Petto escavato (Pectus Excavatum)
Il Pectus Excavatum (PE) è una malformazione congenita della parete toracica che colpisce mediamente 1 bambino ogni 1.000.
Nelle maggior parte dei casi ed è poco evidente nei primissimi anni di vita ma diventa sempre più visibile con la crescita.
Il petto escavato è causato da un eccessiva crescita delle cartilagini costali che spingono posterirmente lo sterno che ne risulta infossato al di sotto del piano costale anteriore. A causa di questa anomalia la distanza tra sterno e rachide si riduce, al contrario di quello che succede in caso di petto carenato.
La causa è sconosciuta; sebbene in alcuni casi possa essere associato a malattie del connettivo quali la Sindrome di Marfan o ad altre malformazioni della parete toracica quali la scoliosi e la sindrome di Poland, il PE è frequentemente una patologia isolata
Nei casi meno accentuati il PE non provoca alcuna sintomatologia grave.
E’ piuttosto l’alterazione della percezione dell’immagine del proprio corpo che può provocare significativi problemi psicologici, perdita di autostima e gravi problemi relazionali. Gli adolescenti che ne sono affetti rifiutano di spogliarsi durante le attività a dorso nudo in piscina, al mare non potendo nascondere il problema. Pertanto il problema, anche in assenza di sintomatologia, può richiederne il trattamento chirurgico.
Nei casi più accentuati, la riduzione della distanza tra sterno e rachide provoca il dislocamento del cuore verso sinistra con una sua certa rotazione in senso orario; il cuore può risultare compresso con disturbi cardiaci e facile affaticabilità. In altri casi la riduzione del volume toracico può provocare disturbi respiratori.
Se presenti disturbi del ritmo cardiaco, difficoltà respiratorie durante lo sforzo, facile affaticabilità o dolore toracico l’intervento chirurgico diventa necessario.
Diagnosi Pectus Excavatum
Alla diagnosi di PE si giunge attraverso l’esame obiettivo. E’ caratteristica la depressione sternale, le spalle curve in avanti e l’addome prominenete. Considerata la sintomatologia correlata è necessario eseguire la valutazione della funzionalità respiratoria e lo studio ecografico del cuore.
L’entità della malformazione si evince da una radiografia del torace in laterolaterale ma è fondamentale lo studio con la tomografia computerizzata del rapporto tra larghezza del torace su distanza tra il rachide e lo sterno, detto indice di Haller che nel paziente normale è circa 2.
Se l’indice di Haller è 3,2 o superiore il PE è di grado severo. Lo studio con la TAC ci permette anche di valutare il grado di compressione e di dislocamento cardiaco e la presenza di asimmetrie delle cartilagini costali.
La Terapia
Non ci sono evidenze che l’esercizio fisico o posturale possa effettivamente migliorare la deformazione delle cartilagini. Pertanto, constato un graduale peggioramento del problema, è opportuno approcciare il problema valutando la terapia migliore, quella conservativa o quella chirurgica:
Terapia conservativa
L’applicazione di specifiche ventose: ne esistono di diversi diametri e conformazioni in funzione dell’età e dell’altezza del paziente. Applicate al torace anteriore, al di sopra dello sterno, Il loro scopo è quello di creare un’aspirazione che favorisca la graduale estroflessione dello sterno.
E’ un presidio utile solo nei casi in cui il problema sia di entità minore. L’efficacia di tali presidi è però direttamente proporzionale al tempo di utilizzo.
I maggiori benefici si ottengono se il trattamento è eseguito sui pazienti giovani, quando il torace è ancora “malleabile” in modo che la depressione esercitata possa permettere una graduale correzione durante lo sviluppo osseo e cartilagineo.
Con il progredire dell’età i successi terapeutici vanno quindi riducendosi. Purtroppo non tutti i pazienti tollerano tali presidi sia per la depressione esercitata dallo stesso sullo sterno sia per la scarsa compliance adolescenziale.
Terapia chirurgica
Le tecniche chirurgiche sono diverse, più o meno invasive, ma hanno tutte l’obiettivo di ridurre la protrusione della cartilagini e piegare all’esterno il corpo sternale.
Tali procedure devono essere studiate, programmate e poi realizzate in funzione del tipo di deformità riscontrata.
La tecnica più conosciuta è quella di Ravitch (1952) poi modificata dallo stesso Ravitch e da altri autori che hanno proposto interventi meno demolitivi La tecnica prevede la sezione trasversale dello sterno e la resezione e l’asportazione di alcuni segmenti di cartilagini costali rispettando il pericondrio, ossia di quella lamina che avvolge le cartilagini, che deve essere suturato per permettere di correggere la deformità delle stesse, seguiti dall’applicazione temporanea di una barra metallica retrosternale (Sternocondroplastica).
L’intervento richiede un’incisione mediana o trasversale sottomammaria bilaterale.
Altra tecnica nota e meno invasiva è la tecnica mini-invasiva di Nuss pubblicata nel 1998 che ha la particolarità di non richiedere resezioni costali o sternali, né incisione nella regione mediana dello sterno. La tecnica di Nuss prevede il passaggio di una barra metallica sotto lo sterno così da sollevarlo.
Una piccola incisione di 5mm viene praticata a livello ascellare destro, per introdurre il toracoscopio (una piccola telecamera). Valutata l’entità del problema e il sito migliore per l’inserimento della barra, vengono eseguite due piccole incisioni ai lati del torace che permettono di introdurre, da destra, una sonda metallica nello spazio intercostale selezionato, creando un tunnel tra il sacco che avvolge il cuore (pericardio) e parete posteriore dello sterno, fino a raggiungere lo spazio intercostale selezionato, sulla sinistra.
Nello spazio creato dalla sonda viene poi inserita la barra sagomata in posizione concava. La rotazione di 180°della barra stessa le farà assumere la definitiva posizione convessa tale da spingere in fuori lo sterno e correggere la deformità sternale. Le estremità della barra vengono alloggiate nel sottocute al di sopra del piano costale ed eventualmente fissate con l’utilizzo di alcuni stabilizzatori suturati alle coste.
Al termine della crescita, a maturazione ossea completata, la barra verrà rimossa in anestesia generale praticando una piccola incisione al di sopra dell’area di fissazione alle coste.
Gli approcci chirurgici potrebbero essere purtroppo dolorosi ma la terapia antalgica posta in essere già in sala opertoria è in grado di rendere il decorso tollerabile.
Affinchè le cartilagini e le zone di osteotomia sternale si saldino è necessario un breve periodo di qualche giorno a letto o in poltrona seguito da un lungo periodo di astensione dall’attività fisica che dipende dalla tecnica utilizzata (2-6 mesi). Entro sei mesi dall’intervento è possibile il ritorno alle normali attività sportive ad eccezione degli sport di contatto.
Ringrazio per questo articolo
Dott. Benvenuti Stefano
Chirurgo Pediatra
U.O.C. Chirurgia Pediatrica
Ospedale dei Bambini
ASST: Spedali Civili di Brescia
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La causa è sconosciuta; sebbene in alcuni casi possa essere associato a malattie del connettivo quali la Sindrome di Marfan o ad altre malformazioni della parete toracica quali la scoliosi e la sindrome di Poland, il PE è frequentemente una patologia isolata
Nei casi meno accentuati il PE non provoca alcuna sintomatologia grave.
E’ piuttosto l’alterazione della percezione dell’immagine del proprio corpo che può provocare significativi problemi psicologici, perdita di autostima e gravi problemi relazionali. Gli adolescenti che ne sono affetti rifiutano di spogliarsi durante le attività a dorso nudo in piscina, al mare non potendo nascondere il problema. Pertanto il problema, anche in assenza di sintomatologia, può richiederne il trattamento chirurgico.
Nei casi più accentuati, la riduzione della distanza tra sterno e rachide provoca il dislocamento del cuore verso sinistra con una sua certa rotazione in senso orario; il cuore può risultare compresso con disturbi cardiaci e facile affaticabilità. In altri casi la riduzione del volume toracico può provocare disturbi respiratori.
Se presenti disturbi del ritmo cardiaco, difficoltà respiratorie durante lo sforzo, facile affaticabilità o dolore toracico l’intervento chirurgico diventa necessario.
Diagnosi Pectus Excavatum
Alla diagnosi di PE si giunge attraverso l’esame obiettivo. E’ caratteristica la depressione sternale, le spalle curve in avanti e l’addome prominenete. Considerata la sintomatologia correlata è necessario eseguire la valutazione della funzionalità respiratoria e lo studio ecografico del cuore.
L’entità della malformazione si evince da una radiografia del torace in laterolaterale ma è fondamentale lo studio con la tomografia computerizzata del rapporto tra larghezza del torace su distanza tra il rachide e lo sterno, detto indice di Haller che nel paziente normale è circa 2.
Se l’indice di Haller è 3,2 o superiore il PE è di grado severo. Lo studio con la TAC ci permette anche di valutare il grado di compressione e di dislocamento cardiaco e la presenza di asimmetrie delle cartilagini costali.
La Terapia
Non ci sono evidenze che l’esercizio fisico o posturale possa effettivamente migliorare la deformazione delle cartilagini. Pertanto, constato un graduale peggioramento del problema, è opportuno approcciare il problema valutando la terapia migliore, quella conservativa o quella chirurgica:
Terapia conservativa
L’applicazione di specifiche ventose: ne esistono di diversi diametri e conformazioni in funzione dell’età e dell’altezza del paziente. Applicate al torace anteriore, al di sopra dello sterno, Il loro scopo è quello di creare un’aspirazione che favorisca la graduale estroflessione dello sterno.
E’ un presidio utile solo nei casi in cui il problema sia di entità minore. L’efficacia di tali presidi è però direttamente proporzionale al tempo di utilizzo.
I maggiori benefici si ottengono se il trattamento è eseguito sui pazienti giovani, quando il torace è ancora “malleabile” in modo che la depressione esercitata possa permettere una graduale correzione durante lo sviluppo osseo e cartilagineo.
Con il progredire dell’età i successi terapeutici vanno quindi riducendosi. Purtroppo non tutti i pazienti tollerano tali presidi sia per la depressione esercitata dallo stesso sullo sterno sia per la scarsa compliance adolescenziale.
Terapia chirurgica
Le tecniche chirurgiche sono diverse, più o meno invasive, ma hanno tutte l’obiettivo di ridurre la protrusione della cartilagini e piegare all’esterno il corpo sternale.
Tali procedure devono essere studiate, programmate e poi realizzate in funzione del tipo di deformità riscontrata.
La tecnica più conosciuta è quella di Ravitch (1952) poi modificata dallo stesso Ravitch e da altri autori che hanno proposto interventi meno demolitivi La tecnica prevede la sezione trasversale dello sterno e la resezione e l’asportazione di alcuni segmenti di cartilagini costali rispettando il pericondrio, ossia di quella lamina che avvolge le cartilagini, che deve essere suturato per permettere di correggere la deformità delle stesse, seguiti dall’applicazione temporanea di una barra metallica retrosternale (Sternocondroplastica).
L’intervento richiede un’incisione mediana o trasversale sottomammaria bilaterale.
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Una piccola incisione di 5mm viene praticata a livello ascellare destro, per introdurre il toracoscopio (una piccola telecamera). Valutata l’entità del problema e il sito migliore per l’inserimento della barra, vengono eseguite due piccole incisioni ai lati del torace che permettono di introdurre, da destra, una sonda metallica nello spazio intercostale selezionato, creando un tunnel tra il sacco che avvolge il cuore (pericardio) e parete posteriore dello sterno, fino a raggiungere lo spazio intercostale selezionato, sulla sinistra.
Nello spazio creato dalla sonda viene poi inserita la barra sagomata in posizione concava. La rotazione di 180°della barra stessa le farà assumere la definitiva posizione convessa tale da spingere in fuori lo sterno e correggere la deformità sternale. Le estremità della barra vengono alloggiate nel sottocute al di sopra del piano costale ed eventualmente fissate con l’utilizzo di alcuni stabilizzatori suturati alle coste.
Al termine della crescita, a maturazione ossea completata, la barra verrà rimossa in anestesia generale praticando una piccola incisione al di sopra dell’area di fissazione alle coste.
Gli approcci chirurgici potrebbero essere purtroppo dolorosi ma la terapia antalgica posta in essere già in sala opertoria è in grado di rendere il decorso tollerabile.
Affinchè le cartilagini e le zone di osteotomia sternale si saldino è necessario un breve periodo di qualche giorno a letto o in poltrona seguito da un lungo periodo di astensione dall’attività fisica che dipende dalla tecnica utilizzata (2-6 mesi). Entro sei mesi dall’intervento è possibile il ritorno alle normali attività sportive ad eccezione degli sport di contatto.
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Dott. Benvenuti Stefano
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