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Tag: cose da sapere

Bullismo: conoscerlo per affrontarlo

Bullismo: conoscerlo per affrontarlo.

Come molte delle parole che oggi sono entrate a far parte del nostro vocabolario quotidiano, la parola “bullo” è un’italianizzazione del termine inglese “bully”, che viene utilizzato per indicare qualcuno che opprime o perseguita una persona, solitamente più debole.

Questo fenomeno, benché sia di forte attualità, è in realtà di lunga data e non è raro trovare nelle storie adolescenziali o infantili di ognuno di noi un “bullo” o ricordarci di quelle volte in cui magari siamo stati noi stessi bulli con i nostri compagni. Si pensi anche a quante storie si possono ritrovare a livello di letteratura o cinematografia che affrontano questo “antico” fenomeno, come Rosso Malpelo di Verga o Gran Torino di Clint Eastwood. Solo in epoca recente però la nostra attenzione è stata particolarmente attirata da questo problema sociale, sia per i numerosi fatti di cronaca ma soprattutto grazie a degli studi che hanno dimostrato quali possono essere le conseguenze psicologiche per le persone che hanno subìto tali prevaricazioni. Tra questi, uno studio pubblicato dall’American Journal of Psichiatry è stato il primo che ha approfondito le conseguenze del bullismo oltre la prima età adulta. E’ stato evidenziato che tra le possibili ripercussioni sperimentate da persone precedentemente vittime di bullismo vi sono peggiori condizioni di salute fisica e psicologica, un aumentato rischio di depressione, disturbi d’ansia e pensieri suicidi. Oltre a ciò, questi tipi di traumi possono influenzare negativamente le relazioni interpersonali e la qualità generale della vita anche a molti anni di distanza.

Per quanto riguarda la situazione italiana, i dati Istat, pubblicati a dicembre 2015 che si riferiscono all’intero 2014, sottolineano che poco più del 50% degli ragazzi compresi tra gli 11 e i 17 anni ha subìto qualche episodio offensivo, non rispettoso e/o violento da parte di altri ragazzi o ragazze. Il 19,8% è vittima assidua di una delle “tipiche” azioni di bullismo, cioè le subisce più volte al mese.

Per il 9,1% gli atti di prepotenza si ripetono con cadenza settimanale. Le prepotenze più comuni che sono state rilevate consistono in offese con brutti soprannomi, parolacce o insulti (12,1%), derisione per l’aspetto fisico e/o il modo di parlare (6,3%), diffamazione (5,1%), esclusione per le proprie opinioni (4,7%), aggressioni con spintoni, botte, calci e pugni (3,8%). Il 16,9% degli intervistati è rimasto vittima di atti di bullismo diretto, cioè caratterizzato da una relazione vis a vis tra la vittima e bullo e il 10,8% di azioni indirette, prive di contatti fisici. Tra le ragazze è minima la differenza tra prepotenze di tipo diretto e indiretto (rispettivamente 16,7% e 14%). Al contrario, tra i maschi le forme dirette (17%) sono più del doppio di quelle indirette (7,7%).

Ma che cos’è veramente il bullismo? Come facciamo a distinguerlo dallo scherzo che solitamente caratterizza le relazioni soprattutto tra adolescenti?

Olweus (1986;1991)) ha scritto: “Uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o più compagni”. Un’azione si può definire offensiva, come per quanto riguarda le condotte più aggressive, quando una persona arreca intenzionalmente danno o un disagio ad un’altra. L’offesa può avvenire sia attraverso atti fisici più o meno violenti (botte, spintoni, calci) sia verbali come ingiurie, rimproveri, prese in giro. Stante questa definizione, è vero che ogni singolo atto di questo genere potrebbe essere chiamato “bullismo”, ma è altrettanto vero che nella pratica comune si tendono ad escludere fatti meno gravi ed occasionali e ci si concentra invece maggiormente su quei comportamenti che hanno carattere di continuità e di persistenza nel tempo. Questo rappresenta un fattore estremamente importante per discriminare cosa è bullismo da cosa non lo è. E’ inoltre importante sottolineare come, all’interno del repertorio comportamentale del bullo ci possono essere manifestazioni più visibili, come gli attacchi diretti alla vittima, spesso più osservabili nei maschi, e altre meno esplicite ma non meno pericolose, come ad esempio agli atti di isolamento sociale e di intenzionale esclusione dal gruppo, più tipici tra le femmine.

Il bullo e la vittima possono essere sia individui sia gruppi di persone. Solitamente si parla di bullismo qualora vi sia un’asimmetria nella relazione tra bullo e vittima, mentre ciò non avviene quando è presente una maggiore parità a livello di forza fisica o psicologica. In questo caso non si può parlare di un atto di bullismo, perché è in scena una relazione alla pari, in cui non c’è prevalenza di un individuo, ma un’alternanza di ruoli tra vittima e persecutore. Non possiamo parlare di bullismo inoltre quando rileviamo comportamenti molto gravi che si configurano come reati perché in questo caso si parla di atti anti-sociali e devianti.

 

Scopri di più sul bullismo leggendo anche:

Bullo, vittima, gregari e spettatori: gli attori del bullismo

Cosa possono fare i genitori?

Dott.ssa Maura Cavana – Psicologa

Riceve a Palazzolo sull’Oglio e Bergamo

maura.cavana@gmail.com

feramre il bullsimo, cosa possono fare i genitori

Bibliografia:
Bullismo a scuola, D. Olweus, 1996
http://www.stateofmind.it/2014/11/bullismo-conseguenze- eta-adulta/
http://www.stateofmind.it/2015/06/aggressivita-proattiva- reattiva-bullismo/
http://www.istat.it/it/archivio/176335

Conservare privatamente e richiamare il campione in Italia è legale e consentito ecco perché

Conservazione privata del sangue cordonale: il rientro in Italia del campione

Conservazione privata del sangue cordonale: il rientro in Italia del campione

A cura di: Ufficio Stampa Sorgente

La conservazione cordone ombelicale è fonte di dubbi (anche a causa della circolazione di informazioni non corrette), circa il rientro in Italia per fini terapeutici del campione prelevato e consegnato ad una biobanca per la conservazione privata. Vediamo cosa dice la legge.

Nell’Unione Europea il prelievo, la conservazione e la circolazione dei campioni di sangue cordonale sono regolati da norme di legge specifiche1 che stabiliscono che questi debbano essere prelevati seguendo una certa procedura, da persone qualificate e presso una struttura accreditata. Dopo aver prelevato il sangue, il campione va inviato a un istituto di tessuti affinché ne assicuri la tracciabilità e lo conservi correttamente.

Questo istituto in caso di necessità terapeutica consegnerà il campione al centro sanitario, dove sarà eseguito il trapianto. Secondo la legge, inoltre, la biobanca (la struttura che si occupa della conservazione delle cellule staminali) deve avere l’accreditamento dell’autorità competente che attesti che le norme siano rispettate.

La legislazione italiana2 definisce che il sangue prelevato può essere portato all’estero e consegnato a biobanche previa richiesta di autorizzazione all’esportazione fatta alla Regione competente (il rilascio del documento è a pagamento).

L’Istituto Superiore di Sanità, tramite il Centro Nazionale dei Trapianti, ha confermato la possibilità di far rientrare in Italia il sangue conservato all’estero. Il Centro Nazionale dei Trapianti, interrogato dall’Autorità garante del mercato e della concorrenza, ha risposto che per fini terapeutici l’utilizzo del campione di sangue estratto da parte di un Centro di Trapianti non può essere escluso, a patto che i campioni conservati all’estero rispettino i requisiti di legge.

Affermare che le strutture pubbliche italiane non hanno fiducia nelle biobanche estere (accreditate da una nazione appartenente all’UE), vuol dire dubitare di uno dei principi più importanti del mercato europeo: gli stati membri dell’Unione Europea riconoscono reciprocamente le autorizzazioni e le certificazioni che sono state fornite dalle autorità pubbliche di un altro Stato appartenente all’UE.

È quindi assolutamente legale richiamare in Italia i campioni di sangue cordonale esportati con una precisa autorizzazione della Regione, mediante le Direzioni Sanitarie competenti, e dopo aver pagato una tariffa.

Per maggiori informazioni: www.sorgente.com

 

Note

1. Direttive 2004/23/CE e 2006/17/CE
2. Decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 191 ("d.lgs. 191/2007") e dal decreto legislativo 25 gennaio 2010, n. 16 in attuazione delle direttive 2004/23/CE e 2006/17/CE.

Test di screening e di diagnosi prenatale: quali sono le differenze?

Test di screening e di diagnosi prenatale: quali sono le differenze?

A cura di: Ufficio Stampa Sorgente Genetica

In cosa si differenziano i test di screening prenatale dai test di diagnosi prenatale? Questo è un interrogativo che spesso si pongono le gestanti, soprattutto quelle che affrontano la loro prima gravidanza.

Per tutelare salute e benessere di mamma e bimbo si consiglia di eseguire, durante la gestazione, diversi esami (es. Bi Test, villocentesi ecc.) che si distinguono in non invasivi e invasivi.

I test di “screening prenatale”sono di tipo non invasivo. Abbinano analisi di tipo biochimico sul sangue della madre a ecografie per evidenziare alterazioni rispetto ai valori di riferimento. Si tratta di test sicuri e innocui sia per la mamma sia per il bambino e sono di tipo probabilistico, ossia determinano la percentuale di possibilità che vi siano anomalie fetali (es. trisomie, difetti del tubo neurale) confrontando gli esiti dell’esame con i valori di riferimento. La percentuale di affidabilità varia in base al tipo di test di screening prenatale.

Bi Test, Tri Test e Quadri Test esaminano il valore di determinate proteine nel sangue e associano un’ecografia (translucenza nucale) per misurare il feto. L’affidabilità di questi test raggiunge l’85% 1 . Anche i test prenatali non invasivi che esaminano il DNA del feto fanno parte dei test di screening prenatale, e individuano nel campione ematico prelevato dalla gestante, i frammenti di DNA fetale (presente nel circolo sanguigno materno fin dall’inizio della gestazione). Questi test rilevano alterazioni cromosomiche (es. Sindrome di Down, trisomie 18 e 13) e hanno un’attendibilità del 99,9% 2 .

Villocentesi, amniocentesi e cordocentesi sono esami invasivi e appartengono ai test “diagnostici”. Esaminano liquidi o tessuti prelevati direttamente dal feto e forniscono una diagnosi, poiché rilevano con certezza le anomalie fetali. Questi test di tipo invasivo prevedono che si prelevi un campione tramite una siringa direttamente dal pancione, di liquido amniotico (amniocentesi), di sangue cordonale ombelicale del bimbo (cordocentesi), di placenta (villocentesi). Essendo invasivi, i test di tipo diagnostico hanno una percentuale di aborto dell’1%.

Sottoporre la futura mamma a uno di questi esami è una decisione che il ginecologo prenderà dopo aver valutato alcuni fattori come età della donna e casi in famiglia di anomalie genetiche.

Per maggiori informazioni: www.testprenataleaurora.it

 

Fonti:

1. Medicina dell’età prenatale: Prevenzione, diagnosi e terapia dei difetti congeniti e delle principali patologie gravidiche – Di Antonio L. Borrelli, Domenico Arduini, Antonio Cardone, Valerio Ventrut

2. Poster Illumina ISPD_2014 Rev A

Le regole dell’infanzia: quanto servono?

Le regole dell’infanzia: quanto servono?

Dott.ssa Annalisa Croci

Le regole sono utili per educare, insegnare i limiti; il bambino ne ha bisogno, ma ovviamente ha bisogno anche di approvazione, riconoscimento e lodi . Volere bene al proprio figlio significa anche dare delle regole.

Senza regole infatti il bambino cresce “ onnipotente “, perciò al momento delle prime relazioni sociali gli sarà difficile tollerare le frustrazioni ed entrare in contatto con gli altri.

Le regole cambiano in base all’età, ad esempio fino al primo anno di vita il bambino è in uno stato di simbiosi, è un tutt’uno con la madre pertanto le regole pertanto possono riguardare i ritmi della giornata: cibo, spostamenti, attesa , ma devono tenere conto delle reali esigenze fisiologiche ed emotive del piccolo. Gli interventi dei genitori dovrebbero essere il meno punitivi possibile, ma rivolti a stabilire una routine e una scansione del giorno e dell’attesa.

Le regole dai due anni circa e all’età scolare cambiano poiché il figlio inizia ad avere il senso del tempo, dello spazio e dei rapporti di causa-effetto. Quindi è possibile stabilire regole e norme generali, per le quali può essere punito se non le rispetta. Dopo aver stabilito delle regole e è necessario comunicarle chiaramente al bambino. È possibile rimproverare o punire, ma prima le regole devo essere spiegate in modo semplice e comprensivo .Talvolta il piccolo reagisce con pianto e i capricci, essi possono rappresentare una modalità per tastare il terreno e comprendere fino a che punto i genitori sono intransigenti o accondiscendenti.Quindi : è compito dell’adulto fornire un limite, un contenimento.

Per i genitori qual’ è lo stile educativo migliore ?

Consiglio uno stile educativo stabile ossia fissare delle regole ed essere coerenti; ad esempio non essere indulgenti o punitivi a seconda dell’umore. Se l’atteggiamento degli adulti che si prendono cura di lui è altalenante e molto diverso, il bambino non comprende lo stile del genitore e quale siano i comportamenti adeguati e corretti.

Spesso i genitori faticano a dire di “ no “, si possono sentire confusi e disorientati nel proporre la regola,timorosi di essere i “ colpevoli “ delle sofferenze dei figli. Essere troppo accondiscendenti non aiuta sicuramente i piccoli e non aiuta loro a saper aspettare o rinunciare.

Quindi..

Il bambino ha bisogno di adulti che gli illustrino e gli ricordino continuamente dei sani comportamenti, non dimenticandosi il divertimento e la curiosità di scoprire ciò che ci circonda.

 

Dott.ssa Annalisa Croci

Psicologa psicoterapeuta

Cel. 334/2357696 – www.ascoltopsicologo.it

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La scuola è finita, e adesso?

L’ultima campanella solitamente è quella che tutti gli studenti adorano sentire suonare.
Il suo suono tanto odiato in alcuni momenti dell’anno o alle 8.00 del mattino porta una notizia che  bambini e ragazzi adorano.

Il countdown in attesa del suono della campana che rende ufficiale la fine dell’anno scolastico è un momento quasi indescrivibile. Finalmente possono gridare a gran voce: “E’ finitaaaaaaaaaa”.

Già durante gli ultimi giorni di scuola si assapora il momento vuoi la frenesia delle ultime verifiche e interrogazioni per il recupero in extremis, i compiti a volte sono alleggeriti, si inizia a svuotare il proprio banco e a raccogliere le proprie cose sparse per la classe, la maestra fa imparare una poesia sull’estate, vengono assegnati i compiti per le vacanze,…..

Ma come il suono dell’ultima campanella dell’ultimo giorno di scuola non ce n’è.
Rende tutto ufficiale, rende tutto vero: un altro anno si è concluso!
Arrivano finalmente le tanto desiderate vacanze, giorni di gioco, spensieratezza, relax e grandi dormite

Anche i genitori arrivano provati all’8 di giugno e almeno per i primi giorni il sollievo di non avere il pensiero del prepararsi in tempo e fare i compiti pare un paradiso.

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Tutto bello, ma che fare ora che la scuola è finita?

Capita infatti molto spesso che i bambini i primi giorni di vacanza alternino momenti di grande euforia per la fine della scuola a momenti di grande noia per il non sapere cosa fare.

Da settembre c’è sempre stato qualcosa che bisognava finire o che riempiva e impegnava le giornate: i compiti, la lezione, l’allenamento di.. ma ora che tutto questo è finito possono essere pervasi da una sensazione di vuoto tanto desiderata, quanto strana.

Ecco allora qualche idea per non venire schiacciati dall’assillo del “E adesso cosa faccio?”:

  • Approfittiamo di questo tempo per far scoprire la noia ai bambini, proprio la noia! La possibilità che stando sdraiati la mente vaghi libera e faccia nascere un’idea, così, dal nulla. La possibilità che la fantasia trasformi cose, oggetti e pensieri e li trasfornmi in quyalcosa di nuovo e unico.
  • I bambini sono a casa, facciamoci dare una mano! Perchè non farsi aiutare nell’archiviare libri e quaderni dell’anno appena finito? Trasformando in un gioco il lavoro parteciperanno con più entusiasmo e voglia, in fondo si tratta di cose loro.
  • Sempre sull’onda de “I bambini sono a casa, facciamoci dare una mano!” Perchè non approfittare per assegnare piccoli compiti quotidiani che possono alleggerire mamma e papà nelle faccende domestiche? In famiglia e in casa ci si aiuta e se i bambini imparano piccole azioni durante le vacanze, quando hanno meno impegni, a settembre dovrebbero averle fatte proprie e continuare a farle.
  • C’è la spinosa questione dei compiti. Un pochino tutti i giorni rende il lavoro meno pesante. Più è diluito durante le vacanze e meno risulterà fastidioso da finire
  • Ultimo, ma non ultimo, spazio al gioco, al divertimento, il più libero possibile. Spegniamo la tv, tablet, console varie per momenti di svago non strutturato e magari anche un buon libro. Trovi diversi consigli di lettura per bambini con anche bibliografie sempre qui sul blog

Le vacanze cambiano tutto, cambiano le abitudini della giornata, perchè i bambini sono a casa, ma i genitori lavorano ancora. Ci sono grest, campus, esperienze giornate all’aria aperta che possono aiutare i genitori e in Bresciabimbi ne trovare di ogni sorte, ma l’augurio è che anche i genitori riescano a staccare la spina!

 

Buone vacanze a genitori e bambini!

Quali sono i test di screening prenatale da fare durante la gravidanza?

Quali sono i test di screening prenatale da fare durante la gravidanza?

A cura di: Ufficio Stampa Sorgente Genetica

Per garantire il proprio benessere e quello del nascituro, è essenziale che durante la gravidanza la gestante si sottoponga a controlli e faccia un test del dna fetale.

Vi sono vari tipi di test prenatale atti a calcolare le possibilità di anomalie nel bambino. Dalla 10ª alla 14ª settimana di gestazione è possibile sottoporsi al Bi Test e alla translucenza nucale, esami spesso svolti contemporaneamente. Si preleva un campione di sangue per controllare che i valori della Free Beta-HCG e della PAPP-A (due proteine) siano nella norma; poi si esegue un’ecografia (translucenza nucale), per effettuare delle misurazioni sul feto. In caso queste misurazioni diano risultati alterati saranno fatti altri controlli diagnostici invasivi. Affidabile all’85%, il Bi Test fornisce non una diagnosi, bensì le probabilità di eventuali anomalie nel feto (es. Sindrome di Down).

Dalla 10ª settimana ci si può sottoporre al test del DNA fetale. Si preleva dalla futura mamma un campione di sangue per analizzare i frammenti del DNA del feto che vi sono presenti. Questo test prenatale non invasivo ha una percentuale di affidabilità del 99% per la rilevazione delle Trisomie 21, 18 e 13 (le principali anomalie dei cromosomi).

Tra la 15ª e la 18ª settimana si può scegliere il Tri Test. Si esegue sulla gestante prima un prelievo ematico e per controllare i valori dell’AFP (alfafetoproteina), dell’estriolo non coniugato e della gonadotropina corionica. Poi si esegue un’ecografia per controllare più nel dettaglio questi valori. Il Tri Test rileva anomalie quali la Sindrome di Down e la spina bifida. Il Quadri Test (variante del Tri test), controlla anche l’ormone inibina A nel campione ematico. Questi due test, non diagnostici ma probabilistici, sono affidabili al 70% circa.

Sottoporsi a esami di screening prenatale è raccomandato a tutte le gestanti, in particolare a quelle con fattori di rischio quali: età superiore ai 35 anni, casi in famiglia di anomalie genetiche. Se i test prenatali rilevano anomalie, le gestanti devono sottoporsi a test invasivi per confermarne o no il risultato.

Le gestanti possono rivolgersi al proprio ginecologo per avere indicazioni sul test di screening prenatale più adatto cui sottoporsi.

Per maggiori informazioni: www.testprenataleaurora.it

 

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Salute in gravidanza: farmaci e prevenzione per la mamma e il bambino

Salute in gravidanza: farmaci e prevenzione per la mamma e il bambino

Sottoporsi sempre agli esami di controllo, eseguire i test prenatali e occuparsi della conservazione cellule staminali: una donna in attesa di un figlio è sempre attenta alla propria salute e a quella del piccolo che sta per nascere, per garantire al massimo la prevenzione.

Con il presentarsi di alcuni piccoli disturbi legati alla gravidanza, sono tante le donne che hanno dubbi in merito all’assunzione dei farmaci, temendo che questi si rivelino dannosi per la salute del bambino.Dobbiamo sfatare questo falso mito. Per farlo e per promuovere una tutela migliore della salute delle donne in gestazione, l’Agenzia Italiana del Farmaco ha realizzato un portale web interamente dedicato alla corretta informazione sui farmaci.

Iniziamo col distinguere farmaci e farmaci; non tutti infatti possono dirsi dannosi per il bambino. Prescritti dal proprio medico determinati farmaci possono dunque essere utilizzati senza alcun problema. Adì esempio ci sono donne che soffrono di malattie croniche che per tutta la vita (anche prima della gravidanza) sono sotto terapia farmacologica. Per loro sarà il medico specialista a dover valutare come proseguire. Non è consigliato infatti sospendere improvvisamente la terapia, ma modularla in considerazione della gravidanza in corso: il medico potrà ad esempio modificare i dosaggi o sostituire il farmaco abitualmente preso con altri alternativi.

Generalmente le future mamme tendono a ridurre l’uso di farmaci durante i loro nove mesi, per la paura di complicazioni. Dopo la nascita è consentito mantenere la stessa cautela non più solo verso se stesse ma anche verso il neonato.

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Come ricordato dall’Aifa in alcune recenti campagne di comunicazione1, è convinzione diffusa nei neo genitori che ai bambini si possano somministrare gli stessi farmaci degli adulti intervenendo solo sul dosaggio (inferiore rispetto a quello degli adulti).

Dobbiamo invece eliminare questo falso mito.

L’utilizzo di farmaci nei bambini è possibile solo dopo aver ottenuto precise indicazione dal medico, che saprà individuare il corretto trattamento terapeutico.

Ci sono poi alcuni disturbi che non possono essere trattati con i farmaci, per i quali è possibile ricorrere ad altri trattamenti. E’ il caso del trapianto di cellule staminali del cordone ombelicale, pratica dichiarata valida dal Ministero della Salute per combattere oltre 80 malattie (decreto ministeriale 18 Novembre 2009)2.

Ogni tipo di terapia per la prevenzione e la cura della salute deve essere prescritta dal proprio medico o da uno specialista, figure indicate per individuare il trattamento migliore per il proprio disturbo: terapie farmacologiche o quelle di altro tipo (proprio come l’utilizzo delle cellule staminali).

Ulteriori informazioni su www.sorgente.com 

1 Campagna di comunicazione AIFA “Farmaci e pediatria” (anno 2014)
2 Decreto ministeriale 18 novembre 2009 “Disposizioni in materia di conservazione di cellule staminali da sangue del cordone ombelicale per uso autologo-dedicato

 

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Perchè conservare le cellule staminali del cordone?

La conservazione delle cellule staminali

A cura di: Ufficio Stampa Sorgente

 

Perchè tutti gli oggetti tornino a casa…Stikets!

Arriva il classico legato alla fine delle varie attività scolastiche e sportive cui partecipano i bambini: l’esposizione degli oggetti smarriti.

Uno scatolone di solito abbastanza grande capace di contenere di ogni, anche se la maggioranza è costituita da abbigliamento, che pare non essere di nessuno. Inizia a diffondersi la leggenda secondo la quale di notte dei folletti dispettosi materializzino vestiti, scarpe e oggetti all’interno dello scatolone stesso per far impazzire bidelli e allenatori.  Se fatica  prendere piede questa leggenda metropolitana, più verosimilmente chi smarrisce oggetti e vestiti o non li riconosce o non se ne ricorda più.  In un anno di norma uno scatolone basta, ma non sempre. Pare curioso che il bimbo che esce da scuola in pieno inverno senza giacca, non si accorga di avere molto freddo e che quindi gli manchi un pezzo, eppure è così! Lo testimonia lo scatolone stesso e il suo contenuto. Per i bambini queste cose non sono importanti,  sono sempre presi da mille idee, mille attività, mille attenzioni e recuperare matite, vestiti, scarpe, felpe non rientra sempre tra le loro priorità.

Bidelli e allenatori ora hanno un gran da fare per rendere i capi smarriti ai loro proprietari, ma non sempre si ha questa possibilità. Se poi si pensa ai bambini molto piccoli che frequentano il nido, non si può immaginare che riconoscano il proprio cambio.

Per tutte le le mamme disperate che non sanno più come recuperare i buchi che si creano negli armadi, e stufe di rifare il guardaroba c’è Stikets!

L’idea di base è semplice ed estremamente utile: permettere a oggetti e capi di abbigliamento di rientrare alla base. Come? Contrassegnando e etichettando tutto!

Stikets è un sito dove è possibile ordinare e personalizzare etichette di tutti i tipi. Il sito è bello, colorato, intuitivo e molto facile da navigare.

Dalla home si individuano subito le varie categorie di etichette che si possono richiedere, ma pensando  al bisogno di praticità delle mamme è stato  predisposto un pack di base che contiene ben 140 etichette. Trattandosi di una sorta di starter-kit contiene etichette per tutte le necessità: adesive per oggetti di varie dimensioni, termoadesive per vestiti, adesive per scarpe e etichette per bagagli.

Ogni pack è personalizzabile al 100%  potendo scegliere tra diverse opzioni di colore di base, font, disegnini, e potendo inserire il proprio testo; c’è davvero solo l’imbarazzo della scelta. Inoltre è stata pensata una bella attenzione: etichette per segnalare le allergie dei bambini. Un’idea veramente utile.

Le etichette termoadesive sono si stirano in pochi secondi e  resistono alla lavatrice e all’asciugatrice. Diventando un tutt’uno con il capo di abbigliamento non daranno fastidio ai bambini cui danno fastidio le etichette.

Oltre a tutto questo è possibile anche trovare etichette con foto, braccialetti identificativi, decorazioni murali… Se poi si considera che le spese di spedizione sono gratuite per ordini superiori ai 12€, praticamente sempre, non resta che farci un giro.

Le attività dei bambini ora non fanno più paura a nessuna mamma. Buona etichettatura!

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Dichiarazione dei redditi, ecco le novità!

Dichiarazione dei redditi, ecco le novità!

Il mese di maggio classicamente prevede il riordino di tutti quegli scontrini, ricevute, annotazioni,… che nel corso dell’anno precedente sono state accatastate in un grande contenitore con il pensiero che tanto c’era tempo per sistemare tutto, quasi fosse un buco nero. Ebbene ora è giunto il momento di prendere coraggio e mettere mano a quella pila informe e poco invogliante di carte che ci aspetta. Il lato positivo è che tutto questo lavoro, una volta ordinato e dominato, porterà alla compilazione della dichiarazione dei redditi e quindi, ad un rientro sulle spese sostenute.

C’è tempo fino al 7 luglio per consegnare il modello 730/2016 relativo all’anno 2015, anche se c’è la possibilità che il 730 precompilato subisca una proroga fino quasi a fine luglio. Il modello 730, sia ordinario che precompilato,  può essere presentato al sostituto d’imposta che presta l’assistenza fiscale, al Caf o al professionista abilitato.

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Avere bambini è una grande gioia, è indiscutibile, ma anche parecchie spese, ma  quest’anno ci sono diverse novità per i genitori.

La prima è che la detrazione per i figli a carico sale a 1200€ per i minori di 3 anni, e a 950€ per chi ha compiuto più di 3 anni. In caso di figli portatori di handicap la detrazione prevista è di  1.620€ se sotto i 3 anni e di €  1.350€ al di sopra. Le famiglie numerose, ovvero quei nuclei familiari con più di tre bimbi, hanno le stesse detrazioni, ma  aumentate di 200,00 euro per ciascun figlio.

Questi importi però non sono fissi, bensì vanno rapportati all’ imponibile e calano, ovviamente, con l’aumentare del reddito.

Se entrambi i genitori presentano il 730, le detrazioni possono essere richieste da entrambi al 50%, o da uno solo al 100%.

Per quanto riguarda invece le spese che si possono dichiarare e scaricare importantissima è la detrazione per spese di istruzione.

E’ infatti prevista una detrazione del 19% per le spese di frequenza degli asili nido, scuola dell’Infanzia, primaria  e secondaria di secondo grado (superiori) per un importo annuo non superiore a 400 euro per alunno o studente.

Stessa percentuale, 19%, per la frequenza di corsi di istruzione universitaria presso università statali e non statali, in misura non superiore (per le università non statali) a quella stabilita annualmente per ciascuna facoltà universitaria con decreto del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca da emanata entro il 31 gennaio 2016. Sempre legato al mondo delle spese universitarie è possibile scaricare i canoni di affitto stipulati dagli studenti che hanno scelto un ateneo a più di 100km da casa.

Resta attiva anche la detrazione per le attività sportive dei ragazzi tra i 5 e i 18 anni che si sono iscritti o abbonati ad associazioni sportive, palestre, piscine etc riconosciute con apposito decreto.

Per quanto concerne le spese mediche resta valida la percentuale di detrazione del 19% sulla parte che supera la soglia dei 129,11 euro di spese sostenute. Le spese mediche vanno sempre documentate con apposito scontrino parlante su cui deve essere presente il codice fiscale. Se però si ha bisogno di alimenti speciali per un bimbo allergico o intollerante, o se si è  costretti ad acquistare latte artificiale, il Ministero della Salute permette di detrarre i costi sostenuti per l’acquisto dei prodotti necessari a patto che questi rientrino nella lista lista di prodotti emanata dal ministero stesso. Leggi lista completa.

Per chi se la sentisse sul sito dell’Agenzia delle Entrate sono disponibili le istruzioni complete per la compilazione del modello 730, bisogna avere un pò di dimestichezza e pazienza, ma alla fine si trova la risposta!

www.agenziaentrate.gov.it

Come acquistare la lavatrice ideale

La lavatrice è un elettrodomestico fondamentale per la nostra casa: il suo utilizzo è infatti indispensabile per assicurare ai nostri panni un lavaggio perfetto, che non ne rovini i tessuti ed i colori. Ed è proprio per questo che, utilizzandola decisamente più spesso degli altri elettrodomestici, la lavatrice tende a guastarsi nel tempo e a diventare velocemente obsoleta: uno dei grandi difetti delle lavatrici, infatti, è la politica delle case produttrici che difficilmente immettono sul mercato i pezzi di ricambio di quelle più antiquate, rendendo necessario l’acquisto di un nuovo elettrodomestico. Per questo motivo, ecco una guida su come acquistare la lavatrice ideale.

La prima regola: acquistare online la lavatrice

Le lavatrici sono elettrodomestici piuttosto costosi, ed è proprio per questo che probabilmente dovrete risparmiare ove possibile, senza ovviamente andare ad incidere sulla qualità. In questo senso, il nostro consiglio è di rivolgervi a Internet per acquistare le lavatrici online in un negozio affidabile come Monclick.it: così facendo, potrete risparmiare molto denaro in quanto il prezzo d’acquisto dell’elettrodomestico risulterà inferiore per via della convenienza dei negozi online rispetto ai prezzi proposti dai commercianti. Questo, comunque, non andrà ad inficiare sulla qualità del pezzo, dato che sul web è possibile acquistare le lavatrici delle migliori marche in commercio.

Risparmiare sulla bolletta energetica spendendo inizialmente di più

Il consiglio, quando acquistate una lavatrice, è di orientarvi verso un modello di classe energetica alta: minimo A+, anche se sarebbe meglio optare per una A+++. Il motivo è molto semplice: queste lavatrici sono pensate per ottimizzare il consumo di acqua e di energia elettrica, dunque portano enormi benefici in bolletta e anche all’ambiente. Certo, il loro prezzo è superiore, ma verrà presto giustificato dai risparmi portati a livello energetico. Inoltre, nel caso della centrifuga vi basterà acquistare un pezzo di classe A. Infine, assicuratevi che la lavatrice abbia l’allaccio all’acqua calda oltre che a quella fredda: il motivo è che, non dovendo scaldare l’acqua con un dispositivo autonomo, la lavatrice consumerà meno energia. Per maggiori informazioni sulle classi ed etichette energetiche degli elettrodomestici potete consultare questa guida.

Misurate le vostre esigenze

L’acquisto della lavatrice è un’operazione che richiede un’attenta riflessione, soprattutto considerando ciò che realmente vi serve. Per evitare di acquistare apparecchi che non sfrutterete mai al massimo del loro potenziale, il consiglio è di verificare la capacità di carico che vi serve e di sceglierne una che abbia un cestello corrispondente o leggermente superiore. Inoltre, cercate sempre di affidarvi a lavatrici moderne, dotate di tutti i programmi di lavaggio specifici. Il consiglio, dunque, è di evitare le lavatrici super-size.

Attenzione allo spazio

A cosa serve un garage se poi l’auto non ci entra? Lo stesso discorso vale per la lavatrice: se avete scelto di posizionarla in lavanderia (come è probabile), allora dovrete sostituire la vecchia con un elettrodomestico delle stesse dimensioni, che possa dunque adeguarsi agli spazi della stanza. Inoltre, il consiglio è di sceglierne una silenziosa: soprattutto se in prossimità della lavanderia si trovano le vostre stanze da letto.

Disturbi dell’apprendimento: come riconoscerli ed affrontarli

Disturbi dell’apprendimento: come riconoscerli ed affrontarli.

Che cosa sono i disturbi dell’apprendimento?

Con questo nome, noto anche con la sigla DSA, si vuole indicare una gamma di problematiche nello sviluppo cognitivo e nell’apprendimento che non sono però imputabili fattori di handicap mentale grave. Le “Raccomandazioni per la pratica clinica sui disturbi specifici dell’apprendimento”, disponibili in Italia dal 2007, indicano che il principale criterio necessario per stabilire la diagnosi di DSA è quello della discrepanza tra il livello di intelligenza generale del bambino e l’abilità nel dominio specifico interessato.

Pertanto, per parlare di DSA vi deve essere una compromissione significativa in uno specifico “settore” dell’apprendimento ma un livello intellettivo nei limiti della norma. Inoltre, si devono escludere condizioni di handicap (es. mentale, sensoriale) e si devono valutare attentamente gli aspetti di svantaggio socioculturale che possono influire sulle difficoltà scolastiche, così come escludere la presenza di altri disturbi specifici (es. disturbi dello spettro autistico, problematiche emotive gravi, ecc.).

Come si possono suddividere?

Si possono distinguere principalmente tre tipi di abilità fondamentali nei primi apprendimenti, cioè quelle della lettura, della scrittura e del calcolo. Nonostante più avanti nello sviluppo l’insegnamento si sposti anche ad abilità più complesse (es. apprendimento delle lingue straniere, del ragionamento matematico) i sistemi di classificazione standard si sono concentrati maggiormente sulle abilità di base.

I DSA si suddividono perciò in : dislessia, disortografia, discalculia e disgrafia.

La dislessia è il disturbo specifico di lettura che si manifesta nei processi di decodifica dei segni scritti

La disortografia è un disturbo specifico di scrittura che si esprime attraverso difficoltà di transcodifica (es. non si rispetta la corrispondenza tra il suono della lettera e il segno grafico della lettera stessa)

La disgrafia è un disturbo specifico di scrittura che si manifesta attraverso una scrittura deformata, irregolare a causa di un disturbo che colpisce la coordinazione

La discalculia è un disturbo specifico del calcolo che si manifesta con difficoltà nei compiti numerici e aritmetici di base come ad esempio leggere e scrivere correttamente i numeri o eseguire calcoli a mente e scritti con rapidità e precisione

Quali sono le caratteristiche di questi disturbi che mi possono aiutare a capire se vi è una difficoltà?

DISLESSIA

Mentre il bambino legge, è possibile che si verifichino i seguenti errori:

scambio di vocali (es. casa/cosa)

scambio di consonanti (es. fento/vento)

omissione o aggiunta di suoni

omissione di parola

salti di righe

errori di accentazione

errori di omissione/aggiunta di doppie

 

DISORTORGRAFIA

Nella scrittura, il bambino può:

omettere o aggiungere delle doppie

omettere o aggiungere degli accenti

scambiare i suoni e scrivere una lettera per un altra

invertire delle lettere (es. interprete/interpetre)

inserire lettere

omettere o aggiungere la h

omettere o aggiungere l’apostrofo

“fondere” delle parole (ilcane)

 

DISGRAFIA

Non vi sono, in Italia, sistemi di classificazione agili capaci di rilevare i diversi livelli di gravità nella disgrafia. In linea di massima, il criterio che possiamo usare è quello della leggibilità della scrittura.

Inoltre si può osservare come il bambino riesce a gestire lo spazio del foglio (es. fatica a stare nello spazio oppure ne utilizza troppo poco), la distanza che pone tra le lettere e le parole (es. molto distanti o eccessivamente vicine) e la rapidità di scrittura.

 

DISCALCULIA

Il bambino può:

avere difficoltà a capire i termini o i segni matematici

faticare a riconoscere i simboli numerici

avere difficoltà ad imparare le tabelline

non riuscire a capire i concetti di base delle operazioni

faticare ad allineare correttamente i numeri o a inserire decimali/simboli nei calcoli

 

Cosa fare se sospetto un DSA?

Quanto scritto nel paragrafo precedente rappresenta solamente un’indicazione di massima non esaustiva, una guida nel caso avessimo qualche sospetto che nostro figlio abbia delle difficoltà di apprendimento.

Teniamo presente che la diagnosi di dislessia, disortografia e disgrafia può essere fatta alla fine della seconda elementare, mentre quella di discalculia alla fine della terza elementare.

Quando un genitore sospetta di avere un figlio con un disturbo dell’apprendimento, deve rivolgersi al pediatra e agli insegnanti per valutare eventuali percorsi di potenziamento per risolvere le problematiche evidenziate. Se l’attività didattica proposta risulta inefficace, bisogna fare, al più presto, una valutazione diagnostica. Per poter fare la valutazione diagnostica, bisogna rivolgersi al servizio di Neuropsichiatria Infantile dell’Agenzia di Tutela della Salute di competenza (ex ASL) oppure a dei centri privati. Da evidenziare che spesso, data la mole delle richieste, i servizi di Neuropsichiatria Infantile hanno tempi di attesa piuttosto lunghi, che tuttavia è sempre bene verificare direttamente. In alternativa, ci si può rivolgere a centri privati che sono accreditati per la diagnosi di DSA. L’accordo tra Stato-Regioni su “Indicazioni per la diagnosi e la certificazione dei Disturbi specifici di apprendimento (DSA)”,  prevede che per poter effettuare la certificazione di un Disturbo dell’Apprendimento, il centro debba avere esperienza nell’attività diagnostica dei DSA, debba avere disponibilità di un’équipe multidisciplinare costituita da neuropsichiatri infantili, psicologi, logopedisti eventualmente integrata da altri professionisti sanitari e modulabile in base alle fasce di età.

Inoltre, ci dev’essere una dichiarazione di impegno a rispettare le Raccomandazioni per la pratica clinica dei DSA (2007-2009) ad esempio in merito alle procedure diagnostiche utilizzate e alla formulazione della diagnosi.

 

Il sito aiditalia.org offre numerose indicazioni e spunti per sapere di più sui disturbi specifici dell’apprendimento e in particolare una guida per i genitori molto utile ed esaustiva

Interessante anche il sito anastasis.it che offre una panoramica anche degli strumenti compensativi.

Dott.ssa Cavana Maura

Psicologa-Insegnante di Massaggio Infantile

Riceve a Palazzolo sull’Oglio e Bergamo

Mail: maura.cavana@gmail.com

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Risparmiare energia in casa è più facile di quel che sembra

Risparmiare energia in casa è più facile di quel che sembra

Quando si discute di risparmio energetico, si pensa sempre in grande, tuttavia bisognerebbe sottolineare che per salvaguardare il Pianeta ed il bilancio familiare basta seguire qualche piccolo accorgimento. Ognuno di noi può dare una mano. Alla fine, è proprio all’interno della casa che avviene un’alta percentuale di spesa energetica: tra gli elettrodomestici, l’illuminazione, l’acqua e il riscaldamento, le dispersioni sono (purtroppo) all’ordine del giorno.

Con questa piccola guida cercheremo di inquadrare alcune utili indicazioni su come risparmiare energia ed acqua in casa, per proteggere l’ambiente, sfruttare le fonti rinnovabili e abbattere le spese. Se la cosa vi interessa e avete voglia di ulteriori approfondimenti, potete dare un’occhiata anche al sito di Facile.it che tratta solamente le informazioni fondamentali sul risparmio energetico.

Casa calda a metà prezzo

Il riscaldamento è uno dei punti forti in fatto di consumi energetici: il 79% della spesa energetica domestica è infatti imputabile a questa voce. Si può intervenire in 2 modi:

Nel primo caso è sufficiente:

• provvedere a un’adeguata manutenzione della caldaia, tenendo i filtri puliti;

• eliminare l’aria accumulata nei termosifoni tramite valvola apposita;

• non coprire i termosifoni mentre sono in uso e tenere le finestre aperte quando c’è il sole per accumulare calore nelle stanze e ridurre sprechi energetici.

Nel secondo caso, se l’abitazione lo consente, si può pensare ad un intervento molto più importante che da un lato vi farà affrontare una spesa iniziale non indifferente, che però dall’altro lato verrà ammortizzata nelle bollette in futuro – parliamo della possibilità di:

• installazione un impianto fotovoltaico che comporta una vera svolta in materia di efficienza energetica e di risparmio; sono anche previste detrazioni fiscali per chi volesse lanciarsi in quest’impresa; l’autoproduzione d’acqua calda e di riscaldamento, sfruttando solo l’energia solare, porterebbe in breve alla sparizione delle temute bollette energetiche.

• provvedere all’isolamento termico con finestre a doppio vetro, soluzione che comporta una migliore coibentazione.

• effettuare interventi strutturali come il cappotto termico delle pareti e dei tetti.

 

Accendiamo (e spegniamo) la luce

Pensate che risparmiare energia senza restare al buio non è possibile? Vi sbagliate:

• l’illuminazione al led, tra faretti e lampadine, offre tutta la luminosità desiderata, ma ad un prezzo più basso; è vero che costano di più, quindi preparatevi ad una spesa iniziale maggiore, ma il risparmio energetico sulla bolletta è pari al 70%, dunque ne vale sicuramente la pena.

• fate maggiore attenzione anche a quando la luce non serve, è buona norma spegnerla per non consumare le kWh inutilmente.

 

Risparmiamo l’acqua

L’installazione di un fotovoltaico o di pannelli solari termici ridurrebbe i consumi in materia d’acqua, ma se ciò non dovesse essere possibile, sarà bene:

• utilizzare un miscelatore per rubinetti così da regolare la fuoriuscita d’acqua;

• servirsi dello sciacquone doppio per il water, così da usare solo l’acqua necessaria.

 

Occhio agli elettrodomestici

Per quanto riguarda gli elettrodomestici, è opportuno evitare di accenderne contemporaneamente troppi e ricordarsi di staccare sempre le spine non necessarie, comprese quelle della TV.

 

Come potete vedere, risparmiare energia in casa non significa affatto rinunciare al comfort, basta veramente correggere alcune abitudini e sfruttare le fonti rinnovabili insieme a quelle a basso consumo che la tecnologia oggigiorno ci offre.

Il sonno del bambino

Cosa dobbiamo conoscere per sapere se nostro figlio ha un problema con la nanna

Sonno e sviluppo

Il sonno è essenziale per lo sviluppo del bambino perché durante il sonno il corpo ed il cervello del piccolo continuano a svilupparsi e si pongono le basi per l’apprendimento. È fondamentale tenere presente che il sonno si trasforma a seconda dell’età. Nella fascia d’età 0-3 anni, il sonno del bambino ha caratteristiche specifiche che lo differenziano da quello dell’adulto, poiché vi sono un maggior numero di fasi che si susseguono e in generale passano più tempo nella fase di sonno leggero che non in quella di sonno tranquillo. Dai quattro anni in poi, il sonno prende le caratteristiche formali di quello dell’adulto.

I primi tre mesi di vita del neonato rappresentano un’esogestazione, cioè una seconda gestazione al di fuori dal grembo materno. Il piccolo si trova per lo più in una condizione di disadattamento rispetto al mondo esterno, abituato per nove mesi a una realtà completamente diversa e molto più protettiva. Per questo motivo è naturale che vi sia in questa fase una stretta dipendenza genitore-bambino, anche per l’addormentamento, poiché il piccolo necessita della massima salvaguardia ( anche stando a stretto contatto con il genitore) per poter sopravvivere. Nel primo trimestre, mediamente un bambino può dormire 15/16 ore, suddivise tra il giorno e la notte. È molto più comune che in questa fase il piccolo si addormenti ed entri subito in una fase di sonno REM, che è un tipo di sonno più agitato rispetto al non- REM. Ecco perché può succedere che si svegli molto più facilmente rispetto a quando è addormentato da più tempo.

Dal quarto al sesto mese di vita, il bambino possiede un sistema nervoso sufficientemente maturo tale da consentirgli di dormire anche otto ore senza mangiare e senza che sia necessario un intervento del genitore (anche se è possibile che ciò ancora non avvenga). È anche possibile che il bambino dorma dieci/undici ore, magari svegliandosi una o due volte per notte. In generale, nel secondo trimestre, la quantità di tempo di sonno diminuisce: in media il bambino dorme 8/10 ore di notte e 4/5 di giorno. Il sonno inizia con una fase di sonno tranquillo (non-REM) e intorno al 6° mese il piccolo passa solo ¼ del tempo nella fase REM.

Nel terzo trimestre solitamente diminuisce la quantità di sonno, soprattutto quello pomeridiano e diminuisce il sonno più agitato.

Durante il primo anno di vita si alternano più volte nell’arco della stessa notte fasi di sonno profondo non- REM a fasi di sonno leggero REM, durante le quali non sono infrequenti i risvegli del nostro bambino.

A cosa serve, vi chiederete, tutto questo sonno REM? Il sonno REM è un tipo di sonno un po’ paradossale perchè si è visto che,in una persona profondamente addormentata, l’attività della corteccia cerebrale è molto vicina a quella della veglia. Aumenta il ritmo della respirazione, il consumo di ossigeno da parte del cervello e il battito del cuore è meno regolare. Questa stimolazione costante del cervello è necessaria al bambino per il suo sviluppo cognitivo ed affettivo.

Sonno, separazione, autonomia e regolazione

Per il nostro bambino imparare a dormire è il risultato di un complesso processo di autonomizzazione dal genitore. Anche per il genitore stesso, insegnare al piccolo a dormire fa parte del difficile compito di separarsi da lui psicologicamente e questo può avvenire solo se anche il genitore fa un passo indietro per permettere al bambino di imparare a dormire da solo.

Al giorno d’oggi sempre più spesso i genitori lavorano tutto il giorno e, quando rientrano la sera, non vedono l’ora di stare con il proprio bambino e sentono davvero difficile lasciarlo anche durante la notte. Ciò però ostacola il processo di auto regolazione del bambino rispetto ai suoi bisogni interni, soprattutto se si considera che i primi tre anni di vita lo sviluppo di pattern regolari si organizza attraverso il sistema di mutua regolazione bambino-caregiver. Non dimentichiamo però che il bambino, per la formazione della sua identità, ha bisogno di sentirsi amato, riconosciuto e valorizzato. Questi tre aspetti fanno riferimento ad un genitore comunque presente e affettivo ma rispettoso dei bisogni del suo bambino. Sperimentare una BUONA DIPENDENZA è la base per lo sviluppo di una SANA AUTONOMIA nel presente e nel futuro.

La regolazione del ciclo sonno/veglia, tuttavia, si basa, oltre che sulla capacità del genitore di sintonizzarsi sui bisogni di autonomia del bambino (in base alla fase del ciclo di vita in cui si trova), anche su altri aspetti come ad esempio il soddisfacimento dei bisogni primari (allattamento, fame, sete, ecc.), il tipo di ambiente dove dorme il bambino (rumore, luce, temperatura, ecc.) e il temperamento del neonato.

 

Quali sono alcune possibili cause dei problemi del sonno nel bambino?

Nella fascia d’età che va dagli o ai tre anni bisogna tenere in considerazione diversi fattori che possono dare origine o influenzare l’addormentamento del bambino: il suo temperamento, la regolazione dei bisogni fisiologici, parto difficile/traumatico oppure un momento specifico che genera ansia nel bambino (es. recente periodo di malattia, ingresso al nido, ecc.), oltre ovviamente a problemi di ordine medico (es. coliche,reflusso,intolleranze, ecc.) e alle fasi evolutive dove il piccolo acquisisce importanti nuove competenze che richiedono molta energia (es. si pensi al gattonamento).

Oltre a ciò, è importante tenere presente i fattori comportamentali e quelli relazionali, anch’essi fondamentali per comprendere le cause delle difficoltà del bambino. Tra i fattori comportamentali che possono ostacolare l’addormentamento possiamo citare, ad esempio, un’eccessiva stanchezza del bambino che gli impedisce di raggiungere uno stato psicofisico abbastanza rilassato per poter avvicinarsi al sonno, oppure un ambiente nanna iper-stimolante (es. troppo rumoroso oppure con luci disturbanti), oppure ancora una modalità di addormentamento non adeguata all’età (es. è più probabile che un bambino di tre mesi si addormenti mentre sta mangiando, mentre un bambino di due anni, più autonomo rispetto al neonato, è possibile preferisca la lettura di una filastrocca associata a qualche coccola). Dormire in un ambiente poco adeguato potrebbe inoltre causare risvegli notturni frequenti, così come l’eccessiva stanchezza potrebbe portare ad avere un sonno agitato, oppure una modalità di addormentamento totalmente dipendente dal genitore (dopo il primo trimestre di vita del bambino).

Tra i fattori relazionali che possono causare difficoltà di addormentamento oppure risvegli notturni problematici possiamo citare l’aver avuto precedenti esperienze “negative” con il sonno (es. pianto prolungato) o l’avere relazioni con il mondo esterno che causano ansia e/o preoccupazione nel bambino. Inoltre, è importante che il piccolo sia riuscito a soddisfare durante la giornata il suo bisogno di attaccamento e vicinanza, anche solamente condividendo con la sua famiglia la cena, il bagnetto o il rituale dell’addormentamento. Il bambino inoltre percepisce eventuali tensioni o conflitti presenti all’interno del nucleo familiare o nella coppia e questo inevitabilmente può influenzare la sua serenità durante il sonno.

Dr.ssa Cavana Maura-Psicologa

Mail: maura.cavana@gmail.com

Telefono: 349 7071804

Riceve a Palazzolo sull’Oglio e Bergamo

Pulizie in casa: come proteggere il tuo bambino

Pulizie in casa: come proteggere il tuo bambino

Chi ha dei bambini piccoli, sa bene che le pulizie domestiche a volte diventano molto complesse. I bambini, soprattutto se neonati, non solo portano via molto tempo, ma hanno bisogno anche di essere costantemente sorvegliati durante la pulizia dell’ambiente casalingo. Spesso, infatti, si maneggiano prodotti nocivi che, se finiscono nelle mani sbagliate come quelle di un bambino, possono provocare anche danni abbastanza seri. Ecco perché quando le donne decidono di dedicare un po’ di tempo a rimettere in ordine la casa e pulire, devono adottare alcune misure di sicurezza, soprattutto se usano detergenti come l’ammoniaca per pulire l’ambiente, che necessitano di alcune accortezze.

Allo stesso tempo è bene anche mettere in atto piccoli trucchi e stratagemmi per pulire in modo veloce e impeccabile. Come fare? Con questi consigli, tutte le mamme potranno avere bambini felici (e al riparo dai pericoli) e una casa sempre splendente!

Innanzitutto c’è da dire che l’organizzazione e le precauzioni (così come i prodotti da usare) variano in base all’età del piccolo. Se il bambino è molto piccolo e ancora non cammina, è bene tenerlo a bada in un box o seggiolone senza perderlo mai di vista. Questo perché potrebbe mettere le mani nel secchio dell’acqua con il detersivo e magari rovesciarselo addosso. Nel caso in cui il piccolo è già più autonomo, può essere coinvolto attivamente nelle faccende domestiche, affidandogli piccoli ruoli che non prevedono naturalmente l’uso di detergenti.

Ma vediamo come poter pulire la casa in modo più rapido possibile. La cosa più importante, che permette di gestire al meglio il tempo, è avere degli ambienti organizzati e ordinati. Molto comode sono le cassettiere, le cassapanche, gli scatoloni di cartone o i contenitori in plastica per permettono di raccogliere gli oggetti sparsi per la casa e i giocattoli del bimbo. Un ambiente ben organizzato sarà più facile da pulire e il bambino non rischierà di inciampare e ferirsi con oggetti pericolosi!

Un altro consiglio utile è quello di suddividere le mansioni in piccoli spazi di tempo, anche brevi. Quindi, ad esempio, se si hanno solo dieci minuti a disposizione, si possono sfruttare per svuotare la lavastoviglie o per pulire la libreria. Quando c’è un bambino piccolo, purtroppo, non si ha il tempo di svolgere le mansioni tutte insieme, ma bisogna adattarsi ai suoi orari e alle sue esigenze. Un altro trucco molto utile è quello di passare un panno umido sulle superfici di cucina e bagno tutte le mattine, quando il piccolo sta dormendo. In questo modo si evita l’accumulo di polvere e ci vorrà di seguito meno tempo per le pulizie più profonde.

Naturalmente, le mamme dovranno tenere conto anche della pappa e del pranzo di tutta la famiglia, nell’organizzazione delle pulizie di casa. Per questo motivo, potrebbe tornare utile pianificare in largo anticipo ogni pasto e la spesa, senza ridursi all’ultimo minuto.

In tutto ciò bisogna prestare attenzione anche ai prodotti che si usano per l’igiene della casa. In particolare, le mamme dovrebbero evitare l’uso di prodotti troppo aggressivi o di pesticidi, soprattutto se nell’ambiente è presente anche il bambino. Questi infatti, se in inalati anche in piccole dosi, potrebbero provocare serie conseguenze. Allo stesso tempo è anche importante non utilizzare questi prodotti nella cameretta del bimbo, ma preferire dei detergenti neutri e possibilmente ecologici. I bambini infatti tendono a trascorrere molto tempo sul pavimento e a toccare di tutto, portando poi le mani in bocca. In ultimo, un accorgimento fondamentale è quello di non lasciare in giro i flaconi dei detersivi, ma di riporli in un armadietto ben chiuso, sulle mensole più alte. Evitare anche di travasare i detersivi nelle bottigliette dell’acqua, che i bambini, anche se più grandi, potrebbero confondere con facilità.

 

M’illumino di meno

M’illumino di meno

Compie ben dodici anni l’iniziativa lanciata e ideata da Caterpillar di Radio2. “M’illumino di meno” è la  più grande campagna radiofonica di sensibilizzazione sui consumi energetici e la mobilità sostenibile.

Il nome della campagna prende spunto dai celebri versi di Ungaretti “M’illumino / d’immenso”  e sin dalla sua prima edizione cade nei giorni attorno al 16 febbraio, non a caso ma per ricordare il giorno dell’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto.

L’edizione di quest’anno è dedicata in particolare al tema della mobilità sostenibile con la grande operazione Bike the Nobel, la campagna in cui si candida la bicicletta a Premio Nobel per la Pace. Per questo  l’invito per gli amministratori e i cittadini è quello di basare la propria adesione promuovendo l’uso della bicicletta e di tutti i mezzi a basso impatto energetico come simbolo di pace e di rispetto per l’ambiente. Pedalate cittadine, incentivi a usare i mezzi pubblici, pedibus scolastici, rinunciare un giorno all’automobile sono solo alcune delle tante iniziative che è possibile organizzare nei proprio territori per aderire.

Inizialmente l’idea di ridurre al minimo il consumo energetico spegnendo per almeno qualche ora i dispositivi non indispensabili era rivolta ai cittadini. Nel corso delle edizioni poi ha raccolto consensi e adesioni anche da parte di comuni e autorità fino a ottenere il consenso Presidenza del Consiglio dei ministri e  il patrocinio del Ministero dell’Ambiente. Questo a dimostrare che il problema è di tutti, di chi decide, certamente, ma anche di chi utilizza. La comodità e la fretta spesso sono cattive consigliere nel trovare alternative a favore del risparmio energetico. Si sente spesso ripetere che bastano pochi gesti , ed è vero. Prendere l’impegno di compiere piccoli gesti con costanza ed assiduità  è il primo passo per trasformare una difficoltà iniziale in una buona abitudine consolidata e aprono la mente alle possibili alternative. Pare impossibile vivere senza determinati apparecchi e l’idea non è certo di tornare al Medioevo o di fare tutto a mano, la società si è talmente trasformata che sarebbe veramente complicato, ma imparare ad usare e non abusare. Lo stimolo maggiore è capire che è per il bene di tutti.

Volere è potere e  nulla è impossibile dicono i saggi. Certo è che forse non ci siamo più così abituati, ma una strada alternativa c’è, occorre riorganizzarsi in questo senso. Così ecco un giorno in cui non solo ai vertici, ma tutti siamo chiamati a sperimentare, almeno per qualche tempo l’assenza di ciò che pare indispensabile.