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Autore: Laura Lorenzini

Tutte le frasi che fanno infuriare i nostri figli

Tutte le frasi che fanno infuriare i nostri figli

Piccola guida e certamente aiuto alla riflessione sulla comunicazione coi figli, per renderla più efficare!

Buona lettura

Molte sono le frasi che diciamo ai nostri figli senza pensarci, per abitudine, perché non ci siamo mai fermati ad analizzare il messaggio che trasmettono: “Te l’avevo detto!”; “Guarda tuo fratello…”; “Mai una volta che si possa contare su di te!”; “Non sei capace di stare attento?”; “Cerca di non farmi fare brutte figure.” Questo libro è un manuale semplice sulla comunicazione tra noi genitori e i nostri figli, che ci aiuta a metterci nei panni dei ragazzi per capire qual è il messaggio che arriva loro quando usiamo certe frasi.

di Laniado Nessia

ed. Red Edizioni (2005)

I disobbedienti

Vi sottopongo questa piccola ricerca,condotta da Sonia Cecchin che parla e spiega la disobbedienza in modo semplice (Marco V. Masoni  www.formazione-studio.it )

Buona riflessione!

“IL DISTURBO OPPOSITIVO PROVOCATORIO”

 

Secondo il  DSM V(Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders),i criteri del disturbo oppositivo provocatorio sono stati riorganizzati in tre distinte categorie:

  • umore rabbioso/irritabile,
  • comportamento ostinato/oppositivo
  • comportamento vendicativo

Bene… Non posso fare a meno di chiedermi se, nella mia  carriera di insegnante, io abbia incontrato questi ragazzi, se sono gli stessi che noi da sempre abbiamo definito come  monelli, teste dure, ostinati, polemici, provocatori, disobbedienti, ecc. ecc.

Ben inteso non voglio semplificare o sminuire quella che, in un testo autorevole e accredidato, viene definita una  patologia che richiede cure specifiche psicoterapiche e anche farmacologiche nei casi più gravi. Ho personalmente sperimentato  che alcuni ragazzi che ho conosciuto, (sembra che l’incidenza dei casi si registri più nel sesso maschile)  ridimensionino il loro” disturbo” nel momento in cui si introduce un cambiamento nel modo di gestire la relazione educativa. Probabilmente ciò è stato possibile perché ho avuto a che fare con casi non troppo “gravi”. La soluzione da mettere in atto sembrerebbe semplice, ma nella pratica non lo è, richiede allenamento e non solo. Io mi sono allenata molto fin da quando, a 19 anni, ho iniziato ad insegnare in una scuola elementare del quartiere Comasina di Milano. A quei tempi tornavo a casa spesso in preda allo sconforto. Mi avevano assegnato una supplenza annuale in una  quarta elementare; sulla porta della classe c’era scritto in una grafia stentata:” Noi siamo la classe che manda via tutte le supplenti”! Era vero, ci erano riusciti, io ero la terza nel giro di 10 giorni. Ci misi circa un mese a stabilire quello che oggi viene chiamato “setting d’aula”!!! Ricordo il momento: fu quando il leader indiscusso della classe (un ripetente di 12 anni) disse:”Silenzio!Parla la Sonia!” Non avevo allora alcuna esperienza né alcuna “teoria di riferimento”, mi supportava solo un diploma di Istituto Magistrale una grande motivazione a fare questo mestiere. Oggi insegno in un Liceo, non so se alcuni ragazzi/ ragazze con cui ho avuto e ho a che fare si possono definire affetti da un lieve o significativo disturbo oppositivo provocatorio che si manifesta nelle sue diverse declinazioni, so però che è possibile “guarire”o per lo meno i “sintomi”, in ambito scolastico, possono essere fortemente attenuati. I diversi contesti di relazione  possono farli insorgere, contenere o , in alcuni casi, li possono far scomparire.

Non credo di aver titolo per  indicare “la terapia…”. Dai commenti dei ragazzi è facilmente intuibile cosa occorre fare… Beh certo io un’idea un po’ me la sono fatta in quasi 30 anni di insegnamento!!!

Però visto che quando non si è sicuri di una cosa su qualcuno/qualcosa è sempre meglio chiedere, ho intervistato circa 80  ragazzi e ragazze sul tema della disobbedienza/obbedienza.

Ho registrato le risposte e le affermazioni più ricorrenti condivise dal mio campione.

Il tema del rispetto, della dignità, dell’attribuzione di senso, di significato, della modalità/stile di relazione e di leadership sembrano essere le variabili più significative.

Niente di particolarmente nuovo. Per me la conferma della validità e dell’efficacia di un approccio che pratico quotidianamente, che ho imparato ad applicare e ad affinare non senza qualche difficoltà e qualche insuccesso!

Ecco cosa ne pensano gli studenti.

 Io obbedisco più facilmente se..

  • Me lo chiedono in modo gentile ed educato.
  • Non mi fanno sentire uno stupido.
  • Se chi me lo ordina è una persona di cui ho stima e rispetto, se è così faccio anche cose che non mi piacciono.
  • Se quello che mi ordinano lo capisco.
  • Se ha un senso per me.
  • Se a chi ordina gli ho visto fare quella cosa. Se mi dà l’esempio.
  • Se ho scelto di obbedirgli.
  • Se non usano il tono dell’ordine e non gridano.
  • Se non mi fanno sentire un bambinetto.
  • Se mio padre mi guarda in un determinato modo…quando è così è meglio che obbedisca!
  • Se vado “giù” ( in vacanza al Sud) ho notato che si obbedisce di più. Lì non si discute, si obbedisce e basta.

Le persone che chiedono obbedienza devono essere: 

  • democratiche,carismatiche ,empatiche
  • Se sono prof. devono anche trasmettere passione e competenza.
  • Per esempio noi a lei obbediamo perché…Perché non so è diversa dagli altri, ha uno stile…strano e poi ci ascolta. A volte sembra che lei entri nelle nostre teste, sa già quello che pensiamo. Non so lei.. Lei va un po’ contromano!!!

Ho disobbedito quella volta che…

  • Ho sentito che voleva proprio impormelo!
  • Ho sentito come un malessere era proprio ingiusto.
  • Non teneva conto del mio bisogno, c’era solo il suo…
  • C’erano troppe regole da rispettare.
  • Mi stava proprio antipatico, soprattutto il suo tono.
  • Non capivo il perché, mi sembrava così assurdo, insensato.
  • Una sera mio papà mi ha detto di caricare la lavastoviglie perché mia madre era stanca. Se fosse stato per mia madre l’avrei anche fatto. Siccome me lo ha detto mio padre che stava “spaparazzato” sul divano, ho detto di no. Quando vedrò anche lui caricare la lavastoviglie lo farò…
  • Avevo bisogno di andare in bagno e siccome con la Prof. X non dobbiamo chiedere il permesso perché interrompiamo la lezione, ho fatto così anche con la Prof. Y. Lei si è arrabbiata e ha detto che io sono tenuto a chiederle il permesso. Gli ho risposto che mi pareva assurdo chiedere il permesso per andare in bagno se uno ne ha bisogno. La prof. mi ha messo una nota!
  • Io obbedisco al mio allenatore perché c’è una ragione. Lui mi deve preparare ed è più competente di me.
  • Se dovessi per assurdo arruolarmi in un esercito certo che obbedirei, sta nei patti.
  • Io obbedisco e ascolto le persone che per me sono dei modelli di riferimento.
  • Non volevo andare al primo banco come mi aveva detto il Prof., mi sono sentito giudicato come uno che è disattento, ma non era vero! Così gli ho detto quello che pensavo, che mi sembrava una richiesta assurda e inutile. Mi ha detto di non fare lo strafottente, anch’io gli ho detto di non farlo con me. Poi sono andato al primo banco e mi sono pure preso una nota perché ero stato offensivo e maleducato. Ma se me lo avesse chiesto in modo diverso io non avrei fatto così, mi sono innervosito.
  • Quando continuano a dirmi cosa devo fare, va a finire che non faccio niente.
  • Una volta mia madre mi ha detto di mettere a posto la stanza e io,  visto che era davvero incasinata, mi sono messa a farlo. Mentre lo facevo è entrata e ha detto:” Non studi?” Ho smesso di riordinare e non ho nemmeno studiato!

Sonia Cecchin

Bimbi in forma, serve un giro di vita

Il ministero della salute offre sul proprio sito una mini guida per genitori sulla prevenzione del sovrappeso e obesità infantile

L’obesità rappresenta un importante fattore di rischio per la salute di ogni età ma, se presente già in età pediatrica, si può associare alla precoce comparsa di malattie tipiche dell’età adulta, quali diabete di tipo 2, ipertensione, iperlipidemia con conseguente precoce esposizione ai principali fattori di rischio per le malattie cardiovascolari e alcuni tipi di tumori.
L’obesità infantile è il risultato di un bilancio energetico positivo protratto nel tempo che si ha quando si introducono per molto tempo più calorie di quante se ne consumano. E’ dovuta a un insieme di concause: scarsa educazione alimentare, predisposizione genetica, stile di vita (spesso troppo sedentario), ambiente familiare e condizioni socioeconomiche.
È da sfatare la convinzione generale che un bambino diventa obeso solo perché mangia troppo; non sempre infatti, un bambino “cicciotello” è necessariamente un “mangione”; più di frequente capita che preferisca cibi molto calorici, ricchi di zuccheri e grassi, associati a bevande dolci.

Ricorda: è importante conoscere lo stato nutrizionale del tuo bambino, rivolgiti al tuo pediatra per controllare regolarmente peso e altezza di tuo figlio.

Genitori, accettare il problema è il primo passo

Si può parlare di obesità quando il peso del bambino supera del 20% il peso ideale (stabilito dal pediatra in base al sesso e all’altezza), di sovrappeso se lo supera del 10-20%. In certi casi si parla disuper-obesi: sono quei bambini il cui peso supera del 40% i valori normali.
L’ultima “fotografia” aggiornata dei bambini italiani e delle loro abitudini alimentari ci racconta che la strada per diffondere stili di vita corretti e ridurre il sovrappeso e l’obesità è ancora lunga.
L’indagine Okkio alla Salute 2014, condotta da Ministero e Istituto superiore di sanità, conferma livelli ancora elevati di eccesso ponderale tra i bambini di 8-9 anni con il 20,9% dei bambini in sovrappeso e il 9,8% in condizioni di obesità, con percentuali più alte nelle regioni del centro e del sud Italia. Inoltre è risultato che che molti genitori non hanno la percezione che il propio figlio è in sovrappeso.

La prima colazione è importante e deve essere sana e nutriente

La prima colazione permette di iniziare la giornata con energia, senza arrivare stanchi e affamati al pranzo, apporta circa il 20% delle calorie necessarie al fabbisogno quotidiano, adeguatamente ripartite fra proteine, grassi e carboidrati.
La maggior parte dei bambini tende a saltare la colazione, per mancanza di tempo, per abitudine consolidata anche dei genitori o per altri motivi. A volte la colazione si riduce a qualche cosa mangiato di corsa, mentre si scendono le scale o si sale in macchina per andare a scuola.
Abituamo invece i nostri bambini a fare una corretta prima colazione: svegliamoli dieci minuti prima in modo che abbiano il tempo di sedersi a tavola con tranquillità, facciamo in modo che diventi un piacevole momento da condividere insieme prima di affrontare la giornata.
Non fare colazione crea difficoltà di concentrazione e di memoria e basta poco per trasformare la “giusta colazione” in una “colazione sbagliata”:

  • 1 tazza di tè, o un bicchiere di latte, o solo qualche biscotto: è poco
  • 1 tazza di latte con 10 biscotti: è troppo.

Una buona colazione comprende:

  • latte o yogurt
  • pane o fette biscottate (con qualche cucchiaino di cacao, marmellata o miele), o biscotti, o cereali
  • frutta fresca

Sono tutti cibi perfetti per iniziare bene una giornata!
Inoltre per una buona merenda a metà mattinata possono bastare uno yogurt, un frutto o un piccolo panino.

Non più di 2 ore al giorno di TV e videogiochi

Purtroppo le attività dei nostri bambini sono sempre più sedentarie, spesso praticano sport soltanto per un’ora a settimana o anche meno, e guardano la TV e giocano con i videogiochi per più di 2 ore al giorno. Inoltre, solo un bambino su quattro va a scuola a piedi o in bicicletta.
Guardare la televisione, giocare con i videogiochi e usare il computer è divertente! L’importante è non esagerare: bisogna evitare di passare più di 2 ore al giorno davanti alla TV o al computer.

Inoltre la televisione nella camera da letto riduce il tempo dedicato al sonno, così importante per lo sviluppo, e contribuisce a diminuire le ore dedicate al gioco e all’attività fisica.
La TV nella camera da letto dei bambini va evitata!

Frutta e verdura più volte al giorno

Un’alimentazione eccessiva e scorretta durante l’infanzia oltre a causare un aumento di volume delle cellule adipose, determina anche un aumento del loro numero: da adulti si avrà una maggiore predisposizione all’obesità e una difficoltà a scendere di peso o a mantenerlo nei limiti. Sarà infatti possibile ridurre le dimensioni delle cellule adipose, ma non sarà possibile eliminarle. Intervenire durante l’età evolutiva è, quindi, di fondamentale importanza, perché ci dà la garanzia di risultati migliori e duraturi.

Un’alimentazione equilibrata e bilanciata nell’arco della giornata aiuta a mantenere il giusto peso e la mente attiva. Alimentarsi nella giusta maniera non è così difficile: vuol dire mangiare di tutto,senza esagerare nelle quantità.
È importante mangiare la frutta e la verdura più volte al giorno, ogni pasto o spuntino sono una buona occasione!
Frutta e verdura sono un valido aiuto per mantenersi in forma e sono fonte di vitamine, sali minerali e fibre di cui il nostro organismo ha bisogno.

Più acqua e meno bibite

L’acqua è indispensabile per il nostro organismo, di acqua sono ricchi anche la frutta e la verdura.
Abituate i vostri bambini a dissetarsi con acqua o spremute di frutta, senza esagerare con il consumo di bevande zuccherate. Con il tè, i succhi di frutta confezionati e le bevande dolci e gassate, non solo assumono acqua, ma anche zucchero!

Ricorda: i bambini abituati a consumare bevande zuccherate corrono più rischi rispetto all’obesità.

 

Movimento per almeno 1 ora al giorno

Quando parliamo di movimento non ci riferiamo solo ad attività sportive praticate una o due volte alla settimana, ma a
uno stile di vita attivo, fatto di gesti quotidiani. Muoversi fa bene non soltanto alla forma fisica, ma anche alle ossa, al cuore e persino all’umore. Non c’è bisogno di correre decine di chilometri, basta passeggiare, pedalare e fare qualche rampa di scale tutti i giorni, anche andare a scuola a piedi o in bicicletta è divertente e permette di dire no alla pigrizia.

L’attività fisica migliora le capacità di apprendimento e l’adattabilità dei bambini agli impegni quotidiani, favorisce un buon controllo emotivo, una migliore autostima e aumenta la capacità di socializzazione perchè è anche gioco e divertimento.

È importante che i bambini facciano attività fisica ogni giorno, vanno bene tutte le attività motorie e il gioco in movimento, magari all’aria aperta.

www.salute.gov.it

Le illustrazioni sono di Francesco Fagnani tratte da: Un anno in salute – Agenda 2014

 

L’ansia nei bambini: ossessioni e rituali

L’ansia nei bambini a volte può manifestarsi in forme molto particolari che possono mettere i genitori alla prova nel capire la differenza tra normalità e disturbo.

Cosa è l’ansia

Vorrei cominciare specificando che l’ansia è in generale una sorta di silenzioso malessere e la maggior parte delle persone che ne soffre tende a nasconderla.

Nei bambini può esprimersi con sintomi diffusi o specifici, può essere proiettata sulle relazioni sociali, può avere come oggetto il corpo oppure la mente e i suoi pensieri reali o irrazionali.
Sai bene che è impegnativo essere genitore di un bambino ansioso proprio perché a volte non sei  in grado di capire quale sia l’origine del suo timore.

Il bambino percepisce una sensazione di pericolo imminente che minaccia il suo stato di benessere.

Come di manifesta l’ansia nei bambini piccoli

Nei bambini piccoli l’ansia può presentarsi con:

  • disturbi dell’alimentazione
  • disturbi del sonno
  • irritabilità e agitazione
  • difficoltà a separarsi dal genitore.

Sono bambini che tendono ad essere poco esplorativi nel gioco e possono assumere dei comportamenti controllanti.

Come di manifesta l’ansia nei bambini in età scolare

In età scolare l’ansia comporta anche:

  • difficoltà di concentrazione,
  • affaticabilità
  • preoccupazione del giudizio degli altri
  • perfezionismo
  • comportamenti compulsivi
  • lamentele somatiche.

In questa fase possono essere presenti anche sentimenti depressivi che insieme all’ansia influenzano l apprendimento.

In generale il bambino che soffre di ansia si sente insicuro riguardo alla proprie capacità, è molto diffidente e ha paura di essere sopraffatto dalle proprie emozioni.

Ma affrontiamo adesso l’argomento dell’articolo.

Quando l’ansia trasforma i rituali dei bambini in ossessioni

Forse ti sei chiesto molte volte perché tuo figlio non esce di casa se non ha  spento e riacceso l’interruttore un numero preciso di volte, oppure perché ogni volta che rientra in casa si lava ripetutamente le mani e mostra un’eccessiva preoccupazione dello sporco, oppure perché evita di toccare i giochi degli altri bambini o di andare a casa di questi ultimi, oppure perché riordina e ricontrolla le sue cose in maniera ossessiva come un rituale fino a che gli oggetti non sono posizionati  in modo “giusto”; ecc.

In una certa misura i comportamenti ossessivi sono normali nei bambini (come non calpestare le righe, contare tutti gli scalini, le mattonelle, ecc.);  quando però questi comportamenti diventano molto invasivi e fastidiosi tali da bloccare lo svolgimento delle azioni quotidiane o un rallentamento delle stesse, bisogna considerarli da un’altra prospettiva.

Questi bambini infatti trascorrono molto tempo in attività che richiederebbero normalmente pochi minuti.

Sono in qualche modo “intrappolati” in queste idee ossessive:

  • contaminazione
  • ordine
  • controllo
  • accumulo
  • superstizione

che si intromettono in maniera indesiderata e senza apparente motivazione contro la volontà del bambino. Sono accompagnati da un sentimento d’ansia (indotto dal contenuto dell’ossessione stessa).

I comportamenti ripetitivi (ad es. lavarsi le mani, riordinare, controllare) o azioni mentali (ad es. contare, ripetere parole mentalmente, ecc.) sono messi in atto dal bambino quasi in modo obbligato in risposta ad un’ossessione, a prevenire l’ansia o il disagio o prevenire alcuni eventi o situazioni temuti.

Va da sé che “questi comportamenti o azioni mentali non sono collegati in modo realistico con ciò che sono designati a neutralizzare o a prevenire, sono chiaramente eccessivi.” (APA, DSM-5)
I bambini piccoli possono non essere in grado di articolare le ragioni di questi comportamenti manifestando una scarsa consapevolezza.

Quando le ossessioni e i rituali compulsivi causano un disagio clinicamente significativo e una compromissione del funzionamento in ambito sociale o in altre aree importanti, quando i membri della famiglia involontariamente assecondano la sintomatologia diventando parte dei rituali, possiamo parlare di un disturbo ossessivo compulsivo meglio conosciuto con l’acronimo DOC.

Nella maggior parte dei casi coinvolge in numero maggiore i maschietti e può manifestarsi in compresenza di un disturbo da deficit di attenzione/iperattività e/o disturbi dell’apprendimento.

Suggerimenti per genitori

Alcuni suggerimenti per i genitori:

  • È importante non etichettare il bambino come uno che fa “cose strane”
  • Non assecondare il bambino nel rituale
  • Non minimizzare il problema ma consultare uno specialista quando i  comportamenti si manifestano con una frequenza tale da invalidare e limitare il bambino e la famiglia nelle attività di vita quotidiana.
  • Evitare di negare ma parlare del doc come di qualcosa esterno a lui che lo spinge a fare le cose, magari dandogli anche un nome buffo come “brainbug” , baco della mente!

 

 

di Enrica Ciullo

fonte: www.forepsy.it

Mangia bene, cresci bene: campagna sana alimentazione

“Mangia bene, cresci bene”, la campagna informativa sulla sana alimentazione

Le regioni del centro-sud le più colpite: primato alla Campania con 1 bambino su 2 sovrappeso. 1 genitore su 2 non conosce i corretti stili alimentari.

In Italia 1 bambino su 4 è sovrappeso, 1 su 10 obeso.

Allarme sul consumo quotidiano di bibite zuccherate e gassate.

L’iniziativa promossa dal Moige – movimento genitori è realizzata con il patrocinio scientifico di SIPPS – società italiana di pediatria preventiva e sociale e di AMIOT – associazione medica italiana di omotossicologia e in collaborazione con GUNA S.p.A. Dall’indagine “L’obesità infantile: un problema rilevante e di sanità pubblica” (2015), a cura dell’Osservatorio del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’università “Milano Bicocca”, che raccoglie le principali ricerche nazionali ed internazionali in materia di alimentazione, emerge che l’Italia è uno dei Paesi europei più colpiti dal fenomeno dell’obesità infantile: nel nostro paese la prevalenza di sovrappeso in età pediatrica supera di circa 3 punti percentuali la media Europea, con un tasso di crescita/annua dello 0,5-1%, pari a quello degli Stati Uniti.

Le indicazioni emerse dalla prima rilevazione del WHO COSI Program evidenziano che i bambini italiani più soggetti a disturbi alimentari hanno tra gli 8 e 9 anni: a quest’età, 1 bambino su 4 è obeso e 1 su 2 sovrappeso; tra le bambine le percentuali scendono rispettivamente al 16% e al 41%. Diverse ricerche, riferite al contesto italiano, mostrano che, estendendo il campione tra i 6 e gli 11 anni, è sovrappeso 1 bambino su 4 (23,1%) mentre 1 su 10 (9,8%) è addirittura obeso. In ambito continentale obesità e sovrappeso prevalgono tra i minori dei paesi mediterranei (con percentuali che oscillano tra il 20 e il 36%), piuttosto che in quelli del nord Europa (tra il 10 e il 20%).

Anche in Italia il fenomeno ricalca le stesse differenze geografiche, con percentuali che vanno dall’8,2% al Nord, al 9,3% del Centro fino al 15,2% del Sud. La regione più colpita dal fenomeno è la Campania, dove 1 bambino di terza elementare su 2 è obeso o in sovrappeso; seguono Puglia,Molise Abruzzo e Basilicata, che evidenziano percentuali superiori al 40%. Gli adolescenti italiani in sovrappeso tendono a diminuire con l’aumentare dell’età, confermando la maggiore esposizione delle generazioni più giovani: a 11 anni ne soffre 1 ragazzo su 3 e 1 ragazza su 4; un dato che, raffrontato alle rilevazioni sui quindicenni, decresce, per ambo i sessi, di circa 10 punti percentuali.

I fattori che determinano l’obesità, oltre a quelli di natura genetica, sono principalmente legati al contesto socio-economico, familiare e agli stili di vita. Diverse indagini concordano nell’attribuire maggiore predisposizione a diventare obesi a soggetti che vivono in condizioni “disagiate”. Il dato più preoccupante riguarda però l’impatto dei genitori sull’alimentazione dei minori. Solo il 44,7% di loro conosce le regole della sana alimentazione (Censi). I dati dell’indagine “OKkio alla Salute” confermano una disinformazione diffusa da parte degli adulti in materia di dieta alimentare. Il 37% delle madri di figli in sovrappeso non ritiene “eccessiva” la quantità di cibo che i mangiano i bambini, mentre solo il 29% di esse afferma il contrario. Inoltre solo 4 mamme su 10 reputano insufficiente l’attività motoria svolta dal figlio. Sul versante delle abitudini alimentari è altrettanto importante la percentuale di coloro che adottano comportamenti scorretti: 1 bambino su 10 salta la prima colazione, mentre 3 su 10 la fanno in maniera sbilanciata (troppi carboidrati o proteine); 2 bambini su 3 fanno una merenda abbondante a metà mattina. I genitori dichiarano che 4 bambini su 10 consumano quotidianamente bevande zuccherate e/o gassate e il 22% non mangia tutti i giorni frutta e verdura. Dall’indagine Zoom8 emerge inoltre che 1 intervistato su 2 non mangia “mai o quasi mai” legumi e solo 1 su 5 lo fa 2-3 volte a settimana, come raccomandato. 1 su 7 si alimenta con insaccati una o più volte al giorno. Il consumo giornaliero di cibi ipercalorici è un fenomeno largamente diffuso: 1 bambino su 3 mangia quotidianamente snack e 1 su 4 consuma bibite zuccherate. In alcune circostanze anche più volte al giorno (nel 3,5% dei casi per i primi, 17% per le seconde). Anche uno stile di vita sedentario concorre all’obesità in età pediatrica, poiché strettamente correlato al consumo di questi cibi. 1 bambino su 6 dichiara di non aver fatto attività fisica nel giorno precedente all’indagine, o di fare sport un’ora alla settimana; 4 su 10 confessano di avere la tv in camera; 1 su 3 di restare incollato al televisore o ai videogames per più di 2 ore al giorno, mentre solo 1 su 4 dichiara di andare a scuola a piedi o in bicicletta.

LE DICHIARAZIONI

“La sana alimentazione è un aspetto centrale nell’educazione dei nostri figli. Contenere il consumo di snack, promuovere corretti stili di vita e sport all’aria aperta, adottare una dieta varia ed equilibrata sono alcune accortezze per combattere l’obesità ed evitare rischi per la salute dei nostri ragazzi”. Così Maria Rita Munizzi, presidente nazionale Moige – movimento genitori.

“Il nostro impegno spazia dalla corretta alimentazione del bambino nei primi 3 anni di vita al divezzamento e prevenzione dei rischi; dalla formazione delle famiglie, sull’opportunità di una dieta appropriata, al coinvolgimento degli adolescenti, con l’obiettivo di prepararli a gestire autonomamente il proprio stile alimentare”. Le parole di Giuseppe Di Mauro, presidente SIPPS – Società Italiana di Pediatria Preventiva e

“AMIOT ha aderito e promuove con vigore l’iniziativa “Mangia bene, cresci bene” e non poteva essere altrimenti: l’omotossicologia ha tra i suoi campi applicativi di elezione la medicina preventiva. Agire sui più piccoli attraverso la prima medicina, il cibo, è il passaggio fondamentale per la salute delle future generazioni”. Il commento di Cesare Santi, presidente AMIOT – Associazione Medica Italiana di Omotossicologia.

“È una grande soddisfazione contribuire a questo progetto educativo, che vede la luce in un momento quanto mai opportuno e forse cruciale per il benessere delle future generazioni. Tanto più che lo scopo dell’iniziativa è perfettamente in linea con gli obiettivi fondanti di GUNA: diffondere il concetto di salute basato su stili di vita corretti e sulla prevenzione attraverso terapie naturali.” ha dichiarato Alessandro Pizzoccaro, presidente GUNA S.p.A.

LA CAMPAGNA

Tra febbraio e maggio, “Mangia bene, cresci bene” attraverserà tutta Italia. Prenderanno parte al progetto 379 scuole, suddivise tra medie ed elementari, per un totale di circa 40.000 studenti e 75.000 genitori coinvolti. In ciascun istituto, i docenti e i medici di AMIOT terranno degli incontri formativi sulla sana alimentazione e distribuiranno un kit didattico a ragazzi e genitori. Agli studenti è inoltre riservato un concorso a premi: le illustrazioni più significative saranno affisse nelle farmacie e gli studi medici aderenti e daranno vita ad un calendario info-educativo dell’iniziativa distribuito nelle scuole che hanno partecipato all’iniziativa.

Maggiorni informazioni www.moige.it

Paolo Sparro Tel: 06.32.36.943 Cell. 342.36.09.640

ufficiostampa@moige.it

La gatta rapita

LA GATTA RAPITA

Amicizia, avventure, piccoli gesti spontanei di generosità in questa bellissima e divertente storia per bambini e per quegli adulti che non hanno mai dimenticato il bambino che è in loro. Nuovo ebook di Bonifacio Vincenzi, con illustrazioni di Germana Di Rago, distribuito da Amazon.

Zoira è una gatta bellissima. Vive nella villa del dottor Castellani, lo stimato medico del paese. Ma Zoira è anche una gatta curiosa e quando una mattina esce fuori dal cancello per dare una sbirciatina, si trova davanti un tipo alquanto strano, che la rapisce. Poi Zoira riuscirà a fuggire ma si troverà sola e smarrita in un bosco. È qui che incontrerà Max, un cane randagio. Sarà lui che cercherà di aiutarla a tornare a casa.

Ci riuscirà? E, soprattutto, come farà a riuscirci considerando che i due non riescono a stare un minuto senza litigare?

Dopo il successo de L’apprendista Babbo Natale edito da Panesi Edizioni, Bonifacio Vincenzi presenta ai suoi lettori questo suo nuovo lavoro.

La gatta rapita è una storia bellissima e divertente per bambini e per adulti che fa riflettere sul significato vero dell’amicizia. Una storia da leggere tutta d’un fiato resaancora più incantevole dalle delicate illustrazioni di Germana Di Rago.

 

LA GATTA RAPITA di Bonifacio Vincenzi ©2015

I edizione digitale: gennaio 2015

Tutti i diritti sono riservati.

È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.

© Copertina e illustrazioni di Germana Di Rago

bonifaciovincenzi@libero.it

Ho in classe un bambino con autismo. Come mi relaziono?

Ho in classe un bambino con autismo. Come mi relaziono?

di Maria Caccetta

L’incontro con un bambino con disturbo dello spettro autistico  a scuola può far nascere una serie di dubbi e perplessità. Le persone con autismo hanno caratteristiche individuali molto peculiari; per chi non ha mai avuto la possibilità di interagire con loro, non sempre può risultare semplice costruire processi di comunicazione efficaci.

La comunicazione si può inceppare e la paura, le difficoltà, la non conoscenza di metodi e strategie specifici rischiano di paralizzare la relazione  e di impedire la costruzione di adeguati  processi d’insegnamento-apprendimento.
Se sei un insegnante che dovrà occuparsi di un bambino con autismo, e non sai bene come porti nei suoi confronti, devi sapere che esistono una serie di azioni che puoi attuare  per prepararti alla relazione con lui.  
In questo articolo ti darò dei suggerimenti su come avviare la relazione con il tuo bambino con disturbi dello spettro autistico.

Ecco da dove iniziare:

1- Prendi informazioni sul bambino.

Incontra i genitori indaga le loro aspettative, raccogli informazioni utili sui comportamenti del bambino e sulle modalità educative adottate da loro in presenza di comportamenti problema. Mettiti in contatto con  gli insegnanti che hanno seguito il bambino  negli anni precedenti, il loro resoconto sarà fondamentale per comprendere come il bambino si relaziona con i compagni e con gli adulti,  e per avere informazioni circa gli strumenti e le strategie più adeguate per favorirne i processi di apprendimento. Chiedi ai genitori di poter leggere le relazioni cliniche e psico-diagnostiche, in questo modo potrai avere un quadro chiaro circa le principali potenzialità e  difficoltà del bambino.
Chiedi ai genitori di poter incontrare i terapisti del bambino, o le altre figure professionali che gravitano intorno a lui; solo realizzando un  lavoro d i rete potrai ottenere ottimi risultati con il bambino che segui.

2- Osserva il bambino quando entra in classe

Che tipo di comunicazione utilizza prevalentemente?
Motoria: dirige la manipolazione fisica di una persona;
Gestuale: indica , mostra, guarda lo spostamento fisico di un oggetto che vuole indicare;
Con utilizzo di oggetti: passa un oggetto ad un’altra persona per comunicare quello di cui ha bisogno;
Attraverso vocalizzazioni: utilizza suoni, compreso il pianto per comunicare (ad esempio il bambino dice  :<ah, ah, ah> per attirare l’attenzione di un’altra persona);
Con supporto di foto: utilizza foto bidimensionali per comunicare, ad es. utilizza foto per indicare parti del corpo, oppure  utilizza foto di azioni o di  eventi per comunicare il suo bisogno;
Con illustrazioni: utilizza illustrazioni bidimensionali che rappresentano oggetti, azioni o eventi  per comunicare ciò che desidera, ad es. il bambino passa all’insegnante l’illustrazione di “ un bambino che va in bagno” per indicare che vorrebbe andare al bagno;
Verbale: utilizza il linguaggio per  comunicare;
Usa gesti “referenziali”: dice si, no, batte le mani

Osserva poi qual’ è la sua reazione ai rumori presenti nella classe. I bambini con autismo sono molto sensibili ai suoni  e possono avere reazioni abnormi (come ad esempio mordersi, sbattere la testa, scappare) di fronte a stimolazioni  uditive intense percepite come pericolose. Qual’ è la sua reazione al contatto fisico:  osservalo quando i compagni si avvicinano a lui, nota se appare insofferente o al contrario ricerca intensamente il contatto fisico. Questo dato ti sarà di fondamentale aiuto per  capire come porti nei suoi confronti.

3- Cerca di comprendere quali sono i suoi interesse e quali le sue attitudini

Molti bambini con autismo sono bravi a disegnare, a  creare, ad utilizzare il computer; queste aree di talento dovranno essere incoraggiate.
Molti bambini autistici hanno degli interessi ristretti e tendono a parlare solo di quello, come per esempio  di treni, di meccanica etc.. Il modo migliore per affrontare queste fissazioni è usarle per motivare i compiti in classe. Se al bambino piacciono i treni, allora  li potrai usare per insegnargli la lettura e la matematica; potrete ad esempio  leggere insieme un libro che parla di  treni, o  utilizzate i treni per risolvere problemi di matematica (per esempio calcolare  quanto tempo occorre ad un treno per andare da  Roma a Torino). In questo modo il bambino sarà motivato e riuscirà ad apprendere con maggiore facilità .

4- Procurati informazioni e materiali che ti aiutino nel percorso di integrazione del bambino con disturbi dello spettro autistico

Ricorda l’inclusione di un bambino con autismo ha bisogno di competenze specifiche e della collaborazione dei differenti attori che operano intorno al bambino.
Organizza subito le prime proposte educative per il tuo bambino, ora sei pronta per cominciare a programmare il suo Percorso individualizzato.

Buon lavoro

 

Team Centro Studi FORePSY – Roma www.forepsy.it

 

Bambini sicuri in auto: le giuste regole da tenere

Bambini sicuri in auto: le giuste regole da tenere

Ormai sono sempre di più i bambini che viaggiano a bordo di automobili in maniera non protetta. Le norme di sicurezza vengono accolte più come noiose pratiche che come effettivi modi di proteggere la vita dei propri figli o dei propri nipoti e spesso vengono messe in secondo piano, proprio a discapito di quella stessa vita. Eppure, basterebbero poche e semplici accortezze per essere sicuri di viaggiare in sicurezza e arginare al massimo qualsiasi tipo di pericolo.

A tal proposito, l’art.172 del Codice della Strada prevede l’uso di dispositivi di ritenuta per bambini, assolutamente essenziale non solo in caso d’incidente, ma anche in caso di improvvisi cambi di marcia o di velocità. Bisogna sempre ricordarsi, infatti, che i bambini non sono adulti in miniatura e che non solo il loro peso è nettamente inferiore e più soggetto a sballottamenti e sbilanciamenti, ma la loro ossatura è più fragile e la loro prontezza di riflessi non è responsabile e consapevole come quella di un adulto che sa quello che sta succedendo.

Tant’è che il codice stradale prevede che i bambini di altezza inferiore ai 150 cm e peso inferiore ai 36 Kg possono viaggiare a bordo di un’automobile solo se assicurati ad un adeguato sistema di ritenuta, vale a dire un seggiolino omologato, oppure una cintura di sicurezza con adattatore per bambini. E i costi non sono da temere. Su internet è possibile trovare su e-commerce specializzati seggiolini e adattatori per cinture di sicurezza usati a prezzi ridotti. Ci raccomandiamo sempre, ovviamente, di stare molto attenti a ciò che si acquista, sia a livello di automobile e le sue condizioni a livello di sicurezza, sia a livello di altri dispositivi, specialmente quando ci sono di mezzo dei bambini che non possono rispondere di loro stessi e controllare di persona ciò su cui stanno viaggiando.

L’omologazione è dunque fondamentale. Anche quando decidete di comprare un’automobile usata in zona, a Brescia e dintorni quindi, è sempre meglio prima informarsi su siti specializzati nella vendita di auto usate o a km0, dove poter trovare tutte le descrizioni tecniche necessarie; prestate quindi sempre attenzione che l’auto sia adatta al trasporto di bambini e che disponga di tutte le norme di sicurezza e di tutte le possibilità per l’utilizzo di un seggiolino da viaggio. Tale seggiolino da viaggio cambia e “cresce” con il proprio bambino. Ci sono cinquediversi tipi di seggiolini, partendo dal Gruppo 0 fino ad arrivare al Gruppo 3, per coprire tutte le età dai 0 ai 10 e tutti i pesi dai 0 ai 36 Kg. Dunque, è bene scegliere il seggiolino più adatto al proprio bambino. A differenza di molte altre cose che tendono ad essere acquistate “in crescita”, il seggiolino deve rispettare le misure nella maniera più precisa, oppure smetterebbe di essere sicuro.

Nel caso di neonati molto piccoli, se non volete acquistare una culla omologata per la macchina, allora un riduttore andrà benissimo, che, adattandosi alle dimensioni del bimbo, gli permetterà di acquisire la posizione corretta senza essere scomodo o non al sicuro. Questo è vero soprattutto per la testa, punto maggiormente vulnerabile nei bambini. Anche questo può essere acquistato di serie con il seggiolino, oppure separatamente, anche usato. Ma come si può sapere, soprattutto al momento dell’acquisto di un seggiolino usato, se l’omologazione è sicura? Basta controllare che ci sia un’etichetta che abbia su scritta la sigla dell’ultima omologazione: ECE R 44/03. Sulla stessa etichetta dovrà inoltre essere riportata la categoria di peso del bambino e la parola “Universal”, che sta ad indicare che quel seggiolino è adatto a qualsiasi tipo di auto. Se così non fosse, assicuratevi che vada bene per la vostra. Ultimo ma non meno importante, deve essere riportato il numero d’omologazione e il codice della nazione che ha rilasciato il certificato di omologazione, che è E3 per l’Italia e che appunto varia da nazione a nazione.

Assicuratevi che le fibbie di sicurezza siano robuste e non usurate, ma senza essere eccessivamente grosse o dure. Si consiglia inoltre l’acquisto di un seggiolino sfoderabile, così che possa essere lavato facilmente e garantire al bambino igiene e comfort durante i suoi viaggi.

Susanna

Claudia Astolfi

Giocare con la sabbia: un’esperienza per il corpo e la mente

Ricordate la prima volta che avete giocato con la sabbia?

E quali sensazioni vi provocava?

E’ iniziato così il workshop, Giocare con la sabbia, che si è tenuto a Brescia il 17 Gennaio, organizzato dall’Associazione EMMI’S CARE e condotto da Francesca Romana Grasso,EDUFROG.

Il gruppo di partecipanti composto da educatrici, insegnanti, coordinatrici di asili nido e psicomotriciste, è stato guidato in un percorso dove ha potuto vivere in prima persona esperienze di gioco con la sabbia e momenti di confronto con il gruppo, affrontando tutti gli aspetti caratteristici del gioco con la sabbia: il corpo e l’emozione, lo spazio e i materiali.

Attraverso il gioco con la sabbia i bambini ritrovano una lentezza e un’attenzione verso il piacere, che accompagna tutti i movimenti del corpo, sostenendo la varietà di macro e micro movimenti; i materiali di qualità, piacevoli da vedere e da utilizzare, offrono infinite azioni e possibili esperimenti al bambino, da vivere secondo la sua personale iniziativa e autonomamente.

L’hanno vissuto in prima persona le partecipanti al workshop, affondando le mani nella sabbia, contenuta in bellissime ceste, rivestite da morbido tessuto di cotone.

Ognuna ha potuto prendersi del tempo per osservare la sabbia che scendeva da un setaccio in acciaio, per riempire contenitori di vetro con piccoli cucchiaini antichi, per disegnare con le mani nelle sabbia o con una conchiglia: azioni e giochi infiniti.

Alcune spontaneamente hanno giocato occupando un certo spazio, con alcuni materiali, senza invadere l’altro, altre hanno giocato condividendo esperienze, idee e azioni.

L’esperienza con la sabbia offre al bambino la possibilità di fare un numero incredibilmente vario di esperienze logiche, matematiche, fisiche ed emotive che rappresentano una forma di apprendimento primordiale, sostenuta dal piacere dell’azione, favorisce la ibera espressione del bambino, la sua intenzionalità e volontà, sostenendo la costruzione della fiducia in sé.

Il ruolo dell’adulto è essenziale: non deve intervenire o interrompere l’attività del bambino, ma allestire con attenzione e cura l’ambiente, scegliendo materiali di qualità e offrendo il tempo necessario a ogni bambino. Principi, che grazie all’esperienza diretta con il gioco con la sabbia, hanno mosso all’interno del gruppo di partecipanti al workshop, alcune riflessioni sull’importanza che il linguaggio ha in ogni cosa che facciamo, in ogni luogo o situazione, con ogni persona; l’adulto deve scegliere con attenzione le parole da utilizzare per raccontare ciò che osserva di un bambino, cogliendo in modo oggettivo e per nulla giudicante ciò che vede.

Un’altra grande riflessione emersa grazie ai vissuti delle partecipanti, riguarda il modo dell’adulto di osservare e cogliere le azioni-emozioni dei bambini: domandarsi “Chi è?” questo bambino “Cosa sta facendo??”…anzichè “Che cosa voglio fargli fare??” o “ Cosa vorrebbe fare?”, favorisce una lettura obbiettiva, positiva e attenta dell’espressione del bambino, della sua personale storia.

Gli adulti dovrebbero sempre accogliere empaticamente le azioni dei bambini, senza interpretarne l’intenzionalità, o intervenendo, ostacolando lo spazio e i tempi necessari per esperienze piacevoli.

Francesca, conduttrice del work shop, nel pomeriggio di sabato, ha proposto alle partecipanti l’importante contributo della pediatra Emmi Pikler in merito allo sviluppo motorio spontaneo del bambino e il prezioso lavoro di Ute Strub sul gioco con la sabbia, un momento formativo, ma anche di riflessione e che ha acceso alcune domande:

esistono momenti in cui il bambino è libero di scegliere quale attività vivere?

l’adulto concede il tempo necessario, senza interrompere il bambino?

Gli ambienti famigliari ed educativi offrono spazi e materiali adatti alle fasi di sviluppo del bambino?

Per quali motivi sono scomparsi gli spazi dedicati al gioco con la sabbia, nei parchi, nei nidi, nelle scuole primarie e nei giardini di casa, così presenti , anche nel nostro paese, fino a pochi anni fa?

 

Alice Gregori

Psicomotricista

Associazione Emmi’s care

 

Il work shop sarà proposto nuovamente a Brescia, con un percorso di incontri di approfondimento, ricordiamo inoltre che è possibile richiedere una proposta formativa personalizzata, in loco, per equipe educative.

Conduttrice: Francesca Romana Grasso, pedagogista e dottore di ricerca in scienze dell’educazione (Edufrog) info@edufrog.it

Organizzazione: Associazione Emmi’s care info@emmiscare.org

 

Per continuare la riflessione, approfondimenti sono disponibili in questo articolo: Giocare con la sabbia, rispettare e nominare il libero movimento

 

Riflessioni proposte dalle esperte di  Edufrog e l’Associazione Emmi’s care che hanno deciso di raccogliere in questo breve articolo alcuni dei momenti del work shop proposto a Brescia lo scorso 17 Gennaio. Sperando che possa essere un momento di riflessione per tutti, l’articolo solleva tematiche importanti per chiunque si prenda cura della persona e per i professionisti che mirano ad un’educazione basata sull’accoglienza, il rispetto e la cooperazione.

 

L’importanza del sapere cosa fare!

E’ nata una bella collaborazione Morena Quarta: gestore della pagina Fb Genitori Nidi e Materne Brescia. La pagina nasce dalla volontà di  sensibilizzare rispetto all’importanza della cultura del primo soccorso. Bresciabimbi non poteva non interessarsi ad un aspetto tanto importante della cura dei nostri bimbi. A voi la riflessione!

 

Sono molto lieta di vedere tanto fermento sul tema della DISOSTRUZIONE PEDIATRICA, è quasi diventata una “moda” organizzare i corsi…permettetemi però alcune considerazioni.

La diffusione e la sensibilizzazione verso un tema molto importante come la CULTURA DEL PRIMO SOCCORSO PEDIATRICO è poco sentita nel nostro paese, se non manca del tutto.
Il rovescio della medaglia a questa nuova consapevolezza, è che alcuni hanno trovato terreno fertile per farne un business. Per etica personale e professionale aborro ogni forma di business sulla salute dei bambini, ma questo vale per me…
Chiedo a voi genitori e presidi delle scuole/nidi etc di non cedere alle lusinghe (o ai compensi) di queste “realtà”, il cui primo interesse è quello di far business, perchè favorireste un’attività lucrativa, ma affidatevi a chi ha come PRIMO interesse il BENE DEI BAMBINI. Ci sono tante associazioni di volontari e/o medici che sono a disposizione.

Bisogna inoltre sincerarsi di un altro aspetto importantissimo: verificare che i relatori siano ISTRUTTORI CERTIFICATI E QUALIFICATI per tenere corsi pubblici, perchè l’obiettivo è quello di FORMARE ADULTI (genitori, nonni, insegnanti, baby sitter,…) CAPACI DI INTERVENIRE ADEGUATAMENTE IN CASO DI EMERGENZA, sapendo COSA FARE e soprattutto COSA NON FARE, sia per le manovre di disostruzione pediatrica che di rianimazione cardio polmonare, con la dovuta attenzione alla PREVENZIONE.

Purtroppo succede che, seppure in buona fede, taluni non abbiano i requisiti e le competenze per tenere un corso. Non basta averne frequentato uno per insegnare

La necessità di frequentare un corso di PRIMO SOCCORSO PEDIATRICO (DISOSTRUZIONE, PBLS, …) nasce dalla consapevolezza che noi genitori non abbiamo una formazione, a meno che non siamo medici o infermieri, tale da poter far fronte a piccoli o gravi incidenti che possono accadere ai nostri bambini. Il che è assurdo se pensiamo che proprio noi genitori siamo fondamentali nei primi attimi in quanto 1° anello della catena del soccorso. Da qui la necessità, a mio avviso, di creare la CULTURA DEL PRIMO SOCCORSO istituendo corsi non solo ad hoc ma anche, ad esempio, all’interno dei corsi pre-parto, pre-matrimoniali, o altro.
Parlo di genitori, ma resta inteso che il discorso va allargato a tutti gli adulti a contatto con i bambini: nonni, tate, educatrici, insegnanti, etc
Come 1° anello della catena del soccorso è fondamentale sapere COSA FARE e soprattutto COSA NON FARE in caso di emergenza.
Allertare i soccorsi e farlo adeguatamente fornendo le informazioni utili è importante, fare una chiamata tempestiva al 118 e rispondere alle domande che vengono poste dall’operatore è fondamentale poichè in base alle stesse verranno inviati i mezzi adeguati all’intervento.
Oggi il numero unico per le emergenze è il 112.
Ricordate che in quei momenti è difficile mantenere la calma tant’è che bisogna lavorare anche su questo. E’ normale farsi prendere dall’agitazione, si tratta di persone importanti per noi che vivono momenti di pericolo, ma proprio per poter aiutare efficacemente i nostri bimbi occorre sapere cosa fare e come. Più corsi vengono fatti più la sequenza viene memorizzata, così da poterla effettuare quasi in automatico.

Non tutti conoscono il numero del centro antiveleni, sarebbe invece opportuno tenerlo affisso in casa, magari accanto al poster sulla disostruzione o rianimazione pediatrica, o memorizzato sul cellulare. Centro Antiveleni Milano 02 66101029  http://www.centroantiveleni.org/
Inoltre qui trovate quelli pubblicati sul sito del MINISTERO DELLA SALUTE http://www.salute.gov.it/servizio/documenti/centri_antiveleni.pdf

Per quanto riguarda i corsi sulla disostruzione la SIMEUP (Società di Medicina Emergenza e Urgenza Pediatrica) organizza le giornate in piazza “UNA MANOVRA PER LA VITA”.

La Croce Rossa da sempre si occupa di formazione e di educazione sanitaria promuovendo:
percorsi informativi e/o formativi, in base alle linee guida (ILCOR) sulle MANOVRE SALVAVITA
lezioni informative gratuite della durata di 2 ore circa, sulle manovre di disostruzione
lezioni informative gratuite della durata di 1 ora sul sonno sicuro (per prevenire la SIDS)
corsi pratici per esecutore della durata di 3 ore
CORSO MANOVRE SALVAVITA PEDIATRICHE MASS TRAINING della durata di 4 ore (Manovre di Disostruzione e Rianimazione Cardio Polmonare).
Per informazioni rivolgersi al comitato locale della propria zona oppure via mail a: mdp@cri-bs.it

Oltre a SIMEUP e CRI  ci sono altre associazioni sparse sul territorio che organizzano corsi di Primo soccorso COSP, VAN…

Sarebbe opportuno sapere anche delle nozioni base su come comportarsi in caso di ustioni, lesioni, traumi, chock anafilattici, etc ma per oggi termino qui… alla prossima!

Morena Quarta

Hai finito di tirarmi scemo

Bambini che non dormono, non mangiano, gridano senza motivo, vogliono solo gelati e patatine, sfrattano i genitori dal loro letto, rispondono loro male e in alcuni casi, li insultano: perché è così difficile essere genitori? E perchè i bambini sembrano fare sempre il contrario di quello che ci si aspetta da loro? Nella maggior parte dei casi quello che sembra un problema insormontabile può essere risolto facilmente. “Aggiustare” i comportamenti sbagliati è il mestiere di Nigel Latta e questa sua guida, corredata da casi di vita comune felicemente risolti, offre strategie semplici ma efficaci per insegnare il rispetto, togliere brutti vizi e pessime abitudini senza troppa fatica e sempre con moltissimo amore.

Nido Scoiattolo

L’asilo nido Scoiattolo si trova in via Noce, 69 – tel. 030/3533315 – fax 030/3538021.

Può ospitare 36 bambini di età superiore all’anno. La funzionalità dell’asilo nido è garantita da 3 educatrici a tempo pieno, 4 educatrici a tempo parziale, 3 ausiliari I pasti vengono forniti da una mensa centralizzata. Il Nido é aperto dal lunedì al venerdì. dalle 7,30 alle 18,00 con un’uscita anche alle 15,30.

Il nido Scoiattolo mette a disposizione una notevole quantità di spazio strutturato facendo attenzione alla qualità delle esperienze che al suo interno i piccoli fanno.
Accanto a spazi attrezzati per il gioco con l’acqua, le farine, le granaglie, il colore, per la lettura e il racconto, esistono spazi collettivi articolati secondo centri d’interesse: qui i bambini possono scegliere “a che gioco giocare” e talvolta ritagliarsi angoli di personale intimità, nel rispetto dei propri tempi e bisogni.
Tutt’intorno si estende una ampio e attrezzato giardino: lido d’estate e mondo da esplorare d’inverno.      Il pranzo è fornito da una mensa centralizzata che segue un menù a rotazione appositamente disposto da una dietista.
Il pranzo, come il cambio e la nanna sono momenti molto importanti dal punto di vista della relazione ed è per questo che viene loro riservata una cura particolare.
Le proposte educative non sono mai fini a se stesse: nascono dall’ascolto del bambino, dall’attenzione alle sue emozioni e paure, che a volte accompagnano il cambiamento e la crescita.
Le feste e gli eventi che candiscono l’anno sono la caratteristica del nido Scoiattolo e contribuiscono ad arricchire le esperienze del bambino. Tutti i percorsi vengono condivisi con i genitori mediante documentazioni, immagini, momenti di incontro e ogni qualvolta il bambino porta a casa emozioni attraverso filastrocche, aneddoti, canzoncine che creano continuità fra le esperienze casa-nido coinvolgendo tutti.

Valuta la  programmazione: PROGRAMMAZIONESCOIATTOLO

AAA cercasi mamme

Ecco una richiesta arrivata a Bresciabimbi! Avete delle segnalazioni per aiutare questa mamma? Aspetto i vostri commenti

Sono una giovane mamma di un bambino di 1 anno abito ad Acquafredda nella bassa bresciana , vorrei sapere se potete indicarmi ludoteche o centri nei dintorni della mia zona dove poter passare qualche ora con me presente …qua in zona non trovo nulla e’ tutto dai 3 anni in su’ e le mamme non possono restare per socializzare con altre mamme

Grazie mille

Portare i bambini: le regole per farlo in sicurezza

Grazie alla positiva collaborazione con la pagina Fb Genitori nidi materne Brescia vi riporto questo articolo su una “moda” ormai molto diffusa tra le mamme, ovvero di portare i bambini in fascia. Tuttavia è importantissimo sapere come fare!

PORTARE I BAMBINI: LE REGOLE PER FARLO IN SICUREZZA.

Se ne vedono sempre di più, delicate testine e piccoli piedini che spuntano avvolti in coloratissime fasce dalla pancia della mamma o dalle spalle di papà. Tutti sereni e a loro agio i bimbi portati scoprono il mondo da li e sembra proprio che sia per loro il posto perfetto dal quale farlo, e in effetti lo è! Sono ormai molteplici gli studi che lo dimostrano e i genitori che lo sperimentano ne sanno qualcosa.

Ma quali sono le cose da sapere per farlo in sicurezza? Esistono possibili pericoli?

Quando 7 anni fa iniziai a portare il mio primo bimbo con la fascia lunga non pensavo ve ne fossero ma poco dopo quando decisi di intraprendere il percorso per diventare Istruttrice Portare i Piccoli, scoprii che non era sufficiente legarsi il “pupo addosso” e che, se non si rispettano alcune fondamentali regole alcuni pericoli esistono davvero.

La prima regola del portare in sicurezza è RESPIRO SICURO. Sono 5 i punti che ci permettono di assicurare al bimbo una buona respirazione:
1 – il corpo del bimbo è ben adeso a quello del genitore, non si incurva, non dondola e non si allontana
2 – il bimbo è posizionato alto in modo che si possa baciare
3 – il suo mento è sempre ben lontano dal suo stesso sterno per evitare il grave rischio di compressione delle vie aeree (rischio che sovviene frequentemente nella posizione a culla)
4 – la schiena del bimbo è sempre ben sostenuta dal supporto
5 – il quinto punto, il più impegnativo ma anche il più arricchente è mettersi IN ASCOLTO DEL PROPRIO BAMBINO.Inizialmente il genitore potrà aver bisogno di concentrarsi chiudendo gli occhi per riuscire a sentire che il proprio bambino sta respirando ed é rilassato. Successivamente, attraverso il contatto consapevole con il bambino portato e l’esperienza, avrà la possibilità di riscoprire i messaggi che provengono dagli altri sensi. Imparerà così a riconoscere attraverso il contatto quando il bambino è sveglio, quando si sta addormentando. Ascoltando i segnali che arrivano dal corpo, sentirà i muscoli del piccolo rilassarsi, riconoscendo quando sta respirando profondamente perché addormentato. Solo così si potrà finalmente arrivare ad affidare l’ascolto del bambino agli altri sensi, senza ricorrere al controllo visivo.

La seconda regola è POSTURA SICURA ovvero qualsiasi supporto scelgo deve essere ergonomico e rispettare la fisiologica postura di neonati e bambini. Secondo Esther Weber autrice del libro Portare i Piccoli “la posizione corretta del bambino sul corpo dell’adulto è quella verticale, dalla nascita. Questa è fisiologica quando il tronco del bambino e’ appoggiato al corpo del genitore e sostenuto in modo tale che non ci sia il vuoto tra i due corpi, quando le gambe del bambino sono aperte a ranocchio in modo che le sue ginocchia stiano piu’ in alto del sedere, quando la testa del bambino puo’ essere sostenuta e quando il sedere del bambino e’ a livello dell’ombelico di chi porta, mai piu’ basso”.

La posizione a culla, cioè quella classica in cui si tiene il bambino quando si allatta e che è ancora oggi promossa da alcuni produttori di supporti mal informati, è invece fortemente sconsigliata sia per i rischi posturali legati alla chiusura delle gambe del bambino che potrebbe favorire la displasia delle anche, ma soprattutto perché se non eseguita correttamente ed adeguatamente monitorata potrebbe causare la compressione delle vie aeree del neonato.

Anche la posizione pancia al mondo dove il bimbo è appoggiato con la schiena al tronco del genitore ed è rivolto con il viso all’esterno è assolutamente da evitare sia per motivi posturali, la schiena è inarcata, la testa dondolante e il peso del bimbo è tutto scaricato sui suoi genitali, sia perché il bambino viene esposto agli stimoli esterni senza possibilità di proteggersi e rifugiarsi contro il corpo del genitore.

La terza regola è SUPPORTO SICURO, che garantisca cioè un sostegno ottimale della colonna e della testa e la posizione divaricata seduta del bambino, che sia regolabile e adattabile al peso, che permetta di portare il bimbo alto e ben adeso a sé. Un buon supporto deve essere comodo sia per il bambino sia per il portatore, non deve avere cinghie e cuciture che potrebbero premere contro i corpi o sottili bretelle che solcano le spalle. Deve anche essere sicuro dal punto di vista delle sostanze utilizzate per farlo, non deve rilasciare sostanze nocive ed essere prodotto nel rispetto di uomo e ambiente. È inoltre auspicabile che si adegui al bambino che cresce, che permetta le tre posizioni davanti sul fianco e dietro e che permetta una completa libertà di movimento al genitore.

La quarta regola del portare in sicurezza è MI INFORMO E IMPARO SICURO. Vi potrebbe sembrare strano ma non è raro trovare scaltri produttori disposti a rifilarvi (magari a prezzi esagerati) un prodotto di pessima qualità pur di vendere, o incappare sul web in improbabili tutorial di improvvisate consulenti che elargiscono informazioni errate che possono rendere il vostro portare pericoloso. Fate attenzione! Per scegliere il vostro supporto o per imparare ad usarlo affidatevi a personale specificatamente formato libero da interessi commerciali. Un esempio su tutti è l’Associazione Culturale Portare i Piccoli il cui scopo è diffondere un Portare sicuro e di qualità libero da qualsiasi logica di commercio.

L’ultima regola che vi lascio mi è stata ispirata da anni di consulenze a coppie che volevano imparare ad usare la fascia lunga e che trovandola eccezionale desideravano utilizzarla in qualsiasi situazione ed è questa: mentre portate i vostri bimbi fate un’ ATTIVITA’ SICURA. Vietato andare in auto, in bicicletta o simili, in caso di incidente il vostro bimbo fungerebbe per voi da airbag! E allo stesso modo evitate di dormire con il bimbo legato addosso.

Infine, vi lascio alcune indicazioni specifiche per i supporti più utilizzati:
Fascia elastica solo davanti con triplo sostegno: fino a max 5 kg se single jersey, max 7 kg se double jersey.
Fascia ad anelli e fascia tubolare solo sul fianco in posizione verticale.
Mei Tai dai 3 mesi in poi NON prima.
Marsupi ergonomici (dai 3-4 mesi) NON prima nemmeno con riduttore.
Fascia lunga (non elastica) adatta dalla nascita ai tre anni per tutte le posizioni (verticali) davanti, sul fianco e dietro!

E se vi rimangono ancora dubbi non esitate a contattarmi, sarò felice di aiutarvi a sentirvi sereni e sicuri coi vostri bimbi portati.

Non mi resta che augurarvi un Buon Portare felice e sicuro!

Arianna Mari
Istruttrice Portare i Piccoli a Brescia

ostetrica.ariannamari@yahoo.it

Dove posso cambiare il mio bambino?

Una mamma scrive a Bresciabimbi.it:

“Avrei bisogno di sapere dove, in centro città, è possibile trovare spazi adatti per cambio ed allattamento bimbi. Mi è capitato di essere a passeggio ed avere bisogno di cambiare la mia bambina, ma non sempre nei bar sono attrezzati per cambiare il bambino e troppo spesso i servizi igienici non sono molto caldi e puliti…
In attesa di una suggerimento, ringrazio per l’attenzione”

Approfitto della richiesta di una mamma per lanciare una richiesta!

Ebbene, quante volte cari genitori, nonni, zii,… a spasso coi vostri bimbi vi siete trovati nella necessità di cambiare il pannolino,  dare la pappa, allattare, aver bisogno del bagno per i bambini,….. ?

Ci aiutate a trovare in città spazi che aiutano i genitori in questi momenti quando suono fuori casa?

Mandateci le vostre segnalazioni o lasciando un commento a questo articolo, o scrivendo a info@bresciabimbi.it

 

 

 

Psicomotricità: una risorsa in situazioni di difficoltà

Continua il percorso alla scoperta della psicomotrictà curato dalle nostre esperte di Emmi’sCare

 

PSICOMOTRICITA’: UNA RISORSA IN SITUAZIONI DI DIFFICOLTA’

Vi abbiamo già brevemente descritto, nel nostro primo articolo, la storia della nascita della psicomotricità, da sempre impiegata a sostegno di disagi e patologie psicomotorie, prima più fisiche e poi di origine psicologica o relazionale.

Oggi, l’aiuto psicomotorio è proposto come percorso di accompagnamento per la crescita, a bambini che manifestano lievi disagi psicomotori o che presentano sindromi o patologie psicomotorie.

Molto spesso l’aiuto psicomotorio è attivato parallelamente ad altri interventi, che possono essere di tipo logopedico, fisioterapico o psicoterapeutico; ogni professionista si occupa di accompagnare, sostenere e favorire lo sviluppo del bambino, secondo le proprie specifiche competenze, collaborando e condividendo con gli altri specialisti osservazioni e informazioni.

Lo psicomotricista, prima della presa in carico del bambino, organizzerà dei brevi colloqui con i genitori, a volte anche con altri familiari, se si prendono cura del bambino, durante la loro assenza.

Grazie alle informazioni raccolte e attraverso alcune sedute osservative, lo psicomotricista individua l’intervento più idoneo per il bambino, costruendo un progetto che possa sostenere il suo sviluppo, tenendo sempre conto delle sue capacità e del suo livello di sviluppo globale.

Secondo l’evoluzione personale di ogni bambino e attraverso continue osservazioni di seduta in seduta, lo psicomotricista potrà monitorare il percorso di ogni bambino e, se necessario, avrà i dati necessari per individuare i campi su cui agire maggiormente.

La seduta è della durata di un’ora, e si svolge una o due volte la settimana, secondo il caso.

Non esiste una tempistica specifica o standard per la durata di un intervento psicomotorio, variano secondo il disagio che il bambino presenta, dai suoi tempi, dai suoi bisogni; solitamente hanno una durata minima di sei mesi per lievi disagi psicomotori, fino ad accompagnare per anni lo sviluppo di bambini con sindromi o patologie più complesse.

Sarà lo psicomotricista, insieme ai genitori e altri eventuali professionisti che seguono il caso, a stabilire il termine dell’intervento.

La pratica psicomotoria, può rappresentare un valido sostegno per accompagnare lo sviluppo di ogni bambino. A maggior ragione in situazioni di difficoltà, accogliendo il bambino nella sua globalità e utilizzando canali di comunicazione alternativi per interagire con esso, si occupa di tutto ciò che lo riguarda: della sua mente, del suo corpo, della sua capacità di relazionarsi con se stesso o con l’altro; più di tutto, si preoccupa di prestare attenzione alle capacità che il bambino ha, di ciò che sa fare, di ciò che ha già dentro di se e che può esprimere.

Nelle disabilità che colpiscono maggiormente l’ambito motorio, condizionando movimento e attività, anche il più impercettibile movimento diventa occasione per lo psicomotricista di accogliere l’intenzionalità del bambino e i suoi bisogni questo permetterà una comunicazione efficace all’interno della loro relazione di fiducia.

La pratica psicomotoria, in situazioni di difficoltà agisce permettendo al bambino di prendersi tempo, di conoscere le proprie capacità e i propri limiti in un ambiente adatto a lui: sicuro, dove non esiste giudizio, ma la possibilità di comunicare, di relazionarsi secondo i suoi modi e di costruire la fiducia in sé stesso, indispensabile per affrontare il suo personale percorso di crescita.

 

Sara Ricchini

Alice Gregori

Associazione EMMI’S CARE

info@emmiscare.org

www.emmiscare.org

030/7777172

Si conclude qui, questo breve ciclo di tre articoli dedicati alla psicomotricità, curati dall’equipe dell’Associazione EMMI’S CARE, che ringrazia Bresciabimbi e tutte le persone che ci seguono.

La giusta fatica di crescere

La giusta fatica di crescere

(Dalla prefazione di Goffredo Fofi)
In un’epoca in cui anche l’industria dell’infanzia si è prodigata per proteggere il bambino dalla “fatica” di sperimentare e di sbagliare, sono soprattutto la testa, il pensiero, l’affettività dei bambini che oggi rischiano malanni, carenze, inabilità, alimentando una generazione con forti contraddizioni: “senza sensi di colpa”, ma con grande “senso di inadeguatezza”, precocemente “grandi” e, insieme, fortemente dipendenti. In questo libro curioso, utile ed estremamente provocatorio, felicemente si intrecciano e si contaminano fra loro conoscenze psicologiche e pediatriche, di costume e letterarie, in uno stile di scrittura e di ricerca ironico, spumeggiante, capace di parlare a chiunque si muova, per lavoro o per diletto, nel vasto “pianeta bambino”. Dal ciuccio su misura alle scarpe senza lacci, dal termometro a infrarossi ai baby monitor: una miriade di “cose” oggi accompagna i bambini nei normali processi della crescita. Così gli autori, senza puntare l’indice contro i genitori, ma piuttosto mettendoli in guardia dai falsi alleati, affrontano il “linguaggio delle cose”, riflettendo sul mondo privo di ostacoli che gli adulti hanno creato per i loro figli, ormai indiscussi sovrani, e insieme vittime inconsapevoli, di tante e varie futilità.
Passando in rassegna l’impareggiabile Catalogo dei genitori di Claude Ponti – dai confortevoli ai fifoni, dagli avviluppanti ai  cicciomou – l’appello e i suggerimenti dei due autori si rivolgono a chi crede nella necessità che l’immaginazione abbia ancora posto nell’educazione e che serva restituire al bambino un suo fondamentale diritto: la giusta fatica di crescere! Le pagine in cui Manuela Trinci con Paolo Sarti raccontano e si raccontano, riflettono e analizzano, si commuovono o si adirano, sono amorose nella difesa del diritto dei bambini al rispetto e aspre nell’accusa, sia quando ironica sia quando veemente, a chi dice di amarli mentre va accanitamente tarpando le potenzialità e i talenti di cui sono portatori, in particolare, i bambini.

Alla scoperta di una doula

Doula è una figura di cui si sente spesso parlare. Per approfondire Bresciabimbi ha chiesto ad una doula di raccontarsi e spiegare il mondo doula per capire e conoscere meglio.

“Sono una doula”…ma cos’è???

Ciao a tutti! Mi presento…anche se è sempre un po’ difficile riassumere in poche righe quello che portiamo dentro, ma ci provo!

Mi chiamo Sara e sono una “doula”…”dou…che???” direte voi. Si scrive “doula”, ma si legge “dula”. In diversi paesi nel mondo questa figura opera da diversi anni, mentre in Italia inizia a diffondersi solo ora. Il termine “doula” viene dal greco antico ed indicava la donna che stava al servizio delle donne di una casa. Ecco, anche oggi la doula vuole seguire questa scia…stare accanto alla donna in un momento particolare di passaggio: quello del diventare madri. Ma ora cerco di spiegarmi meglio.

Qualche anno fa la Vita con le sue sorprese mi ha portato a riscoprire in modo nuovo e bello la mia femminilità, il mio essere donna, cosa che precedentemente avevo sempre sottovalutato e dato per scontato. In questo percorso fatto di piccoli passi mi sono capitati tra le mani alcuni libri interessanti e tra le varie letture sono venuta a conoscenza della figura della doula. Da subito mi ha affascinato e ho iniziato la mia ricerca, scoprendone piacevolmente la presenza anche in Italia che mai avrei pensato. Così ho deciso di frequentare la scuola delle doule organizzata dall’Associazione “Eco- Mondo Doula” (www.mondo-doula.it) ed ora…eccomi qui! Ho lasciato il mio lavoro di insegnante nella scuola primaria e ho iniziato a lavorare come doula.

Sto accanto alla donna in gravidanza, nel parto, nel puerperio e fino a quando c’è bisogno, a seconda della sua richiesta. Nella società odierna infatti, per vari motivi, la donna spesso si ritrova sola durante l’esperienza della maternità. Da doula cerco di starle a fianco come una sorella, supplendo alla mancanza di quelle attenzioni, ascolto, cure quotidiane, aiuto pratico e consigli che in passato venivano donati abbondantemente dalle figure femminili del proprio contesto famigliare (mamme, nonne, sorelle, vicine di casa…).

Offro – a domicilio – un sostegno emotivo continuativo, empatico, non medicalizzato né sanitario.

NON sostituisco in alcun modo la guida dell’ostetrica e dei professionisti del settore (psicologhe, osteopata, danzaterapeuta…), ma opero collaborando strettamente con essi.

Quindi che differenza c’è?

Ecco, nel concreto, cerco di star vicino alla donna – entrando nella sua casa con rispetto e delicatezza – in tutti o in uno solo di questi momenti, a seconda della sua richiesta:

1) IN GRAVIDANZA:

– la doula si prende cura della mamma e del suo benessere ascoltandola

– la accompagna a visite mediche, in passeggiate o commissioni varie…

– fornisce informazioni perché la madre possa operare le proprie scelte consapevolmente

– offre semplici momenti di rilassamento, visualizzazioni, sostiene nella paura, ecc.

2) DURANTE IL TRAVAGLIO E IL PARTO:

– può sostenere la coppia emotivamente e fisicamente, sia in ospedale che a domicilio con la

– aiuta poi a elaborare e ricostruire la storia del parto.

3) DOPO IL PARTO (PUERPERIO):

– è di grande aiuto nei primi giorni a casa dopo il parto

– sostiene la mamma nelle prime cure del neonato

– aiuta la famiglia a riorganizzarsi (cucina, fa la spesa, tiene i fratelli più grandi, ecc) e, se richiesto,

– offre alla mamma ascolto e compagnia.

Questo per dare un’idea molto generale di quello che può offrire la presenza di una doula, poi ogni madre è speciale perciò il modo di stargli accanto si chiarisce pian piano in base a ciò che sente e chiede, ascoltando se stessa. A volte il permettersela sembra un lusso immeritato e riecheggia nella mente l’idea che “le donne da sempre diventano madri, ce la posso fare da sola”. Ma avere una doula al proprio fianco è ‘fare da sola’, senza sentirsi sola: è trovare i propri spazi, modi, idee, scelte, desideri accompagnata da occhi discreti che incoraggiano, da braccia aperte per ogni volta che se ne ha bisogno, da un cuore che si ascolta per poter poi ascoltare con limpidezza…

Altro aspetto molto bello e prezioso del mio essere doula è nato dalla collaborazione con altre donne (una psicologa, una danzaterapeuta, un’antropologa): insieme creiamo percorsi rivolti a gruppi di donne più in generale e a gruppi di madri, su varie tematiche del femminile.

La mia formazione continua attraverso corsi scelti in base a ciò che sento più vicino al mio modo di essere. Ogni doula “personalizza” quello che offre e le modalità della sua presenza ascoltando la propria verità. Più vado avanti, più mi rendo conto di quanto sia importante il sapere, il conoscere… ma ancor più il lavorare su di sé quando si sta accanto ad una persona.

Ogni volta l’incontro con una donna e madre mi sorprende perché mi mostra le mie luci e ombre che porto dentro e di cui cerco di divenire sempre più consapevole. Sono convinta che solo così posso stare accanto alla madre sulla SUA strada e non trascinandola sulla mia. Cerco di ascoltarmi per poter accogliere, ascoltare, sentire nel cuore e comprendere.

Concludo con l’immagine del cerchio…di un ‘cerchio rosso’. Mi ha sempre richiamato l’immagine del cerchio di donne (mamme, nonne, sorelle, vicine di casa…) che un tempo davano ascolto, cura, aiuto pratico, compagnia, sostegno alla donna e alla madre, che si ritrovavano, si raccontavano.

Oggi spesso, per vari motivi, la donna si ritrova sola durante l’esperienza della maternità. Mi sento privilegiata: essere una doula è avere l’opportunità di stare accanto ad una donna in un momento così importante e delicato, così come farebbe una mamma e una sorella.

A Brescia e provincia siamo poche doule. Ma se vi può interessare, anche solo per una richiesta di informazioni o una chiacchierata senza impegno, contattateci senza problemi.

Alla scoperta di una doulaSara 347.0127180 oppure sara.gabri80@gmail.com

Sbuccia e Puntino: cartoni per avvicinare i bambini all’arte

ARRIVANO SU WEB GRATUITI PER TUTTI I MINI CARTONI ANIMATI DI SBUCCIA E PUNTINO PER AVVICINARE I BAMBINI ALL’ARTE

Dall’omonima collana di libri per bambini di Francesca Pascale nasce una web serie animata per unire bambini e genitori nella scoperta dei più importanti personaggi dell’arte pittorica.

E’ online e a disposizione in forma gratuita per tutti i bambini e genitori il primo episodio del cartone animato “Le avventure di Sbuccia e Puntino”un nuovo progetto didattico sull’arte

pittorica dedicato ai bambini tra i 6 e i 12 anni d’età.

Il progetto nasce dal successo riscontrato dall’omonima collana di libri, edita da Idea Books, di cui è autrice e disegnatrice Francesca Pascale, esperta di didattica museale e ideatrice di un metodo brevettato per insegnare l’arte alla scuola materna.

 Le avventure di Sbuccia e Puntino sono uno strumento didattico divertente a disposizione dei genitori per avvicinare i bambini all’arte incuriosendoli attraverso il gioco. Una storia dell’arte a misura di bambino capace di presentare i principali autori e opere in modo semplice e stimolante. La durata dei video è stata studiata per rispettare la soglia di attenzione dei bambini su Internet. Ogni storia dura massimo due minuti e introduce il bambino nel magico mondo di Sbuccia e Puntino e delle loro avventure.

 La trama dei video riprende quella dei libri della collana nei quali viene approfondita e arricchita di esercizi e giochi. I due protagonisti sono Puntino, un bambino di sette anni e Sbuccia il suo inseparabile zainetto di pelucheQuando Puntino si avvicina troppo a un quadro ne viene attirato dentro come per magia, ritrovandosi nell’epoca storica in cui è stato realizzato. Puntino è sempre accompagnato da Sbuccia che durante la magia prende vita e si trasforma in una scimmietta parlante.

Guarda i video: 

 

www.artevistacosi.org

Gattomatto – Brescia

Gattomatto

La ludoteca Arciragazzi di via Manara 5  ora ha preso il nome di  Gattomatto.

Oltre al nome ci sono altre novità: non effettua più l’apertura domenicale ma adotta un programma nuovo.

Tutti i lunedì, mercoledì e venerdì dalle 16,30 alle 18,30 con un ricco programma:
– un’ora di spazio compiti, nella quale  bambine e bambini, ragazze e ragazzi di elementari e medie potranno essere aiutati dai nostri operatori per fare i compiti, studiare o fare ricerche;
– un momento merenda per rifocillarsi e riposarsi;
– un’ora circa di divertimento con giochi, laboratori creativi e tanto altro.

Per partecipare all’attività è necessario iscriversi, presentandosi in ludoteca durante l’apertura; il costo mensile è di € 25 (circa € 2 a incontro) e comprende l’assicurazione infortuni e RC. Per chi non potesse venire a tutti gli incontri c’è la possibilità di acquistare una tessera da 10 entrate, sempre al costo di 25 €, che potrete utilizzare quando preferite.

Sono previsti sconti per chi viene insieme a fratelli o sorelle.

Per ogni informazione potete passare in ludoteca, mandare una mail a info@arciragazzibrescia.it o telefonare allo 030/3737073.

Potrete trovare ogni altra informazione sul nostro sito www.arciragazzibrescia.it

Psicomotricità: muoversi per crescere

E’ con grandissima gioia che pubblico questo primo articolo di Alice Gregori.

La famiglia di esperti di Bresciabimbi.it si allarga accogliendo una nuova figura: la psicomotricista.

Alice Gregori e lo staff di Emmi’s care sono ora a disposizione di Bresciabimbi per accogliere le vostre richieste e fornirvi sostegno.

I contatti dell’associazione sono : www.emmiscare.org    info@emmiscare.org

PSICOMOTRICITA’: MUOVERSI PER CRESCERE.

 

Non è raro sentir parlare di psicomotricità: educatrici, insegnanti, genitori interessati, questo articolo nasce dal desiderio di raccontare cos’è la psicomotricità e perché rappresenta un valido approccio per sostenere lo sviluppo del bambino.

Si tratta di una disciplina nata nei primi anni del 900′ in Francia, ma diffusa solo negli anni 70’, grazie al contributo di B.Aucouturier che la rese la pratica psicomotoria arrivata anche in Italia.

Per poter ideare e condurre progetti di psicomotricità, lo psicomotricista deve seguire un percorso formativo triennale per la sua preparazione personale, teorica e pratica.

Sarà durante questa formazione che il professionista svilupperà le conoscenze sullo sviluppo del bambino e le sue capacità di osservazione e di empatia con l’altro.

Gli ambiti di applicazione della psicomotricità variano da quello preventivo ed educativo, con formazione o educazione psicomotoria, sino all’aiuto  psicomotorio individuale.

A seconda del progetto, delle caratteristiche del contesto e dei bambini, si svolgeranno sedute di psicomotricità  con piccoli gruppi, gruppi classe o con il singolo bambino.

Le sedute avvengono in un ambiente ben definito, con spazi e tempi pensati a seconda di ogni situazione.

La sala di psicomotricità, infatti, è uno spazio piacevole e accogliente, dove tempi, spazi e materiali sono pensati per accogliere, favorire e accompagnare lo sviluppo di ogni bambino e l’espressione di sé stesso.

La seduta ha sempre inizio con un breve rituale iniziale dove lo psicomotricista spiega ai bambini le fondamentali regole di “non farsi male, non fare male ad altri e di rispettare ed avere cura dei materiali”; infine descrive loro gli spazi allestiti e dà inizio alla seduta, invitando i bambini a disporsi su una linea parallela.

Al via dello psicomotricista i bambini, con una rincorsa, potranno correre a distruggere un muro di morbidi cubi colorati, che nascondono dietro un prezioso spazio morbido di materassi e cuscini.

La distruzione del muro, per il bambino rappresenta un’esplosione emotiva, un momento di liberazione per poi concedersi all’azione, alla relazione e al gioco.

Il bambino deve poter buttar fuori, per poi riempirsi di nuove esperienze, competenze ed emozioni.

L’area morbida, invece, rappresenta lo spazio di rassicurazione e contenimento, trasmette al bambino il piacere del contatto con il suo corpo e, durante la seduta, diviene lo spazio in cui può sprofondare, dove può scegliere di nascondersi per  poi trovare sé stesso; ciò è fondamentale perché il bambino, nei suoi primi anni di vita, ricerca il piacere del muoversi e prova piacere nel movimento. Questo spazio rappresenta la sua carica di piacere.

Nella sala di psicomotricità, contemporaneamente o a fasi successive, saranno proposti al bambino altri due fondamentali spazi.

Uno è il luogo dedicato al piacere senso-motorio, dove lo psicomotricista allestisce strutture per permettere al bambino di sperimentare il controllo del corpo, attraverso arrampicate o percorsi, e gli fanno vivere l’emozione del rilascio, con salti nel vuoto o scivolate.

Questo è lo spazio dove il bambino vive l’unione tra l’emozione e il piacere corporeo,  dove costruisce e apprende il proprio corpo attraverso l’azione motoria e l’emozione.

Un’altro spazio è quello simbolico che, invece, rappresenta lo spazio dove il bambino racconta ed esprime la propria storia, le proprie emozioni i propri piaceri e dispiaceri, attraverso il gioco del “far finta”.

 

Lo psicomotricista, per favorire l’espressione del bambino, metterà a sua disposizione materiali come teli, corde cuscini, per permettere la messa in scena  di luoghi e personaggi fantastici che esprimano il personale vissuto del bambino.

Ultima, ma non meno importante è la fase finale della seduta.

Il bambino in questo spazio torna attivo, non nel movimento, ma nella mente, sostenendo lo sviluppo del proprio pensiero.

Lo psicomotricista, in questa fase, offrirà al bambino la possibilità di rappresentare le sue emozioni provate nel movimento, attraverso il disegno, la manipolazione di materiali o attraverso la creazione di storie con immagini.

Per concludere la seduta lo psicomotricista saluterà il bambino, sottolineando le emozioni positive vissute insieme e ricordandogli quando si terrà il loro prossimo incontro.

La relazione sicura e di fiducia che si instaura tra lo psicomotricista e il bambino è indispensabile per favorire l’espressione psicomotoria dello stesso durante la seduta, mentre il setting della sala di psicomotricità permette allo psicomotricista di accoglierne la sua personale storia.

I progetti educativi di psicomotricità possono essere attivati presso scuole dell’infanzia, asili nido o scuole primarie, dove lo psicomotricista può creare ambienti ad hoc per il movimento libero, l’espressione corporea e la rappresentazione.

Inoltre, la psicomotricità permette di offrire momenti di formazione e riflessione a genitori, educatori e professionisti che si prendono cura dei bambini.

Sono psicomotricista e per me il movimento rappresenta la prima forma di espressione e di linguaggio di ogni individuo.

La psicomotricità rappresenta un momento di piacere e occasione di scoperta e di crescita per ogni bambino, ancor di più in questo periodo storico dove esistono sempre meno possibilità per loro  di muoversi secondo i propri tempi, in spazi sicuri, seguendo la loro personale iniziativa.

 

Alice Gregori