occasionali e ci si concentra invece maggiormente su quei comportamenti che hanno carattere di continuità e di persistenza nel tempo. Questo rappresenta un fattore estremamente importante per discriminare cosa è bullismo da cosa non lo è. E’ inoltre importante sottolineare come, all’interno del repertorio comportamentale del bullo ci possono essere manifestazioni più visibili, come gli attacchi diretti alla vittima, spesso più osservabili nei maschi, e altre meno esplicite ma non meno pericolose, come ad esempio agli atti di isolamento sociale e di intenzionale esclusione dal gruppo, più tipici tra le femmine.

Il bullo e la vittima possono essere sia individui sia gruppi di persone. Solitamente si parla di bullismo qualora vi sia un’asimmetria nella relazione tra bullo e vittima, mentre ciò non avviene quando è presente una maggiore parità a livello di forza fisica o psicologica. In questo caso non si può parlare di un atto di bullismo, perché è in scena una relazione alla pari, in cui non c’è prevalenza di un individuo, ma un’alternanza di ruoli tra vittima e persecutore. Non possiamo parlare di bullismo inoltre quando rileviamo comportamenti molto gravi che si configurano come reati perché in questo caso si parla di atti anti-sociali e devianti.

 

Scopri di più sul bullismo leggendo anche:

Bullo, vittima, gregari e spettatori: gli attori del bullismo

Cosa possono fare i genitori?

Dott.ssa Maura Cavana – Psicologa

Riceve a Palazzolo sull’Oglio e Bergamo

maura.cavana@gmail.com

feramre il bullsimo, cosa possono fare i genitori

Bibliografia:
Bullismo a scuola, D. Olweus, 1996
http://www.stateofmind.it/2014/11/bullismo-conseguenze- eta-adulta/
http://www.stateofmind.it/2015/06/aggressivita-proattiva- reattiva-bullismo/
http://www.istat.it/it/archivio/176335

Le regole dell’infanzia: quanto servono?

Le regole dell’infanzia: quanto servono?

Dott.ssa Annalisa Croci

Le regole sono utili per educare, insegnare i limiti; il bambino ne ha bisogno, ma ovviamente ha bisogno anche di approvazione, riconoscimento e lodi . Volere bene al proprio figlio significa anche dare delle regole.

Senza regole infatti il bambino cresce “ onnipotente “, perciò al momento delle prime relazioni sociali gli sarà difficile tollerare le frustrazioni ed entrare in contatto con gli altri.

Le regole cambiano in base all’età, ad esempio fino al primo anno di vita il bambino è in uno stato di simbiosi, è un tutt’uno con la madre pertanto le regole pertanto possono riguardare i ritmi della giornata: cibo, spostamenti, attesa , ma devono tenere conto delle reali esigenze fisiologiche ed emotive del piccolo. Gli interventi dei genitori dovrebbero essere il meno punitivi possibile, ma rivolti a stabilire una routine e una scansione del giorno e dell’attesa.

Le regole dai due anni circa e all’età scolare cambiano poiché il figlio inizia ad avere il senso del tempo, dello spazio e dei rapporti di causa-effetto. Quindi è possibile stabilire regole e norme generali, per le quali può essere punito se non le rispetta. Dopo aver stabilito delle regole e è necessario comunicarle chiaramente al bambino. È possibile rimproverare o punire, ma prima le regole devo essere spiegate in modo semplice e comprensivo .Talvolta il piccolo reagisce con pianto e i capricci, essi possono rappresentare una modalità per tastare il terreno e comprendere fino a che punto i genitori sono intransigenti o accondiscendenti.Quindi : è compito dell’adulto fornire un limite, un contenimento.

Per i genitori qual’ è lo stile educativo migliore ?

Consiglio uno stile educativo stabile ossia fissare delle regole ed essere coerenti; ad esempio non essere indulgenti o punitivi a seconda dell’umore. Se l’atteggiamento degli adulti che si prendono cura di lui è altalenante e molto diverso, il bambino non comprende lo stile del genitore e quale siano i comportamenti adeguati e corretti.

Spesso i genitori faticano a dire di “ no “, si possono sentire confusi e disorientati nel proporre la regola,timorosi di essere i “ colpevoli “ delle sofferenze dei figli. Essere troppo accondiscendenti non aiuta sicuramente i piccoli e non aiuta loro a saper aspettare o rinunciare.

Quindi..

Il bambino ha bisogno di adulti che gli illustrino e gli ricordino continuamente dei sani comportamenti, non dimenticandosi il divertimento e la curiosità di scoprire ciò che ci circonda.

 

Dott.ssa Annalisa Croci

Psicologa psicoterapeuta

Cel. 334/2357696 – www.ascoltopsicologo.it

Potrebbero anche interessarti gli altri articoli della dott.ssa Croci:

Bambini hi-tec: le nuove tecnologie per bambini sotto i tre anni?

Come vivono il proprio corpo gli adolescenti?

Per i genitori: staccare la spina da telefono, lavoro e dedicarsi alla famiglia

Divertimento all’aria aperta: pescare con i bambini

Estate significa innanzitutto sole, acqua, abbronzatura e tanto, tantissimo divertimento. Soprattutto insieme alla propria famiglia e, dunque, ai propri bambini. E cosa c’è di meglio di andare tutti insieme a pesca, scoprendo la bellezza della natura e godendo della salubrità dell’aria pulita? Parliamo di uno sport che non solo è possibile svolgere in modo sostenibile, immergendosi nel verde senza causare danni né all’ambiente né alla fauna lacustre, ma anche di un hobby che consente di tenersi in allenamento da un punto di vista fisico, e di scaricare lo stress e le ansie. Anche se è difficile crederlo, la pesca è un’autentica manna dal cielo, particolarmente adatta alla stagione più bella dell’anno. Vediamo dunque tutti i consigli per pescare all’aria aperta con i figli durante questa estate 2016.

La giusta attrezzatura per le giuste tecniche

Fra le tipologie di pesca più divertenti da compiere con i figli, il carpfishing rappresenta un’opzione attraente: questa tipologia di pesca prevede il metodo del catch & release, ovvero dovrete rilasciare le carpe nell’acqua del lago poco dopo averle pescate. Pescare in modo sostenibile significa anche non utilizzare ami letali per i pesci, dunque sprovvisti di ardiglione.

In questo senso, sarà fondamentale dotarvi della giusta attrezzatura: per risparmiare senza rinunciare alla qualità, il consiglio è di acquistarla su siti web come Sportit.com, all’interno del quale potrete trovare tutte le attrezzature per le specifiche tecniche, come ad esempio i mulinelli per il carpfishing.

La licenza? Solo se maggiorenni

La pesca sportiva è un hobby regolamentato da una serie di leggi che servono per impedire ai pescatori di causare danni all’ambiente. Per questo motivo, voi genitori dovrete necessariamente possedere la corretta licenza per la pesca, da richiedere presso le sedi FIPSAS della vostra regione. Ed i bambini? La licenza diventa obbligatoria solo al compimento della maggiore età, dunque non dovrete richiederla per loro. In ogni caso, sarete voi i diretti responsabili dei vostri figli.

Ecco dove pescare a Brescia

Alcuni laghi sono molto pescosi, ma anche troppo grandi per permettere ai vostri figli di divertirsi. Proprio per questo, il consiglio è di partire da laghi più piccoli e con fondali bassi: l’ideale per imparare a pescare tirando su piccoli pesci come trote e scardole. Se amate il carpfishing, i laghi Mella in provincia di Brescia sono l’ideale. Il lago Buffalora, invece, è più basso e piccolo, dunque l’ideale per i bimbi. Anche il lago Giardinetto, in questo senso, si rivela una scelta molto azzeccata. Se invece volete partire subito da una sfida, il fiume Oglio è quello che fa per voi.

Consigli per avvicinare il bambino alla pesca

Fategli vivere questa esperienza come un divertimento, e non come una competizione: stategli accanto, motivatelo ma fatelo sempre utilizzando il gioco. E nel caso in cui non dovesse riuscire a pescare nulla, distraetelo con altre attività ricreative per non far emergere la delusione. Infine, non dimenticate mai di insegnare al bambino il valore della vita e l’importanza di trattare i pesci con delicatezza e con rispetto, per evitare di procurargli tagli o di tenerli fuori dall’acqua troppo a lungo.

Piedini in crescita

E’ tempo di fare cambio di stagione! Finalmente si salutano i vestiti pesanti che ci hanno riscaldato nelle fredde giornate invernali per fare spazio ai leggeri vestiti estivi.

Bisogna ammettere che il cambio degli armadi è un rito non sempre apprezzato, ma fortunatamente tocca solo due volte l’anno. Il lavoro da fare è tanto, e chi se ne occupa è ben consapevole e  conscio di quanto sia una necessità. La soddisfazione e la comodità che ne deriva da questa sfaticata sono a beneficio dell’intera famiglia che, riconoscente, smetterà di ribaltare maglie e pantaloni pesanti ben stirati nella speranza di trovare un capo leggero, con buona pace di chi lava e stira, spesso le mamme.

Occorre davvero trovare quei due, tre, quattro, cinque, otto… giorni da dedicare al poco amato cambio armadi. I giorni necessari sono soggettivi così come le tecniche che ciascuno adotta, ogni casa ha un proprio sistema.

Il cambio di stagione in realtà è anche l’occasione che permette ai genitori di scoprire quanto siano cresciuti i propri bimbi. I capi dell’inverno passato facilmente non andranno più  l’inverno prossimo, così come spesso capita di aprire la scatola dei vestiti che si è accantonato l’estate prima e scoprire che il proprio cucciolo non potrebbe entrare in quegli abiti neppure volendo.

Per non parlare delle scarpe. Quelle addirittura non hanno stagione! Ci sono piedi che in un inverno, o in un’estate, sono capaci di crescere di  tre numeri e, a meno di avere fratelli o amici cui passare le scarpe, il discorso del cambio di stagione è assolutamente impensabile. Per non dover investire un capitale in calzature i genitori, più spesso le mamme, si affidano allo shopping online e sono sempre in cerca di siti di vendita scarpe a prezzi bassi. Come dar loro torto, con la velocità con cui crescono i piedi dei figli!

Lo shopping online è facile, fattibile a qualsiasi ora del giorno e della notte e ovunque, basta avere internet! L’accortezza è di verificare sempre le spese di spedizione, la questione dei resi e come vengono gestiti i cambi taglia. Meglio navigare bene il sito prima di procedere con l’acquisto per conoscere tutte le procedure ed evitare sorprese. Mi sono imbattuta in un sito che, oltre ad essere bello e facile da navigare, risponde chiaramente a tutti questi problemi: si chiama Pisamonas ed è facilmente riconoscibile dalla simpatica scimmietta che sorride. Arrivato nel web italiano da poco vanta un mix unico:lo shopping online unito con il servizio del negozio sottocasa!

Li ho trovato che quest’estate sono di gran moda le minorchine: i sandali estivi originari  di Minorca comodissimi per i bambini, ma che anche mamma e papà apprezzano molto. Sono calzature nate per un’esigenza: lavorare la campagna e quindi comode, resistenti, solide e durature e non potrebbero non essere così.

scarpe_bambini_estate_2016_minorchine_pisamonas

Per la spiaggia sono sempre molto apprezzati quei sandali che lasciano i bambini liberi di giocare avanti e indietro nel mare senza rischiare di pungersi. Sereni i bimbi, sereni i genitori!

Le infradito sono un classico immancabile, ma non scordiamoci che è sempre buona cosa permettere ai bambini di camminare scalzi, almeno in casa. E’una buona abitudine che rinforza la pianta del piede e permette ai bambini di scoprire sensibilità nuove.

Così dopo una dura giornata a lavare, stirare e riordinare armadi non resta che rilassarsi in uno shopping sfrenato cercando online sandali freschi e confortevoli per bambini per stare al passo con la crescita dei loro piedi!

 

Giornata per i Diritti dell’Infanzia

Il 20 novembre  1989, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato il trattato sui diritti umani più condiviso e ratificato di tutti i tempi: la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

Il testo, costruito armonizzando differenti esperienze culturali e giuridiche, enuncia per la prima volta i diritti fondamentali che devono essere riconosciuti e garantiti a tutti i bambini e le bambine del mondo.

Tutti i genitori e gli adulti responsabili dovrebbero conoscere in dettaglio questo documento al fine di essere, ognuno nel proprio ambiente e attraverso le proprie opportunità, difensori consapevoli e convinti dei diritti di ogni bambino che nasce.

Il documento vede nei bambini e negli adolescenti non solo degli oggetti di tutela, ma soprattutto dei soggetti di diritto, proponendo una nuova consapevolezza sul valore che l’infanzia rappresenta per l’intero pianeta.

Il trattato completo al seguente link , questi i punti principali affrontati dai vari articoli

diritti_bambini_pimpa

  • Chi ha meno di 18 anni ha tutti i diritti elencati nella convenzione.
  • Ogni bambino e ragazzo ha i diritti elencati nella convenzione; non ha importanza il colore della pelle, né il sesso, né la religione, non ha importanza che lingua parla, né se ha disabilità o meno, né se è ricco o povero.
  • Il Governo e i genitori devono fare quello che è meglio per tutelare il benessere del bambino
  • Tutti devono riconoscere che i bambini hanno il diritto alla vita
  • Ogni bimbo ha il diritto di avere un nome, una nazionalità e il diritto di conoscere i tuoi genitori e di venire accudito da loro.
  • Il bambino non può essere separato, contro la sua volontà, dai genitori. La legge può decidere diversamente quando il bambino viene maltrattato. Il bambino separato dai genitori deve mantenere i contatti con essi. Quando la separazione avviene per azione di uno Stato (carcerazione dei genitori, deportazione, ecc.) il bambino deve essere informato del luogo dove si trovano i suoi genitori
  • Il bambino ha diritto ad andare in qualsiasi Stato per unirsi ai genitori. Se i genitori abitano in Stati diversi, il bambino ha diritto di mantenersi in contatto con loro.
  • Il bambino non può essere portato in un altro Stato illecitamente. Tutti gli Stati si devono mettere d’accordo per garantire questo diritto.
  • Il bambino deve poter esprimere la propria opinione su tutte le cose che lo riguardano. Quando si prendono decisioni che lo interessano, prima deve essere ascoltato.
  • Il bambino ha il diritto di imparare e di esprimersi per mezzo delle parole, della scrittura, dell’arte e così via, a meno che queste attività non danneggino i diritti degli altri.
  • Il bambino ha il diritto di appartenere alla religione che preferisce. I genitori dovrebbero aiutarlo a distinguere fra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
  • Il bambino ha il diritto di incontrare altre persone, fare amicizia con loro, e fondare delle associazioni, a meno che ciò non danneggi i diritti degli altri.
  • Il bambino ha il diritto di avere una vita privata. Per esempio, può tenere un diario che gli altri non hanno il diritto di leggere.
  • Il bambino ha il diritto di raccogliere informazioni dalle radio, dai giornali, dalle televisioni, dai libri di tutto il mondo. Gli adulti dovrebbero assicurarsi che  riceva delle informazioni che può capire.
  • I tuoi genitori dovrebbero collaborare per crescere serenamente i bambini  e dovrebbero fare quel che è meglio per loro
  • Nessuno dovrebbe fare del male in nessun modo ai bambini. Gli adulti dovrebbero assicurare protezione da abusi, violenze, negligenze e sfruttamenti
  • In caso di assenza dei genitori o se vivere con loro è pericoloso i bambini hanno il diritto di essere protetti ed aiutati in modo speciale, così come in caso di adozione, rifugio e disabilità
  • I bambini hanno il  diritto di godere di una buona salute. Ciò significa che dovrebbero ricevere cure mediche e farmaci quando in caso di malattia. Gli adulti dovrebbero fare di tutto per evitare che i bambini si ammalino, in primo luogo nutrendoli e prendendosi cura di essi.
  • I bambini hanno il diritto ad uno standard di vita sufficientemente buono. Ciò significa che i  genitori hanno l’obbligo di assicurare cibo, vestiti, un alloggio, etc. Se i genitori non possono permettersi queste cose, il governo dovrebbe aiutarli.
  • I bambini hanno il diritto di ricevere un’istruzione. L’istruzione di base fino a 15 anni deve essere gratuita. Lo scopo dell’ istruzione è di sviluppare al meglio la  personalità, i  talenti e le capacità mentali e fisiche. L’istruzione dovrebbe anche preparare a vivere in maniera responsabile e pacifica, in una società libera, nel rispetto dei diritti degli altri, e nel rispetto dell’ambiente.
  • Se si appartiene  ad una minoranza si ha  il diritto di mantenere la tua cultura, professare la tua religione e parlare la tua lingua.
  • I bambini hanno il diritto di giocare.
  • I bambini hanno il diritto di essere protetti dal lavorare in posti o in condizioni che possano danneggiare la  salute o impedire l’ istruzione. Se il  lavoro produce un guadagno dovrebbero essere pagati in modo adeguato.
  • I bambini hanno il diritto di essere protetti dalle droghe e dalle attività illegali volte a produrre e spacciare droghe.
  • I bambini hanno il diritto di essere protetti dagli abusi sessuali.
  • A nessuno è permesso rapire o vendere bambini
  • A nessuno è permesso punire in maniera che umili o ferisca gravemente. Non dovrebbero mai essere rinchiusi in prigione, se non come rimedio estremo.
  • Il bambino ha il diritto di difendersi se accusato di aver commesso un crimine. La polizia e gli avvocati e i giudici in aula dovrebbero trattarlo con rispetto assicurandosi che capisca quello che sta succedendo.
  • Tutti dovrebbero sapere che esiste questa convenzione.

 

#OFF4aDAY

Sono molte le iniziative messe in atto contro il bullismo e in particolare contro il cyber-bullismo.

In particolare segnalo #OFF4aDAY: un progetto promosso dal MOIGE– Movimento Italiano Genitori e da Samsung, con il patrocinio della Polizia di Stato, che ha l’obiettivo primario di sensibilizzare ragazzi e adulti sulla prevenzione al fenomeno del cyberbullismo

Il progetto prevede la nascita del primo centro di supporto per le vittime di cyberbullismo che risponde ai seguenti contatti : 393.300.90.90 (numero verde) e help@off4aday.it

La campagna invita inoltre  tutti a “spegnersi” per un giorno e a promuovere il messaggio dell’iniziativa e il servizio di ascolto insieme a Samsung, impegnata a portare i benefici della tecnologia a tutti, ma anche attenta ai rischi che in particolare i più giovani possono correre per un utilizzo scorretto.

Le nuove tecnologie incidono infatti su comportamenti e “vita reale”: se in passato le conoscenze avvenivano nei luoghi pubblici o nelle case, oggi, invece, si fa amicizia online e si stringono legami istantanei, talvolta anche ambigui, per cui la comunicazione e l’incontro sono tecno-mediati e alla relazione si sostituisce la “connessione”. Ciò può essere pericoloso, soprattutto per i ragazzi, che possono sentirsi protetti dietro a uno schermo, e questo può portarli a diventare impulsivi, superficiali e talvolta dannosi per gli altri. Il cyber-bullismo ne è un esempio: si comincia con una presa in giro verso qualcuno, che online raccoglie consensi, si esalta, si trasforma, diviene caricatura. Il contenuto mette al centro un individuo che si ritrova coperto di ridicolo, anche se non si conosce personalmente, talvolta cercato e perseguitato, intrappolato. Se non si interviene in tempo, si può arrivare a distruggere la vita di una persona, specie se in età formativa.

Per approfondire vi invito a rivedere gli articoli dei nostri esperti ai seguenti link:

 

Maggiori informazioni sul progetto sul sito www.moige.it

Il complesso di Edipo

A tutti noi capita spesso di sentire nominare il “complesso edipico” in televisione, leggendo libri, giornali, parlando con altre mamme o insegnanti. Ma sappiamo realmente di cosa si tratta? Ora, ripercorrendo il mito stesso di Edipo e la trattazione di Freud la nostra esperta, al dott.ssa Tania Vetere, ce ne darà una spiegazione.

IL COMPLESSO EDIPICO

IL MITO DI EDIPO (Secondo un racconto di Sofocle)

“A Laio e Giocasta, sovrani di Tebe, fu predetto dall’oracolo che loro figlio avrebbe ucciso il padre e sposato la madre. Intimoriti da questa previsione, affidarono il neonato ad un pastore che avrebbe dovuto abbandonarlo ma questi, intenerito dall’innocenza della piccola creatura, lo portò a Corinto, dove fu adottato da Polibo, re della città, il quale pur essendo sposato non era ancora riuscito ad avere figli. Un giorno accadde che Edipo, cresciuto e istruito a corte come un vero e proprio principe, si sentì accusare di essere un bastardo, ed egli, preoccupato e incuriosito, andò a chiedere spiegazioni all’oracolo di Delfi che gli comunica la profezia secondo cui, un giorno, si macchierà dell’omicidio di suo padre e sposerà sua madre. Edipo, convinto di essere figlio dei sovrani di Corinto, per evitare che la predizione potesse compiersi, scappa verso Tebe. Lungo la strada ha una disputa con un nobile locale, che si rivelerà poi essere Laio, re di Tebe e padre naturale di Edipo, che si conclude con la morte di quest’ultimo per mano del figlio. Arrivato a Tebe, suo paese nativo, la trova infestata dalla Sfinge, un mostro che, insediatosi nel centro della città, poneva domande a tutti coloro che gli passavano dinanzi, uccidendo chiunque non avesse saputo rispondere. Edipo riesce a rispondere esattamente all’enigma sottopostogli dal mostro (*L’enigma della Sfinge*), che di conseguenza, sconfitto, si uccide. Per aver liberato la città dal mostro, viene nominato principe e sposa Giocasta, inconsapevole del fatto che fosse la sua madre naturale, e ne ha quattro figli. All’arrivo di una pestilenza, Creonte, il fratello di Giocasta, si reca dall’oracolo per conoscere i motivi dell’epidemia, e questo gli rivela che la causa è la presenza di un patricida in Tebe; tornato in città informa la sorella ed Edipo, e quest’ultimo s’incarica di provvedere. Si rivolge a Tiresia, una veggente che prova in tutti i modi a dissuadere il re di Tebe dal voler conoscere la verità, ma poi gli rivela che il colpevole in realtà e lui stesso. Dopo aver messo a confronto varie testimonianze, conscio delle proprie colpe, Edipo si accieca, mentre la madre si toglie la vita.”

Il complesso di Edipo è un concetto originariamente sviluppato nell’ambito della teoria psicoanalitica di Sigmund Freud per spiegare la maturazione del bambino che conduce verso l’identificazione col genitore del proprio sesso passando attraverso il desiderio nei confronti del genitore del sesso opposto. Questa tappa si struttura come una delle fasi essenziali nella formazione della personalità e dell’orientamento del desiderio, ed è un vero e proprio organizzatore della vita affettiva presente e, soprattutto, futura. Ma non solo, esso conduce anche alla formazione del Super-Io, definito da Freud come la nostra “coscienza morale”, etica.

Questo fenomeno si basa sul mito greco di Edipo (riportato brevemente nel paragrafo precedente), il quale, a sua insaputa, uccise suo padre Laio e, altrettanto inconsapevolmente, sposò sua madre Giocasta. Nella concezione classica freudiana, infatti, il complesso edipico indica un insieme di desideri sessuali ambivalenti che il bambino prova nei confronti delle figure genitoriali: desiderio di morte e sostituzione nei confronti del genitore dello stesso sesso e desiderio di possesso esclusivo nei confronti del genitore di sesso opposto.

Relativamente alle fasi dello sviluppo psicosessuale (teoria freudiana), esso insorge durante la fase fallica, cioè dai 3 anni fino ai 5 anni circa.

La risoluzione (superamento) del complesso apre la via alle identificazioni, in particolare con il genitore dello stesso sesso, attraverso la rinuncia al soddisfacimento sessuale con il genitore di sesso opposto (divieto dell’incesto).

Il bambino, attraverso l’ammirazione e la gelosia per il genitore dello stesso sesso e per evitare il conflitto con lui e piacere alla madre, si identifica con il padre, mentre la bambina, per evitare il conflitto con la madre e piacere al padre, si identifica con la madre (definito da Freud “Complesso di Elettra”, versione femminile del complesso edipico). Attraverso questa dinamica di colpa, timore e identificazione, il bambino acquisisce la consapevolezza dell’appartenenza al genere sessuale, consolida cioè la sua “identità di genere”.

In conclusione: non spaventiamoci se capita che nostro/a figlio/a ci allontani per starsene solo/a soletto/a con l’altro genitore. Ora sappiamo che si sta realizzando un’importantissima tappa dello sviluppo personale del nostro bambino, limitiamoci ad accettarlo, aiutando quest’ultimo a viverlo nel migliore dei modi.

Dott.ssa Tania Vetere – Psicologa

Genitori e internet, la guida

Utilizzare internet e le sue potenzialità permette di essere sempre aggiornati, collegarsi con più parti del mondo; allo stesso tempo consente di accedere a chat e social network che modificano le interazioni reali  mascherando le difficoltà, proteggendo o distorcendo le emozioni.
Sempre più spesso anche minori utilizzano il web, ciò li espone a rischi. E’ necessario che gli adulti, quindi i genitori, si aggiornino sulle modalità di funzionamento, al fine di prevenire disagi e disturbi.

Arriva una  guida per genitori, educatori, insegnanti sul mondo della rete chiara ed immediata scaricabile gratuitamente.

Segue il link per scaricare una guida gratuita al mondo della rete

Strumento a cura di Dott.ssa Annalisa Croci, psicoterapeuta

cel. 334/2357696

www.ascoltopsicologo.it

Generazioni connesse

Il Safer Internet Centre raggruppa alcune fra le principali realtà nazionali che hanno a cuore l’uso responsabile, positivo e consapevole di internet e delle tecnologie digitali da parte dei più giovani.

Hanno realizzato e continuano a progettare, programmi di educazione e sensibilizzazione perché usare internet in tutta sicurezza è un bene troppo prezioso per essere sprecato.

I destinatari del progetto sono bambini, adolescenti, ragazzi , genitori e docenti cui sono dedicate sezioni specifiche con materiali di suporto e sostegno nell’affrontare temi difficili quali:

  • dipendenza online
  • cyberbullismo
  • sexting
  • pivacy
  • grooming
  • pedopornografia
  • gioco d’azzardo
  • videogiochi
  • malware e phishing
  • adescamento
  • cyberbullismo

 

con modalità diverse a seconda dei destinatari dei contenuti.

Divertente è la sezione dedicata ai Supererrori, interessante spunto di riflessione per i ragazzi su pratiche che mettono in atto e che possono provocare seri pericoli e disavventure in rete. L’obiettivo è stimolare la criticità e la consapevolezza dei ragazzi, oltre alla loro padronanza delle risorse della rete.

 

 

 

Trovi tutto raccolto sul sito Generazioni connesse

Il Cyberbullismo

Continua la riflessione della dott.ssa Tania Vetere sul bullismo e più in particolare sul cyberbullismo.

Occorre conoscere per attivarsi. Buona riflessione!

Molestie virtuali ad effetto disastroso: IL CYBERBULLISMO

Ogni giorno siamo martellati (e disgustati…) da notizie di ragazzi che hanno ceduto sotto il peso delle molestie attuate nei loro confronti da veri e propri bulli tramite blog, social network, mail, SMS, MMS e altri canali interattivi. Questo nuovo fenomeno è stato definito Cyberbullismo proprio perché riguarda atti di bullismo, che vengono perpetrati attraverso mezzi elettronici e internet.

Il fenomeno del cyberbullying è in costante aumento: Schneier individua nella mancanza di visibilità, nell’anonimato, la pericolosità del “bullo elettronico”. Il bullo tecnologico pensa di molestare e perseguitare senza poter mai essere scoperto, barricandosi dietro la cosiddetta “mask of electronic anonymity”. Nel contesto del cyberbullying infatti, l’”Identità Reale” viene sostituita dall’ “Identità Virtuale”. Questa situazione di pseudo-anonimato tende ad indebolire le remore etiche che ognuno di noi abitualmente segue ed ascolta: spesso la gente fa e dice online cose che non farebbe o direbbe mai nella vita reale.

Un’ulteriore specificità del fenomeno cyberbullismo risiede nella modalità di trasmissione del messaggio denigratorio o aggressivo che, a differenza del bullismo tradizionale, non avviene di persona. Ogni qualvolta il materiale oggetto di queste violenze finisce in rete è difficile che venga rimosso o cancellato. Questo fa sì che la vittima si senta ancora più impotente, rinforzando lo sbilanciamento di potere tra gli attori coinvolti (bullo e vittima), elemento tipico del bullismo tradizionale.

Oltre al persecutore e alla vittima, nel cyberbullismo assistiamo alla piena partecipazione di tutti quei personaggi che nel caso del bullismo tradizionale sarebbero stati considerati secondari: si tratta di tutti quegli “spettatori”, i cosiddetti bystanders, che osservano il fenomeno ma non intervengono a favore della vittima e condividendo i video o le foto sui social network alimentano la portata della sua pericolosità, dando vita a un vero e proprio processo di vittimizzazione.

Inoltre, mentre il bullismo tradizionale è un fenomeno circoscritto a determinati momenti della giornata, come ad esempio l’orario scolastico, e a luoghi specifici (ad esempio i corridoi della scuola), nel cyberbullismo le aggressioni risultano essere ininterrotte, agendo anche quando la vittima è a casa, rendendo così la dimensione spazio-temporale potenzialmente illimitata. Nancy Willard, Direttore del centro americano per l’utilizzo sicuro e responsabile di Internet (Center for safe and responsible internet use), nel suo libro “Educator’s Guide to Cyberbullying” ha individuato differenti tipologie di cyberbullismo:

1. Flaming: spedizione di messaggi online offensivi e volgari indirizzati ad un singolo o ad un gruppo di persone. Il caso tipico è rappresentato da insulti verbali all’interno di forum di discussione on-line.

2. Molestie (Harassment): spedizione ripetuta e ossessiva di messaggi insultanti mirati a ferire qualcuno.

3. Denigrazione (Put-downs): spedizione di mail, sms, post su blog a diversi soggetti con lo scopo di danneggiare gratuitamente la reputazione di un singolo.

4. Sostituzione di persona (Masquerade): farsi passare per un’altra persona per spedire messaggi o per pubblicare contenuti volgari e reprensibili.

5. Rivelazioni (Exposure): rendere pubbliche informazioni riguardanti la vita privata e intima di una persona.

6. Inganno (Trickery): ottenere la fiducia di qualcuno con l’inganno per ottenere confidenze, racconti privati, spesso imbarazzanti, al fine di renderli pubblici o condividerli con un gruppo di persone.

7. Esclusione (Exclusion): esclusione intenzionale di un soggetto da un gruppo online (“lista di amici”), da una chat, da un game interattivo o da altri ambienti protetti da password.

8. Cyber-persecuzione (cyberstalking): molestie e denigrazioni ripetute e minacciose mirate a incutere paura che spesso sfocia in vero e proprio terrore per la propria incolumità fisica.

9. Cyberbashing o happy slapping: comportamento criminale che ha inizio nella vita reale (un individuo un gruppo di individui molestano fisicamente un soggetto mentre gli altri riprendono l’aggressione con il videotelefonino) e che poi continua, con caratteristiche diverse, on line: le immagini, pubblicate su internet e visualizzate da utenti ai quali la rete offre, pur non avendo direttamente partecipato al fatto, occasione di condivisione, possono essere, commentate e votate. Il video ‘preferito’ o ritenuto il più ‘divertente’ viene, addirittura, consigliato.

Alcune delle conseguenze comportamentali più frequentemente rilevate nelle vittime del Cyberbullismo sono: un maggiore assenteismo a scuola e più basse prestazioni scolastiche (Katzer, Fetchenhauer, & Belschak, 2009); a livello psicologico sono stati identificati effetti come la depressione (Didden et al, 2009), l’ansia sociale (Juvoven & Gross, 2008) e una bassa stima di sé (Katzer et al, 2009). Come accennato inizialmente, spesso questo senso di inferiorità e di inadeguatezza delle vittime sfocia nel più drammatico e disperato degli agiti: il suicidio. Sappiamo tutti che in adolescenza le punizioni ed i comportamenti di controllo eccessivo hanno un effetto controproducente. Stabilire invece una buona comunicazione tra genitori e adolescenti, piuttosto che investire tempo e risorse su software di monitoraggio della navigazione online, è uno dei più importanti fattori protettivi in grado di arginare il fenomeno del cyber bullismo, promuovendo innanzitutto un utilizzo consapevole e responsabile dei nuovi media da parte dei giovani. Non dimentichiamolo!

Dott.ssa Tania Vetere – Psicologa

Youtube Kids: cartoni a prova di bimbo

Youtube Kids: cartoni a prova di bimbo
Google ha pensato di dedicare un app esclusivamente per i bambini sotto i dieci anni e che sia adatta anche a quelli in età pre-scolare: si tratta di YouTube Kids, sostanzialmente differente per contenuti e funzionalità dal canale tradizionale.
L’idea è quella di mettere al sicuro i più piccoli da contenuti espliciti in cui spesso s’imbattono navigando con familiarità su dispositivi come tablet e smartphone ma anche al computer.
Ecco perché l’app YouTube Kids, rilasciata su Android e su iOS a partire dal 23 febbraio scorso, si presenta come quella che finalmente darà tranquillità ai genitori rispetto alla sicurezza della navigazione per i propri figli. Per ora è disponibile solo sul mercato americano ma si attende anche che in arrivi in Italia e in altri paesi a breve.

L’interfaccia è accattivante per la fantasia dei bambini con colori accesi, immagini, fumetti, e rende comunque facile accedere alle varie sezioni e ai vari contenuti.
Per i bambini che non sanno ancora leggere e scrivere c’è la guida vocale che rende tutto più semplice.
I genitori avranno la possibilità di pre-impostare il tempo da trascorrere davanti a You Tube Kids al termine del quale i bambini saranno avvisati da un messaggio vocale che la visione terminerà a breve.
L’archivio dei contenuti è stato selezionato ad hoc e la funzionalità che impedisce di accedere a contenuti non adatti alla loro età inserendo termini come “sesso” o affini, garantisce da qualsiasi pericolo.
Il bambino infatti si troverà davanti un messaggio di non disponibilità del contenuto e non gli sarà possibile accedere nuovamente se non dopo che i genitori avranno inserito un pincode.
A Google hanno anche pensato di preservare l’udito dei bambini lasciando solo la traccia di audio principale ed eliminando quei i rumori di sottofondo che possono creare inquinamento acustico.

Il successo dell’app YouTube Kids è assicurato da studi condotti negli Stati Uniti che parlano di un aumento della visualizzazione di contenuti sul canale tradizionale aumentata fino al 200% e la visualizzazione dei video in generale è in costante crescita, anche secondo dati riferiti al Regno Unito.
I bambini infatti sono propensi ormai a sostituire la tv con internet dove i genitori possono trovare cartoni, film, programmi preferiti subito disponibili, come accade per la tv on demand.
Nell’attesa che arrivi YouTube Kids anche nel nostro paese, per il momento conviene affidarsi ai servizi delle tv On Demand come Infinity tv, dove è possibile trovare in streaming cartoni animati in italiano e quindi contenuti sicuri, divertenti e mirati per i più piccoli.

Claudia Astolfi

 

 

“Mamma, quel bambino mi picchia!”. Il fenomeno del bullismo

Recentemente si sente molto parlare di bullismo, viene in notrso aiuto nella riflessione la psicologa Tania Vetere. Buona riflessione a tutti!

“Mamma, quel bambino mi picchia!” – il fenomeno del bullismo

Il termine bullismo deriva dall’inglese “Bullying” e si riferisce a un’oppressione psicologica o fisica perpetuata da una persona – o da un gruppo di persone – più potente nei confronti di un’altra persona percepita come più debole.

Tutti noi, genitori, insegnanti, amici, parenti, ci ritroviamo spesso a domandarci fino a che punto un ragazzino/bambino possa essere considerato semplicemente “vivace” oppure “preoccupante”; nel momento in cui notiamo comportamenti aggressivi, oppositivi, provocatori, ci spaventiamo, non riusciamo distinguere nettamente ciò che rientra nella “normalità” da ciò che potrebbe trasformarsi in “patologico”, non siamo certi del limite che differenzia queste due realtà.

Gli studi condotti sull’argomento riportano che la differenza tra le normali dispute tra bambini e gli atti di bullismo veri e propri consiste nella predeterminazione e – dunque – nell’intenzionalità che caratterizza questi ultimi, nella ripetitività nel tempo, nonché nella soddisfazione che gli autori di tali abusi ne traggono. E’ inoltre implicito un tratto sadico tipico di tali comportamenti ed esiste quasi sempre uno squilibrio di tipo fisico o numerico tra il bullo e la sua vittima.

Come forse già sappiamo, ciò che caratterizza questo fenomeno è anche il fatto che la maggior parte di questi atti si verifica nelle scuole, in particolare nei corridoi e nei cortili di queste, ma anche nei pressi degli istituti scolastici o comunque nei luoghi frequentati dai gruppi di bambini.

Sembrerebbero esistere delle differenze di genere significative: i bulli sono prevalentemente maschi, ma esiste altresì una notevole percentuale di femmine in grado di mettere in atto comportamenti di bullismo; le ragazze parrebbero preferire il bullismo nella forma verbale e ancor più in quella indiretta (isolamento sociale, dicerie sul conto della vittima, calunnie e Cyberbullismo), piuttosto che in quella fisica, più prettamente maschile.

Tra le conseguenze più comuni che riguardano le vittime del bullismo spiccano la perdita di autostima e di sicurezza: questo vissuto di disagio e di stress può portare a sviluppare sintomi psicosomatici tipici dei disturbi da stress, quali mal di testa, mal di pancia/disturbi gastrico-intestinali, disturbi del sonno e pavor nocturnus (terrore notturno), disturbi d’ansia, fino a veri e propri attacchi di panico.

Questa condizione può influire negativamente anche sullo sviluppo delle capacità di concentrazione e, dunque, di apprendimento. Nei casi più gravi il vissuto traumatico e depressivo può indurre le vittime a metter in atto comportamenti a rischio che talvolta possono portare anche a gravi fenomeni di autolesionismo, poiché la vittima arriva ad autocolpevolizzarsi per l’accaduto, e persino alla morte (tentativi di suicidio). Questo rischio è davvero molto elevato, come ci conferma la triste cronaca sull’argomento.

Per quanto riguarda la prevenzione di questo fenomeno, sempre più presente nella nostra quotidianità, le ricerche sottolineano l’importanza di interventi focalizzati sui genitori e sul loro stile educativo; inoltre rilevano la necessità di investire risorse in programmi preventivi finalizzati alla promozione dei comportamenti prosociali nelle varie fasi dello sviluppo. Infatti, atteggiamenti e comportamenti prosociali contribuiscono all’attivazione di processi di mediazione utili per la costruzione di un buon adattamento scolastico e sociale.

Pensiamo ora ad uno dei tanti casi di bullismo, quello avvenuto a Roma poche settimane fa che vede protagonista un bambino di 5 anni (link: http://www.huffingtonpost.it/2015/02/19/bambino-bullo-asilo_n_6711612.html): una delle maestre stava cercando (sembrerebbe anche con successo) una soluzione al comportamento aggressivo del bambino con la collaborazione dei genitori; la madre difende “a spada tratta” il figlio, pur non essendo in grado di fornire giustificazioni attendibili (“Mio figlio è più bello dei vostri!”); i genitori degli altri bambini della classe lo accusano di essere un “bullo violento” ed allontanano i figli da lui. Potremmo chiederci dove stia la verità, chi abbia ragione, chi abbia torto, da dove scaturisca il comportamento aggressivo del bambino e se sia effettivamente un caso di “bullismo”.

Certamente in questa sede nessuno di noi è in grado di dare una risposta certa! Ma ciascuno può indubbiamente riflettere su quante differenti interpretazioni e punti di vista possano scaturire da un singolo episodio…

Dott.ssa Tania Vetere – Psicologa